La continuità tra Risorgimento e Resistenza nella città di Capua

Comune di Pignataro, 02 febbraio 2015

Angelo Martino

La città di Capua, in cui vi furono tanti gruppi di antifascisti attivi durante Il Regime fascista, testimonia il legame storico che unisce nel Mezzogiorno il Risorgimento e la Resistenza. Le parole più mirate sono state usate da Adolfo Villani, che ha studiato tale realtà e ci comunica il legame tra Risorgimento e Resistenza con documentazione accurata e rigorosa, presente nel testo “I ragazzi del professore”.

Tale percorso di liberazione del popolo meridionale dall'ignoranza, dai privilegi per affermare gli ideali di libertà, uguaglianza e lo Stato laico con conseguente libertà di culto per tutte i credi religiosi ha un suo continuum ideale, un “filo rosso” per usare le parole dello stesso Adolfo Villani, proprio nella città di Capua, ove vi fu un fermento di idee risorgimentali, che videro in prima linea Salvatore Pizzi e Luigi Garofano. Infatti, in riferimento alla Scuola Normale femminile, voluta dal patriota del 1848 e garibaldino Salvatore Pizzi, Adolfo Villani, che la realtà storica capuana dimostra di ben conoscere, scrive testualmente: “Fu quella della Normale un’esperienza avanzata, tra le prime nel Mezzogiorno, prodotto delle più innovative idee risorgimentali. Non si comprendono le ragioni per cui Capua fu un punto di forza dell’antifascismo campano se non si parte da quell’esperienza, dalle energie e dalle intelligenze che intorno ad essa si mobilitarono.”

Parole di una chiarezza esemplare. Infatti il patriota Salvatore Pizzi nacque a Procida nel 1816 ma si trasferì giovanissimo a Capua. Aderì alla "Giovane Italia" diventando un fervente mazziniano. Era profondamente convinto che, oltre alla libertà politica, la cultura e l'educazione avrebbero promosso lo sviluppo della società civile. Uomo di pensiero e di azione, Salvatore Pizzi partecipò alle lotte politiche che avrebbero portato al Parlamento napoletano del 1848.

Dopo la sconfitta dei moti rivoluzionari del ’48 aveva affrontato il carcere e l'esilio, ma a tali dolorose esperienze reagì con sempre maggior abnegazione, nonostante i Borbone avessero deciso che “bisogna sorvegliare perfino il respiro di Salvatore Pizzi”. Nel 1860 Pizzi partecipò alla gloriosa Legione Garibaldina del Matese, diventando, all'epoca della Spedizione dei Mille, pro-dittatore per Garibaldi nel casertano e in seguito governatore di Terra di Lavoro.

Negli inediti del capitano Giuliano Iannotta, scritti nel 1879, consegnati in fotocopia dal nipote Giuseppe alla studiosa napoletana Aurora Delmonaco, che li ha pubblicati nel 2011, emerge la testimonianza dell’apporto di Salvatore Pizzi e della Legione Garibaldina del Matese alle decisive battaglie del 1° e 2 ottobre 1860.

Il capitano Giuliano Iannotta di Sant’Andrea del Pizzone intendeva necessario omaggiare tutti i suoi compagni della Legione Garibaldina del Matese, da Beniamino Caso di Piedimonte d’Alife a Salvatore Pizzi di Capua , da Gerolamo Zona di Calvi al sacerdote Paolo Zito, suo concittadino, dal Domenico Bencivenga, parente di Beniamino Caso, ad Ercole Raimondi di S.Pietro, da Felice Stocchetti di S.Angelo d'Alife a Francesco Fevola di Teano, da Paolo Zito di Grazzanise a Achille del Giudice di San Gregorio Matese, da Filippo Onoratelli e Pietro Romagnoli di Piedimonte Matese a tutti gli altri patrioti dell’allora Terra di Lavoro, compresi i sei cittadini di Gioia Sannitica.

Quindi Salvatore Pizzi diede un contributo rilevante, negli anni al Risorgimento, alle lotte per la libertà, l'indipendenza, ma decise di rinunciare ad essere governatore di Terra di Lavoro subito dopo l'Unità, preferendo dedicarsi all’ideale di alfabetizzazione scolastica, costruendo una scuola mirata all’emancipazione delle donne.

Nonostante i problemi economici e l’opposizione del clero, che voleva conservare il monopolio della cultura, Salvatore Pizzi riuscì a realizzare il suo sogno nel 1866, fondando la Scuola Normale femminile nell’ex complesso conventuale dell’Annunziata. La Normale femminile di Capua prevedeva classi elementari di tirocinio, tre corsi complementari e tre normali con lezioni facoltative di lingua, musica e ballo. In rapporto ai metodi didattici, Salvatore Pizzi promosse la metodologia tedesca di quel tempo, dedicandosi alla traduzione dei testi più rinomati di tale indirizzo metodologico- didattico.

Primo direttore della Normale di Capua fu Alberto Bellentani, parmense con un passato di ideali liberali, patriottici e sociali.
Con l’arrivo di Alberto Bellentani a Capua nel 1866 ebbe inizio un periodo di alfabetizzazione con una organizzazione scolastica al passo con i tempi, secondo quelle che erano le idee di Salvatore Pizzi di favorire l’emancipazione sociale delle classi meno abbienti con una determinazione a rendere l’istituzione scolastica laica. Tale scelta coraggiosa ed innovativa rese la Scuola Normale di Capua il centro della cultura laica a contatto con le esperienze pedagogiche europee, ma anche con gli stessi movimenti di pensiero europei.

D’altronde la società meridionale aveva dei punti riferimento forti in intellettuali che riuscivano ad interagire con altri intellettuali europei per una ridefinizione di un programma culturale prettamente laico, allontanandosi dalle posizioni retrive ed oscurantiste degli anni precedenti l’Unità d’Italia. Alberto Bellentani e Salvatore Pizzi furono i pionieri delle classi preparatorie in Italia, con riferimento alle consolidate esperienze tedesche. La Normale capuana conobbe i suoi momenti di fasto fino alla soppressione nel 1925 in seguito alla riforma Gentile. Parimenti importante fu l’apporto di Luigi Garofano, che apparteneva ad una famiglia di gloriosi ascendenti repubblicani. Infatti Luigi Garofano era il figlio di Salvatore, medico, discepolo del grande patriota, martire della Repubblica Napoletana Domenico Cirillo, sia in relazione alla scienza medica che alle idee rivoluzionarie.

Tra i vari gruppi di antifascisti capuani formatisi maggiormente sulle idealità del Risorgimento, vi erano quello del professore Alberto Iannone, composto da Mario Brandi, Antonio Ammirato, Francesco Barone, Aniello Tucci e Michele Semeraro, e quello del Museo. che faceva capo al direttore Luigi Garofano Venosta e di cui facevano parte i socialisti Raffaele e Andrea Acunzo, Andrea Mariano, Pasquale Monetti, Vincenzo Pontillo e Giovanni Scialò, i comunisti Giovanni e Pompeo Rendina, il canonico Anico D’Ambrosio, Ignazio De Vivo, Leonilda De Blasio e Ciro Germano. Nel ricco panorama antifascista della città di Capua non possiamo non citare il gruppo degli operai del Pirotecnico, che facevano riferimento ad Antonio Affinito, Raffaele, Giacquinto, Salvatore Postiglione, Costantino Giordano, Antimo Fontana, Luigi Montagna, Salvatore Volpe e Vincenzo Faenza e infine quello del Partito popolare, guidato da Mario Zaccaro e Giuseppe Rotondo.

 

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