Don Peppe Diana
Giuseppe Diana, (Casal di
Principe, 1958 – Casal di Principe, 19 marzo 1994), è stato sacerdote, scrittore
e scout italiano, assassinato dalla camorra per il suo impegno antimafia. Il
suo impegno civile e religioso contro la camorra ha lasciato un profondo segno nella
società campana. Si è laureato in Teologia biblica e poi in Filosofia.
E'
stato capo scout per l'Associazione Guide e Scouts
Cattolici Italiani (AGESCI).
Nel
marzo 1982 è ordinato sacerdote. Dal 1989 è parroco a Casal di Principe, suo
paese nativo, per diventare poi anche segretario del vescovo della diocesi di
Aversa. Insegna inoltre lettere e religione presso le scuole superiori della
zona.
Don
Peppino Diana cerca di aiutare la gente nei momenti resi difficili dalla
camorra, negli anni del dominio assoluto della camorra casalese, legata
principalmente al boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. Gli uomini del clan
controllano non solo i traffici illeciti, ma si sono anche infiltrati degli enti locali e gestiscono fette rilevanti
di economia legale, tanto da diventare "camorra imprenditrice". Alle 07:25
del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, Giuseppe Diana è assassinato
nella sagrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre
si accinge a celebrare la santa messa. Un killer lo affronta con una pistola. I
cinque proiettili vanno tutti a segno: due alla testa, uno al volto, uno alla
mano e uno al collo. Don Peppe Diana muore all'istante. L'omicidio, di puro
stampo camorristico, fa scalpore in tutta Italia, nonostante il tentativo della
camorra stessa di infangarne la memoria. Oggi la sua tomba ed i luoghi dove
visse sono diventati meta di pellegrinaggi grazie all'opera degli amici e delle
associazioni che ne mantengono viva la memoria ed il sacrificio e che come lui
vogliono continuare a costruire comunità alternative alla camorra.
E'
stato insignito della Medaglia d'oro al valor civile con la seguente motivazione:
«Parroco
di un paese campano, in prima linea contro il racket e lo sfruttamento degli
extracomunitari, pur consapevole di esporsi a rischi mortali, non esitava a
schierarsi nella lotta alla camorra, cadendo vittima di un proditorio agguato
mentre si accingeva ad officiare la messa. Nobile esempio dei più alti ideali
di giustizia e di solidarietà umana.»
Lo
scritto più noto di don Peppe Diana è la lettera “Per amore del mio popolo non tacerò”, un documento diffuso a Natale del 1991 in tutte
le chiese di Casal di Principe e della zona aversana insieme ai parroci della foranìa di Casal di Principe, un manifesto dell'impegno
contro il sistema criminale, di seguito un passo:
«Siamo
preoccupati. Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro
figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.
Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania
di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità
di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa “dobbiamo
educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del
Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni
ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé,
come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”. La Camorra oggi è una forma
di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente
endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in
pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone
diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità
di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che
scoraggerebbero l'imprenditore più temerario; traffici illeciti per l'acquisto
e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani
emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali;
scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori
sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale
della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine
organizzato.»
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