Pino Daniele al Premio Alda Merini di
Catanzaro nella poesia di Gino Iorio
Prima
pagina, 18 luglio 2015
Nicola
Rombolà
La
vera storia dell’uomo, paradossalmente, è quella nascosta. Si può evocare e
rintracciare con dei segni-suoni e delle immagini che ci permettono di
decifrarne simbolicamente la sintassi esistenziale. L’arte rappresenta la
riemersione di tutto ciò che soggiace stratificato nel tempo, nello spazio, e
che va a innaffiare la memoria e l’anima.
In
questo viaggio, l’incontro, il dialogo, rivela e svela un universo che prima
era taciuto, sommerso dai tanti elementi che il tempo storico depone sui volti
degli uomini. Sono le tante maschere che, chi in modo, chi in un altro, abbiamo
indossato per presentarci al mondo. Le “maschere nude”, come Pirandello ha
definito le sue opere teatrali, rappresentano una sorta di ossimoro o di
paradosso, ma che scolpiscono la condizione dell’uomo contemporaneo. La parola
“maschera” si collega con il significato etimologico di “persona”, che in
origine significava proprio maschera (dal greco pròsopon,
il volto dell’uomo ma anche la maschera dell’attore e il personaggio che
interpreta). Lo psicanalista degli archetipi e dell’inconscio collettivo Carl Jung, riprende questa origine: la persona è una maschera
della psiche collettiva che rappresenta la personalità pubblica, in opposizione
alla personalità privata che si cela dietro la maschera.
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La
“nudità” delle maschere con le quali sperimentiamo l’arte dell’incontro
(citando il famoso album del poeta-musicista brasiliano Markus Vinicius de Moraes del 1969, “La
vita, amico, è l’arte dell’incontro”), ci pone di fronte alla “personalità
poetica” di Gino Iorio, un uomo che, dopo una serie di esperienze, sia da
un punto di vista lavorativo che esistenziale, si è dedicato alla creazione di
testi poetici con importanti riconoscimenti, come è accaduto nella IV edizione
del “Premio Alda Merini”, che si è svolto a Catanzaro il 4 luglio (promosso
dall’Accademia dei Bronzi presieduta da Vincenzo Ursini, uno dei concorsi più
rilevanti a livello nazionale dedicati alla poesia inedita alla cui
realizzazione contribuiscono anche le Edizioni Ursini e l’Associazione di
volontariato “Anvos”; unico partner istituzionale la
Camera di Commercio). Il suo viaggio è stato paradigmatico. Rievoca il titolo
di un libro fondamentale per la nostra cultura ma anche della letteratura
mondiale, “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi (testo che fa emergere le
profonde radici che hanno alimentato la “questione meridionale” ma anche la
storia umana e antropologica del Sud); ma con Iorio Cristo non si è fermato a
Eboli, ha proseguito fino alla terra che ha dato il nome all’Italia.
on
per portare il progresso, lo sviluppo o la cosiddetta civiltà – prodotti messi
in commercio come le innumerevoli trappole preparate con cura dall’armata colonialista
e intellettualista borghese, che immagina in modo psicotico e demente di dover
cacciare e consumare prede per soddisfare la feroce avidità del proprio
egoismo, fino al punto di depredare anche la propria anima – ma per far sentire
la voce della sua Musa.
Così
Gino Iorio, insieme a Ciro Iengo e Anna Cappella, da
Ercolano, passando per Caserta, hanno attraversato la Lucania (terra in cui è
stato confinato Levi e dove ha partorito il suo capolavoro), per arrivare
nell’istmo più stretto della Penisola (Lucania e Calabria sono le uniche
regioni della Penisola ad essere bagnate dal Tirreno e dallo Ionio), per
ricevere il secondo premio ex-aequo con targa d’argento. Iorio ha partecipato
con una lirica dedicata al grande cantautore partenopeo Pino Daniele, il cui
titolo è la data della sua morte, “4 gennaio 2015”.
Il
testo è stratificato su diversi livelli espressivi:
Tu dimmi quando ci sarà chi darà voce a “chesta” città,
sedotta e abbandonata tra i rifiuti
e “quanno lli ‘uochhie miei” potranno
rivedere
la tua espressione malinconica e sofferta
mentre canti “na tazzulella e cafè”.
Tu dimmi quando farai giungere da lassù più forte,
il segno che hai dato tra noi
così potrò rivedere la mia città;
la più belle del mondo, “quannno
chiove”
e quanno ce stà, “’na jurnata
‘e sole”.
Tu dimmi quando potrò “sentere
e ‘parole toie addò se
legge”:
Napule è
na carta sporca e nisciuno
se ne importa.
Si
tratta di un testamento spirituale e di un sogno che continua, il cui messaggio
è prima di tutto civile e sociale, poi trasmette una originale bellezza
poetica, coniugando il dialetto napoletano, incastonato nell’italiano, creando
effetti evocativi e comunicativi dalla forte valenza emotiva, intarsiando il
tessuto espressivo e linguistico con alcuni versi di canzoni rimaste nella
storia della canzone italiana e mondiale, come “Quanno
chiove”, “Quando” e “Napule
è”. In questa lirica, Iorio ha voluto omaggiare la storia artistica e umana di
Pino Daniele, uno straordinario interprete che ha mantenuto una fortissima
impronta partenopea nella sua esperienza musicale, con la vicenda di una città,
diventata attualmente “maschera” di se stessa, che ha “tradito” la sua vera
anima.
Nei
suoi testi Iorio unisce la creatività all’umanità, facendo riemergere un nuovo
umanesimo, i valori antichi in una società che ha smarrito la sua ispirazione
spirituale e le sue autentiche emozioni. La sua parabola (nato a Calvi Risorta,
cittadina dell’alto casertano) ha trovato espressione anche nella narrativa, in
particolare con l’ultimo suo romanzo, “La casa di Tonia”, grazie all’ideazione
di Ciro Iengo (personaggio “vesuviano” di Ercolano,
ricco di magma creativo e ideale, che per anni ha organizzato una importante
manifestazione, “Donne all’opera”, mettendo insieme tantissime donne che
operano nei diversi settori).
In
questo romanzo (ha avuto il primo premio assoluto alla XIII Premio Vittorio
Alfiere con medaglia del Presidente della Repubblica), Iorio ricostruisce la
vicenda di Tonia Accardo, la mamma coraggio morta per dare la vita a sua
figlia, la piccola Sofia, che negli anni 2006 al 2008 fece commuovere
l’Italia con il suo gesto. Oggi la “Casa di Tonia” è una fondazione benefica
voluta dal cardinale Crescenzio Sepe ed ha sede a
Napoli, a cui vanno i diritti d’autore del romanzo scritto da Iorio.
Anche
la poetessa calena Anna Cappella ha partecipato al Premio Alda Merini ottenendo
una segnalazione di merito. Ha una fertile collaborazione artistica con Iorio,
espressa in particolare nel romanzo di prossima pubblicazione, “Il posto
delle aquile” in cui si sono uniti diversi linguaggi: alla scrittura narrativa
sono affiancati i testi poetici della Cappella e le opere pittoriche di Maria
Rosaria Sciacca.
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