Archeologia: la Campania rimane chiusa, in attesa di restauro
Il Ftto Quotidiano,
21 gennaio 2015
Manlio Lilli
“Con il programma del Grand Tour vogliamo realizzare la
più importante operazione degli ultimi anni di promozione del nostro patrimonio culturale,
proponendo una ricca offerta che non ha solo una funzione di valorizzazione, ma
serve anche per aiutare gli operatori e chi vende il prodotto Campania, per arricchire il
soggiorno e la vacanza dei turisti italiani e stranieri”, annunciava lo
scorso anno l’Assessore ai Beni Culturali e Turismo della Campania, Pasquale Sommese,
presentando Viaggio in Campania. Sulle orme del Grand Tour.
Una riproposizione in chiave moderna del
viaggio di formazione settecentesco. Da aprile a dicembre 2014, nove itinerari, a coprire
l’intera regione che, accanto ai grandi attrattori, come Pompei, il Vesuvio, la Reggia di Caserta e alle
località più famose come Sorrento,
Capri e Ischia, avrebbero voluto dare
ampia visibilità alle zone interne. Obiettivo dichiarato quello di promuovere
il territorio campano proprio mentre i disastri
ambientali contribuiscono ad offuscarne l’immagine. Strumento
insostituibile di questa operazione, realizzata in collaborazione con la Scabec,
Società regionale per i Beni Culturali, il Campania Artecard,
cioè la messa a sistema di musei, siti archeologici, località di mare,
specialità gastronomiche, siti religiosi e parchi naturali.
A scorrere i dati della Rilevazione 2014
del Mibact sui Musei, monumenti e aree
archeologiche della Campania non sembra che i risultati ottenuti siano stati
all’altezza delle promesse. Di certo per quel che riguarda i siti dei quali si
protrae la chiusura. Un numero rilevante e tutt’altro che trascurabile per
quanto riguarda la qualità dei singoli casi. Insomma chiusure eccellenti. Come
quella della villa
imperiale di Damecuta, ad Anacapri,
sul promontorio che sporge dal monte Solaro.
Interdetta alle visite nel 2012 dalla Soprintendenza ai Beni archeologici di
Napoli e Pompei, a causa di improrogabili interventi di restauro. Intanto
ad entrare indisturbati, in mancanza di un sistema di videosorveglianza, sono i
vandali che,
oltre ad imbrattare le pareti dei locali riservati ai custodi, hanno piena
libertà di camminare tra i resti dell’area destinata a belvedere, del
quartiere residenziale con sala triclinare,
all’estremità Ovest, ed un altro settore privato. Tutto senza manutenzione e
quindi in progressivo degrado.
Stessa sorte per l’area archeologica
dell’antica Abellinum,
a nord-ovest dell’abitato moderno di Atripalda.
A Bacoli
va senza dubbio peggio. Chiuse le Cento Camerelle, la serie di cisterne sovrapposte
pertinenti ad una villa e a peschiere semisommerse nello specchio d’acqua
antistante. “Siamo molto delusi. Per la seconda volta non siamo riusciti a
visitare le Centum Cellae.
Già quattro anni fa abbiamo seguito lo stesso percorso ed erano inaccessibili.
Eravamo convinti che in tutto questo tempo sarebbero state restaurate e
riaperte. Andiamo via e non credo ritorneremo per visitarle”, ha scritto a Il Mattino una ragazza dopo essere
rimasta di fronte ai cancelli sbarrati nello scorso novembre. Chiusa
anche la cd. Tomba di
Agrippina, in realtà il teatro-ninfeo, parte di una villa
marittima, andata distrutta. A Sala Consilina off limits
l’Antiquarium,
inaugurato nel 1982 e temporaneamente ubicato presso la Grancia certosina, nel quale sono
esposti oltre 1000 corredi tombali dalle tombe ad incinerazione di IX secolo a.
C. fino a quelle di V e IV secolo a. C.
Chiusa la Crypta neapolitana,
la galleria scavata nel tufo, a Napoli e le necropoli di via Cella e di San Vito a Pozzuoli,
così come lo stadio di Antonino
Pio, il Foro
Transitorio e gli Ipogei
del Fondo Caiazzo, oltre al parco
archeologico di Liternum.
Non è tutto. Ci sono anche i siti visitabili su richiesta. Tanti. Dall’area
archeologica di Aequum Tuticum,
presso Ariano Irpino
al sacello degli Augustali, al Teatro e alla piscina Mirabilis,
a Miseno.
Dall’anfiteatro e al Mausoleo cd. degli Acilii Glabriones,
ad Alife,
alle aree archeologiche di Sinuessa e Cales. Dalle terme di Carminiello
ai Mannesi e dal
teatro antico in via San Paolo ai Tribunali, a Napoli, al parco monumentale di Baia-Bacoli
e al Tempio cd. Di Diana, a Bacoli. Dalla
Necropoli monumentale di Nocera Superiore,
al teatro e al criptoportico di Sessa
Aurunca, fino alla
Necropoli di Cappella su Monte Procida. Dalla villa marittima
di Cellole,
nel casertano, al Mitreo di Santa Maria Capua Vetere,
passando per il complesso termale di via Terracina, ancora a Napoli, fino al
teatro di Ercolano. Non è tutto. Ma può bastare per avere un’idea sulla
fruibilità del patrimonio archeologico della Campania. Senza dubbio di difficile
gestione, anche in considerazione della sua vastità. Ma in parte troppo
cospicua né tutelato, né valorizzato. Lasciato sprofondare in un progressivo
oblio. Sostanzialmente alienato alla pubblica, libera, fruizione.
“Vogliamo che il 2014 sia l’anno della Campania”, aveva
detto l’Assessore regionale presentando i nove mesi di eventi, mostre,
itinerari ed escursioni, dall’area vesuviana a tutta la regione. Aggiungendo
che “Chi si recherà in Campania potrà visitare le tante bellezze archeologiche,
artistiche, storiche e naturali della nostra terra, vivendo una vera e propria
esperienza emozionale”. A quanto sembra molte di quelle “tante bellezze” continuano
a rimanere nascoste. Purtroppo.
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