Digestore anaerobico di Scampia: una indigestione di strumentali
bugie
Peacelink,
24 marzo 2015
Ci risiamo! La
speculazione legata al recupero energetico da rifiuti si concretizza a Napoli
nel nuovo digestore anaerobico voluto dall’amministrazione Comunale di Napoli.
Così la Campania viene usata, ancora una volta, come terreno di sperimentazioni
politiche a danno dei suoi abitanti.
Come denunciamo da anni,
esiste una nuova ed ennesima frontiera del business sui rifiuti che si basa sul
recupero energetico tramite impianti a biomassa/biogas. Oggi la dimensione
speculativa che sottende alla realizzazione di tali impianti si mostra in tutta
la sua vastità e pericolosità. Su tale impiantistica si concentra infatti da
tempo un’enorme attenzione da parte di diversi soggetti politico/amministrativi
e imprenditoriali e su di essa, negli ultimi mesi, con cadenza quasi
quotidiana, si registra una crescente accelerazione nella proposta di
realizzazione di nuovi progetti. Diventa sempre più chiara la convergenza di
inconfessabili interessi speculativi connessi all’”affare biogas”: un affare
per pochi, fondato unicamente sulla “ragione finanziaria” rappresentata
dall’enorme quota di incentivi statali che vengono erogati per la produzione
del biogas/biometano.
Dunque, anche in Campania,
in linea con quanto avviene da tempo nelle altre regioni, in particolare del
centro/nord, stiamo assistendo al moltiplicarsi di iniziative, promosse sia
dalle amministrazioni locali che da privati, con il chiaro intento di
“imbottire” il territorio di impianti a biogas/biometano
(inutili, impattanti, costosissimi e speculativi) opportunamente agevolati ed
incentivati. Il tutto, ovviamente, va a discapito delle semplici, economiche
e “naturali” soluzioni di compostaggio aerobico delle quali noi, “realtà
storiche” che si occupano della tutela ambientale del territorio, reclamiamo da
anni la realizzazione. Riteniamo infatti che le soluzioni basate sul
compostaggio aerobico siano l’unico modo serio e rispettoso dei cicli naturali
per trattare e valorizzare in maniera seria l’umido da Raccolta
Differenziata in un’ottica di Riciclo Totale della Materia, l’unica scelta
tecnica di filiera capace dunque di ricavare dall’umido un vero compost di qualità, da utilizzare per il miglioramento
della fertilità dei nostri terreni agricoli ed il recupero della qualità della
terra.
Contro l’interesse degli
abitanti, della salute e delle produzioni sane, la classe dirigente campana,
con la connivenza di imprenditori ed “esperti di parte”, preferisce aderire
alla logica speculativa. Quindi, dopo il digestore anaerobico da 30.000
tonnellate/anno realizzato a Salerno, funzionante a pieno regime, si progettano
digestori anaerobici per produrre biogas/biometano
dalla parte organica dei rifiuti urbani a San Pietro a Patierno,
Benevento, Alife, Calvi Risorta, Giugliano,
Santa Maria La Fossa, Casalduni, Molinara,
Eboli, Santa Maria Capua Vetere e in decine di altri
comuni in tutta la regione. Ora è la volta di Napoli.
L’amministrazione
napoletana ha annunciato qualche settimana fa l’intenzione di realizzare
un digestore anaerobico da 20.500 tonnellate annue nel martoriato quartiere di
Scampia. Il progetto presentato riguarda il primo di tre impianti già
pianificati; faranno seguito progetti impiantistici per i quartieri di
Ponticelli e Bagnoli. Così, scegliendo di costruire impianti inquinanti, energivori e costosi, la giunta De Magistris
infligge un colpo mortale a qualsiasi ipotesi di riqualificazione di questi
quartieri e nega agli abitanti il diritto a vivere in un contesto sano e
produttivo.
Il bando di gara, previsto
a giorni, si basa su un progetto elaborato dalla GESCO - Gruppo di
Imprese Sociali, che ha costituito un'associazione temporanea d'impresa con le
aziende Ceif e Tecton.
L'appalto, al termine della gara europea, e dopo 2 precedenti bandi andati
deserti, dovrebbe essere aggiudicato alla GESCO, consorzio di cooperative
sociali che ha come responsabile Sergio D'Angelo, ex assessore alle politiche
sociali al comune di Napoli. Ciò emerge dal dibattito tra il vicesindaco
Tommaso Sodano e il patron di GESCO, a seguito
della conferenza stampa convocata dall’amministrazione, e dalle notizie di
stampa dei giorni seguenti.
