Basilica di San Casto Vecchio, pochi ruderi tra
la folta vegetazione e l’immondizia: l’associazione archeologica matesina
“Cuore Sannita” ne studia i resti
Matesenews, 05 luglio 2015
di
Paolo Mesolella
La
Basilica
Paleocristiana nascosta sotto il ponte dell’autostrada. San Casto è morto
(o meglio fu martirizzato) nella notte del 1 luglio del 66 d.C.; San Paolo nel 67, San Pietro nel 65. Praticamente
nello stesso periodo di tempo. Tutti e tre risalgono agli albori del
Cristianesimo. Anzi: San Casto, secondo la tradizione, è un discepolo di San Pietro che di
passaggio alla volta di Roma lo avrebbe lasciato come Vescovo della comunità
cristiana calena. Qui a Calvi
fu sepolto nel 66 d.
C. in un luogo dove nel
307 d. C. il Vescovo
Calepodio, eresse il primo altare sulla sua tomba e dove nel
corso dello stesso secolo venne costruita la Basilica di San Casto Vecchio
della quale oggi non restano che i ruderi nascosti dai rovi e dell’immondizia a
pochi metri del ponte dell’autostrada.
Quindi,
a pensarci bene, le tombe di questi tre grandi santi e martiri cristiani hanno
avuto un destino ben diverso: sulla tomba di San Pietro è stata costruita la
basilica di San Pietro, sulla tomba di San
Paolo, la cattedrale di San Paolo fuori le Mura, sulla tomba
del povero San Casto,
una basilica che col tempo è stata distrutta e sul luogo dov’era la sua tomba,
restano pochi ruderi tra la folta vegetazione e l’immondizia. Ieri venti soci
dell’associazione archeologica “Cuore
Sannita” di Piedimonte
Matese, accompagnati dal presidente Giuseppe D’Abbraccio,
dal vice presidente Michele
Tacchetti e dal Presidente dell’Archeoclub Cales prof. Paolo Mesolella sono
entrati nel parco archeologico caleno alla scoperta dell’antica basilichetta
paleocristiana di San Casto Vecchio luogo si sepoltura del martire San Casto.
Grazie
quindi all’Archeoclub Cales una trentina di studiosi di Piedimonte Matese ed Alife hanno potuto
vedere ciò che rimane dell’antica cattedrale di San Casto Vecchio dove si
trovava la sua tomba scoperta da Jannosky agli inizi degli anni 80. Le origini
della basilica di San Casto Vecchio, infatti, risalgono al IV secolo. Essa
quasi certamente sorge su una fabbrica ancora più antica: quella di una
palestra romana. Nel tardo impero, il recinto divenne area di sepoltura, e
verso la fine del IV sec., nella parte sud-ovest, ospitò la primitiva basilica
di San Casto Vecchio. Questa all’inizio fu ad una sola navata, a croce
commessa, monoabsidata, con muratura in “opera listata” e con arco trionfale in
“opera laterizia”. Era lunga 29
metri e larga
al transetto 19; 10
metri all’interno del corpo e circa 11 alla fronte
esterna.
Il
tempio, costruito in solo tufo, fu trasformato in chiesa a tre navate di diseguale
grandezza, negli ultimi decenni del
secolo VIII e i primi
del IX.. La muratura fu giustapposta a quell’antica. La
basilica, così trasformata, dovette essere distrutta con il saccheggio di Calvi
negli anni 880-82.
Autori del saccheggio furono i
Saraceni di Attanasio
di Napoli,
alleati del famigerato principe longobardo Pandolfo di Capua. Poi fu
edificato un terzo tempio che fu anch’esso distrutto. Dopo il mille abbiamo il
quarto tempio costruito, almeno in parte sulla linea del precedente. In questo
tempio si trovava l’antica “sedia vescovile” con immagini scolpite e con
l’iscrizione di San Casto vescovo e martire. Questa sedia, descritta dal Cerbone, è diversa
da quella che attualmente osserviamo nella cattedrale romanica che non reca
immagini né iscrizioni del santo patrono. Ma di essa ignoriamo la sorte.
Nell’anno
1685
sappiamo che la basilica di San Casto Vecchio, non è più adatta al culto, per
cui entro il 1722
venne abbandonata. Poi negli ultimi anni i coloni dei campi vicini
saccheggiarono il materiale del tempio per costruire le loro masserie. Nel 1960, poi, durante i
lavori per l’attraversamento dell’autostrada del sole, il tempio è stato
coperto da un gigantesco ponte.
Johannowskj nella relazione sugli scavi effettuati rileva:”Nella parte nord dell’edificio,
sono stati rinvenuti gli avanzi di una camera sepolcrale absidata con strutture
in laterizio. Nell’abside, sotto il pavimento, vi erano quattro sarcofagi con
copertura a due spioventi, di cui uno figurato in marmo bluastro, databile fra
il 260 ed il 280 d.C. (molto probabilmente di San Casto)”.
Ci
vorrebbe forse un miracolo di San Casto per liberarlo dalla folta vegetazione e
dall’immondizia.
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