Nel pomeriggio dello scorso 11 luglio un incendio è
divampato nel sito di stoccaggio di rifiuti “Ilside”
di Bellona
Libero Pensiero, 17 luglio 2017
Melissa Aleida
Circa 300 tonnellate di rifiuti bruciati
hanno innalzato un’agghiacciante nube di veleni che, dopo “l’effetto camino”, ha avvolto in un velo di diossina
ed amianto Bellona e i paesi limitrofi.
Un velo di
Maya celava verità e responsabilità taciute per anni, ma i raccapriccianti
giochi di potere e gli interessi affaristici illuminati dal sole estivo
resuscitano dalla penombra di omertà.
Secondo le
recensioni
ARPAC “L’incendio ha interessato la totalità dei rifiuti ad esclusione
dei rifiuti con CER 191204 – plastica e gomma”. Dai primi rilevamenti emerge che la combustione ha interessato
prevalentemente pitture e vernici di scarto, stipati nei capannoni in balle sovrapposte, cui bisogna
aggiungere una quantità
non irrilevante di rifiuti urbani depositati
in più punti del piazzale.
L’assenza di
una politica seria e meritevole di fiducia, le preminenze di interessi
economici degli affaristi di turno, piuttosto che degli interessi ambientali e
salutistici, hanno creato un popolo dai polmoni fragili, soggetto ad ingenti
tassi tumorali, ma dall’acuta indignazione.
Moti di
protesta infervorano l’area casertana e napoletana, in quanto ciò che spaventa
è anche la serialità di tali roghi e le potenzialità di focolai non ancora
esplosi e non monitorati.
In un
territorio già stremato sia dalle fumarole tossiche della discarica “ex Pozzi Ginori” di
Calvi Risorta (area sequestrata e in balia
a deleghe di bonifica rimbalzanti tra comune e regione, secondo principi
paradossalmente intempestivi), sia dall’incendio divampato nell’ex tabacchificio di Sparanise, l’incendio dell’Ilside è un altro punto a favore del collasso ambientale. Da un
lato il danno alla salute pubblica e l’emergenza ambientale diventano questioni
sempre più nitide ed assordanti, dall’altro le risposte istituzionali diventano
più vaghe cercando di edulcorare le responsabilità di chi ha nomi ben precisi.
Alla fine è
la sistematica
ricorrenza dei roghi che spaventa: è la
sistematicità con cui tale terra viene vilipesa, è la sistematicità con cui la
bellezza di una terra (un tempo culla di fertilità e benessere) sfiorisce tra
le fiamme del disinteresse e della speculazione, è la replica degli errori del
passato che angoscia.
Pasolini negli “Scritti Corsari” scriveva: ”L’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto
cambia per restare com’è […] i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da
uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con
l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale.”
Terminato il
periodo di campagna elettorale svaniscono le magiche soluzioni e i progetti
salvifici.
A Taverna de Re, presso Giugliano, giacciono 6 milioni di eco-balle pronte a
bruciare, ma il Presidente della
Regione Campania Vincenzo De Luca non proclama lo stato d’emergenza, tantomeno adotta interventi preventivi (Legambiente
denuncia i ritardi nel varare piani antincendio) nonostante la Campania sia da
sempre una zona a rischio.
L’incomunicabilità
riverbera nei rapporti tra istituzioni e comunità, escludendo ogni forma di
sinergia.
Una
significativa manifestazione si è tenuta a Bellona lo scorso 14 luglio, indetta
dal Comitato per
l’Agro Caleno, cui hanno aderito varie
formazioni sociali, comitati, associazioni, rappresentanze istituzionali come
la senatrice Vilma Moronese
e il Consigliere regionale Vincenzo Viglione. Un
corteo gremito di persone di eterogenee età, richiedenti giustizia e bonifiche
sotto controllo popolare, affinché si precluda il rischio che affiorino
interessi speculativi e camorristici anche nelle operazioni di bonifica.
La Terra dei Fuochi: una
graduale Chernobyl servita a piccole dosi, un’agonia che accorcia il fiato, sufficiente a stento per
l’ultimo esausto grido d’aiuto.
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