Quanto accaduto dopo è
storia nota: nello stesso giorno alcune componenti del cosiddetto movimento
“dal basso”, in parte di recente formazione (Rete Commons,
Stop Biocidio, Cittadini Campani per un Piano Alternativo dei rifiuti, CCF
Coord. Comitati Fuochi, Osservatorio verso Rifiuti Zero) nonché ISDE
Campania (quest’ultima in controtendenza con la posizione ufficiale di ISDE
nazionale, sostanzialmente critica verso tale scelta impiantistica) si sono
precipitate a sostenere acriticamente l’amministrazione napoletana: hanno
quindi pubblicato tempestivamente comunicati di appoggio incondizionato e
promosso incontri “informativi” totalmente orientati a dare sostegno e
giustificazione al progetto napoletano, diffondendo informazioni false e
deviate sull’impianto stesso, sul suo reale funzionamento, sulle sue vere
finalità (negando la speculazione finanziaria insita nel recupero energetico da
rifiuti), e persino sulla sua reale denominazione (infatti tuttora si ostinano
a definire il digestore anaerobico previsto per Scampia un “impianto di
compostaggio”, quando è chiaro che tale non è).
Su un punto vogliamo
essere molto chiari: il digestore anaerobico di Scampia (categoria:
impianto a biomassa/biogas) è identico alle altre migliaia di impianti a
biomassa/biogas disseminati in tutto il territorio nazionale, o in via di
autorizzazione/progettazione/realizzazione.
Siamo di fronte alla
concretizzazione del ciclo integrato dei rifiuti, tanto caro ai vecchi
ambientalisti, una filiera infinita di impianti che depauperano la materia e
che trattano rifiuti per produrne altri ancora peggiori, a fronte di una
raccolta differenziata napoletana che dallo sbandierato “porta a porta” sta
rocambolescamente migrando verso la pessima raccolta stradale finanche
dell’umido, con conseguenze dirette sulla qualità della raccolta stessa a
giustificazione ulteriore della scelta di simili progetti.
Quello di Scampia non è
certo un impianto "particolare", né potrà produrre compost di qualità, come in modo fraudolento affermano i
suoi sostenitori, necessitando piuttosto di ulteriori processi di “trattamento”
dei prodotti finali in uscita dallo stesso. E questo, purtroppo, non è
novità. L'aspetto scandaloso e altrettanto pericoloso, in tutta questa
vicenda, consiste nell'appoggio indiscriminato dato da larga parte della
"base" a questo progetto dell'amministrazione.
Siamo ben consapevoli
dell’esistenza, su tutto il territorio nazionale, di una rete composta da
soggetti scientifici, politici e realtà cosiddette “di base” impegnata da anni
a giustificare, promuovere e sponsorizzare la realizzazione di questa vera e
propria “strategia impiantistica”, ma in nessun caso conosciuto si riscontrava
fino ad oggi un fronte tanto vasto di spudorata subalternità della “base”
ai voleri dei vertici politici e delle lobby. In un quartiere difficile,
già minato da disagio, carenza di servizi pubblici essenziali e dinamiche di
alienazione sociale, l’interesse collettivo viene così palesemente sacrificato
agli interessi affaristici.
Mentre ormai l’Italia
intera si ribella al fenomeno speculativo del biogas, perché i danni sono già
verificabili in molte regioni invase dai relativi impianti, in Campania la
politica si attiva per promuovere con forza questo stesso tipo di soluzioni, e
lo fa utilizzando il supporto dei “vertici” di veri e presunti “comitati dal
basso”, con cui ha stabilito un pericoloso filo diretto, che in totale
controtendenza con lo scenario nazionale, tentano di creare consenso popolare
verso le scellerate iniziative dei partiti: e dunque, nel caso di Scampia, note
realtà di movimento che si ergono, ipocritamente, a tutori del territorio,
provano a dirottare le legittime proteste degli abitanti verso una qualche
forma di consenso. Tutto questo con buona pace delle componenti “sane”
sicuramente presenti in queste come in tutte le realtà, rispetto alle quali non
resta che chiedersi quale sia il grado di consapevolezza delle dinamiche
interne di strumentalizzazione che da tanto tempo noi denunciamo.
Va inoltre precisato che
la Lobby di Rifiuti Zero Italia, tra i cui responsabili spiccano non
pochi consulenti sul tema rifiuti, ha spalancato le porte a tale business su
biomasse e biogas. RZ Italia sostiene questa scelta impiantistica, come
via preferenziale per il trattamento dell’umido da Raccolta Differenziata,
nella recente Proposta di legge di iniziativa popolare RZ, sulla quale è
da poco iniziata la discussione alla Camera dei Deputati: a presentare tale
proposta è stato Ermete Realacci, noto esponente di Legambiente,
estensore di una pessima proposta di legge sui reati ambientali e
ambientalista-politico di riferimento del Partito Democratico.
