OGNI TANTO
QUALCHE SODDISFAZIONE
Agro
Caleno, 11 dicembre 2016
Massimo
Zona
Non
amo partecipare ai concorsi letterari: troppi, senza molta
qualificazione professionale e per lo più volti solo a far soldi di
iscrizione.
Tra
i più importanti ho scelto tempo fa di partecipare al Premio di
un’Associazione milanese, l’Associazione culturale Unicamilano, intitolato a Carlo Emilio Gadda, che prevedeva
l’invio di un racconto breve inedito, di un romanzo edito, di una poesia in
italiano e di una poesia in vernacolo, che nel mio caso era in dialetto
romanesco.
Giorni
fa mi è arrivato il verbale della giuria.
Per
la poesia in italiano, “Civitavecchia”, ho ottenuto una
Menzione d’Onore.
Per
il romanzo “Rosso teatro”, ormai ben conosciuto dai miei
cento e passa lettori, ho ottenuto un Attestato di segnalazione, che
non so bene cosa voglia dire, ma intuisco che è qualcosa di più di un Attestato
di semplice partecipazione al concorso.
Stessa
cosa per il racconto breve intitolato “Il ratto delle calene” uno
dei diciotto racconti che faranno parte del mio libro “Quella casa sulla
roccia e altre piccole storie”, che dovrebbe uscire all’inizio del
prossimo anno.
La
sorpresa maggiore è arrivata scorrendo la classifica delle poesie in vernacolo,
che mi vede classificato al primo posto con una mia vecchia composizione
intitolata “’Na foja secca”.
E’
la seconda volta che mi capita di essere premiato per le mie poesie in
romanesco e tutte e due le volte “fuori casa”.
Nella
prima ho ricevuto una menzione d’onore in un concorso organizzato dalla “Madia
dell’arte” dell’artista – poeta Massimo Capriola in
una suggestiva premiazione a Casalnuovo di Napoli.
In
quella occasione avevo presentato la poesia “Le cose che se ‘mpareno da pprima”.
Insomma,
ogni tanto questi piccoli riconoscimenti fanno piacere.
E
per quei pochi lettori che hanno resistito a leggermi fino a qui, accludo qui
di seguito le poesie oggetto dei riconoscimenti, poesie peraltro molto brevi,
cominciando da quella in italiano.
Civitavecchia
Un molo
e tre ricordi.
Spazzati dalle onde.
‘Na foja secca
‘Na foja secca
morennose de freddo,
entra ‘n casa e se mette
vicino ar caminetto.
Je dico
statte attenta
che si caschi
mori de corpo, tutta ‘na
fiammata.
Ciaveva tanto freddo
che mmanco m’ha sentito.
Ha fatto ‘na fiammata
e se n’è annata.
E’ mejo provà
er freddo più tajente
c’avvicinasse troppo e nun
sentì più gnente.
Le cose che se ‘mpareno da pprima
Le cose che se ‘mpareno da pprima
so’ quelle c’aricordi,
t’assicuro;
ciavevo ‘n anno, stavo sopra a ‘n muro
tutto fiero e glorioso pe’ la stima
che me penzavo che ciavrebbe avuto
mi’ padre che llì sotto me
guardava.
Se stava zzitto zzitto, poi allungava,
du’
mani messe llì come ‘n imbuto.
“Buttete, disse, che te pijo io!”
Io nicchiavo ‘n ‘pochetto, pe’ ‘a paura
d’annà pe tera, ma preganno Ddio
chiudenno l’occhi annai pe’ l’avventura.
“Nu te devi fidà, fijolo mio,
si ppoi nun
voi scoprì la vita dura!”
E ancora m’aricordo, miseriaccia,
perché, parlanno, ritirava
‘e braccia.
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