Il Tempio dell’Antica Cales dall’età arcaica alla romana imperiale
Comune di Pignataro, 06
aprile 2015
Angelo Martino
Come scrive Concetta Bonacci,
in relazione al Tempio dell’Antica Cales situato a nord del Teatro in località
S. Pietro, bisogna ricorrere a quanto già indagato da Johannowsky e da Femiano.
E agli studi di Stanislao Raffaele Femiano intendiamo attingere prima di
occuparci dello scavo del 2013.
Si tratta di un tempio “periptero esastilo”, ossia di un
tempio che ha intorno alla cella una fila di sei colonne. I resti di tale
tempio sono ben evidenti sull’area circostante in primis per il primo ripiano
del podio e anche perché si erge su un rialzo artificiale del terreno
accumulato per rendere più maestosa e visibile da ogni direzione la posizione
del luogo di culto. La pianta del podio ha una forma rettangolare allungata di
31.20 m. per 16.20 m., con orientamento S/E-N/O, circondata originariamente da un
colonnato periptero e una facciata esastile, probabilmente di 6 X 11 colonne.
Sono venuti alla luce nel tempo frammenti di colonne sia di
tufo che di marmo con scanalature in stile corinzio, in particolare frammenti
di capitelli che confermano lo stile corinzio. Il rinvenimento di un capitello,
in particolare, si è mostrato interessante per definire l’ordine architettonico
del tempio. Si tratta di un capitello in buon tufo locale grigio scuro con i
resti di una sottile ingubbiatura in grassello di calce, di ordine dorico e
dalle caratteristiche formali arcaiche. Al riguardo l’archeologo Femiano scrive
testualmente che “poiché il capitello è stato rinvenuto ad un livello superiore
il piano di calpestio antico esterno al tempio, che non è stato raggiunto allo
scavo della ruspa, è evidente che la peristasi, o almeno parte di essa, crollò
quando il monumento era già stato abbandonato e il piano di calpestìo si andava
coprendo dei depositi di riempimento naturale.”
Pertanto tale capitello può essere attribuito all’ultima fase
della costruzione del colonnato dell’attuale edificio, che possiamo
identificare, in rapporto alla tecnica di costruzione, con la prima metà del
secolo I d.C., sotto il principato di Tiberio. Possiamo ipotizzare - scrive
Femiano - che il capitello appartenesse ad una colonna votiva, del tipo della
famosa Colonna Etrusca di Pompei; il che ci conduce ad affermare che la
peristasi, ossia il colonnato, doveva conseguentemente presentarsi con un
carattere composito a causa delle molteplici aggiunte negli anni, “con colonne
e capitelli di marmo e tufo in stile corinzio, e con capitelli dorici di tufo”.
Quindi è più che lecito dedurre che le colonne di un
santuario arcaico, databile almeno dalla metà del VI secolo a. C.,
originariamente fossero in tufo con capitelli dorici di foggia arcaica e che
col passare del tempo, in relazione alla loro progressiva fatiscenza per
naturale processo di invecchiamento della pietra tufacea, venivano sostituite
con colonne e capitelli di marmo in stile corinzio, e che infine gli elementi
della vecchio colonnato composito fossero utilizzato per il nuovo tempio
edificato ex-novo nella prima metà d.C.
Oltre al capitello rinvenuto, che ci documenta una continua
riutilizzazione e riedificazione del tempio, dall’età arcaica, vi sono altri
elementi che il Femiano aggiunge a supporto della tesi di una fase di
costruzione arcaica almeno dalla metà del VI secolo a.C.
Femiano cita lo studio di Werner Johannowsky in “Relazione
preliminare agli scavi di Cales”, pubblicato in Bollettino d’arte del 1961 e
relativo agli scavi effettuati dallo stesso archeologo napoletano nel 1960. Nel
corso di tali scavi alle spalle del tempio, sul ciglio della terrazza superiore
della canalizzazione del Rio Pezzasecca, fu esplorata una fossa votiva in cui
era ben presenti tanti stamnoi in miniatura. Ciò che veniva alla luce
riguardava i frammenti di statuette rosso, di cui quelli maschili presentavano
un carattere prettamente italico e quelli femminili evidenziavano una chiara
influenza dei primi tipi ionizzanti risalenti alla prima metà del V secolo a.C.
Inoltre, nelle vicinanze, furono rinvenuti altri frammenti di
terrecotte architettoniche fra cui un’antefissa della fine del VI secolo a.C -
inizi V secolo a.C., con la testa femminile tra due fiori di loto, già noti a
Capua, come anche a Cuma e Suessola. E’ noto che tali tipi erano in uso fino al
VI secolo a.C. allorché comincia ad abbondare la ceramica a vernice nera, di
cui non si trova traccia alcuna tra il cocciame degli scavi del prof. Werner Johannowsky.
Come scrive Concetta Bonacci “non è possibile identificare la
divinità venerata in quanto i resti archeologici non lo consentono”, tranne
dedurre che data la collocazione presso il Foro, doveva essere un importante
luogo di culto per gli abitanti dell’Antica Cales.
Riguardo alla ricerca e scavo effettuato nel mese di agosto
2013, su iniziativa della Sovrintendenza per i beni archeologici di Salerno,
Avellino, Benevento, Caserta, ciò che si è evidenziato di nuovo, in rapporto
alla struttura architettonica del tempio dell’Antica Cales, situato a nord del
Teatro, sono stati gli ambienti di fondo della cella, uno dei quali conserva
ancora la soglia in calcare con l’alloggiamento per il cardine della porta.
Bibliografia:
Werner Johannowsky - Relazione preliminare sugli scavi di Cales in Bollettino
d’Arte – 1961
Stanislao Raffaele Femiano - Linee di storia, topografia ed
urbanistica della Antica Cales - Centro Grafico Editoriale Villaggio dei
Ragazzi
Concetta Bonacci – Cales - Un’area archeologica da riscoprire
– Vertigo - 2013
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