La “fuga in avanti” del
Comune di Napoli, l’iperattivismo del vice Sindaco
Sodano e di Del Giudice, presidente dell’Asìa,
dall’altro, l’appoggio delle componenti di base “amiche” e della sezione
campana di Rifiuti Zero, hanno prodotto oltretutto un effetto
particolarmente deleterio: quello di consentire alla componente di maggioranza
della municipalità di Scampia, espressione della destra peggiore, di
strumentalizzare la motivata protesta degli abitanti del quartiere, generando
il paradosso di consegnare la rappresentanza dei reali interessi del territorio
ad una componente politica ovunque favorevole e sponsor di soluzioni
impiantistiche distruttive e nocive per l’ambiente. Che siano impianti a
biomassa/biogas, discariche o inceneritori, si dimostrano essere tutte
“soluzioni” delle quali, comunque, è fin troppo nota la trasversalità politica
e di convenienze economiche.
Difficile, o meglio
impossibile, per il Comune di Napoli e per i comitati che l’appoggiano,
spiegare la convenienza tecnica degli impianti di digestione anaerobica per il
trattamento dell’umido, visto che il digestato
prodotto da tali impianti, rientrando nell’ambito della normativa sui rifiuti,
va comunque ulteriormente trattato; visto che i digestori anaerobici presentano
gravissime problematiche in termini di scarso controllo della proliferazione di
batteri, anche molto pericolosi per la salute umana; visto ancora che ad un
impianto di biodigestione va comunque affiancato un
impianto di depurazione dei reflui liquidi prodotti dal primo; visto che la
combustione del biogas e/o del biometano prodotto si
lega a molteplici criticità, tra le quali quelle riferibili alla gestione degli
inquinanti che possono contaminare inizialmente l’umido trattato; visto che la
“massa” utile prodotta in uscita è decisamente inferiore a quella che si
otterrebbe attraverso una corretta filiera di trattamento dell'umido tramite
compostaggio aerobico; visto infine che sono impianti assai costosi per la
collettività, poiché a tecnologia e filiera lunga e complessa, e di dubbia
efficacia in termini di resa energetica. Piuttosto va detto che, al pari di un
inceneritore, un digestore anaerobico offre enormi e ingiustificati “benefici
economici” a vantaggio esclusivo di chi lo realizza e gestisce. Senza gli
incentivi, che tanto costano ai cittadini, gli impianti sarebbero fallimentari!
Considerato che il
processo industriale dei digestori anaerobici richiede l’utilizzo di additivi
chimici, che gli impianti possono trattare anche il peggiore umido da FORSU
(compreso quello proveniente dagli STIR) e che la convenienza economica è tanto
maggiore quanto maggiore è la quantità di materiale trattato, si generano
conseguenze indotte negative: nel migliore dei casi, l’effetto distorsivo di una riduzione dei controlli di qualità a
monte, come sta già ampiamente accadendo oggi a Napoli, con il fallimento
disastroso della raccolta porta a porta; nel peggiore dei casi, l’immissione
nell’impianto di “sostanze aggiunte” (fanghi civili ed industriali,
prodotti di colture energetiche ed altro) per aumentare la quantità di “gas”
generato su cui speculare economicamente. Ne deriva dunque che il prodotto è un
digestato inservibile ed assolutamente inadatto ai
processi agricoli o al “riempimento” di cave, che va pertanto conferito in
discarica o utilizzato come CDR-CSS (combustibile da rifiuti-combustibile
solido secondario).
Assistiamo oggi dunque
alla triste involuzione di una vasta parte del movimento campano che,
gettata via la maschera, dimostra quanto la politica sia riuscita a permeare
e corrompere i movimenti dal basso con logiche di compromesso e convenienza,
riducendo le loro lotte a mere questioni di arrivismo e di rendite politiche
per i soliti noti, che nulla hanno a che fare con la tutela dell’ambiente.
Così hanno mortificato e fatto retrocedere di anni molte conquiste
culturali, le esperienze ed i saperi in tema ambientale che tante realtà locali
e gruppi di cittadini avevano maturato, attraverso lunghi periodi di lotta,
confronto e approfondimento, mentre fronteggiavano la violenta situazione di
emergenza e devastazione del territorio campano.
Di fronte a tutto questo,
noi ribadiamo con forza la necessità di “liberare” le lotte dalle ipocrisie e
dalle deviazioni politiche che le hanno condizionate negli ultimi tempi, di
risvegliare la parte “sana” delle realtà di movimento e recuperare il percorso
di elaborazione autonoma, di rivendicare soluzioni che non svendano salute e
terra, non mortifichino le capacità produttive, non aggravino ulteriormente la
sin troppo compromessa situazione socio-ambientale della nostra regione e del
resto d’Italia.
Da Scampia va rilanciato
un progetto di equità sociale che passi attraverso le categorie ambientali, per
affermare il diritto alla dignità, alla salute, alla salubrità della terra, e
soprattutto ad un “futuro” in cui le pessime condizioni di vita attuali siano
solo un lontano ricordo. Un futuro che ci riguarda tutti, un impegno che non
vogliamo disattendere.
CO.RE.ri. -
Coordinamento Regionale rifiuti della Campania
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