Il geniale
stratagemma di Annibale nel territorio di Cales
durante la II Punica
Comune di Pignataro, 29 dicembre 2014
Angelo Martino
I Romani erano riusciti ad
accerchiare Annibale, nel corso della seconda guerra Punica, che ebbe un suo
momento rilevante nel territorio dell'Antica Cales,
ove il condottiero cartaginese mostrò nel contempo anche la forza del suo
genio. Annibale, nel 216 a.C., aveva trovato sistemazione a Cales,
propriamente nell'attuale territorio di Sparanise. I
Romani, invece, già erano stanziati a Casilino,
l'odierna Capua, a Cales e a Teano.
Nel territorio tra Cales e Teano, precisamente nell'attuale bivio di Torricelle, erano presenti le armate di Minucio.
Inoltre, il grosso dell’esercito romano, al comando di Fabio Massimo, si era
spostato dalle alture del Massico a quelle del monte Callicola
(l’odierno Monte Maggiore), a nord-ovest di Cales.
L’intenzione di Annibale era quella di tornare in Apulia,
approssimandosi l’inverno, in cerca di frumento. A tal fine si rendeva
necessario forzare a Nord il blocco romano, con una battaglia tremenda di cui
temeva l’esito. Fu, allora, che Annibale escogitò uno stratagemma, una trovata
geniale che avrebbe contribuito a rendere ancora più famoso il luogo ove si
compì, Cales.
Infatti tale episodio è
riportato nei capitoli XVI e XVII del ventiduesimo libro delle Historiae di Tito Livio.
Annibale diede ordine ai
suoi soldati di radunare circa duemila buoi sulle cui corna fece legare fasci
di strame e rami secchi. Appena cominciò la notte, comandò di dar fuoco alle
fascine e fece spingere i buoi verso le alture circostanti contro le truppe di
Fabio Massico accampate sul monte Callicola. Come
riporta testualmente Tito Livio, “lo stesso calore delle fiamme splendenti loro
sul capo e il calore che già entrava nel vivo alla base delle corna cacciavano
i buoi come impazziti”.
Nel buio della notte i
Romani, vedendo tale brulicare di fuochi che avanzava in ordine sparso dalla
pianura sottostante, rimasero disorientati e pensarono ad un’offensiva
cartaginese notturna che avesse come obiettivo Cales.
Fabio Massimo aumentò la guardia ma non si mosse dalla sua posizione
dell’attuale territorio di Rocchetta e Croce. Marco Minucio,
temendo, invece, la sua presenza inutile nella zona dell’attuale luogo di Torricelle, la abbandonò, raggiungendo Fabio Massimo con i
suoi 4000 cavalieri, pronto a dargli man forte per l’imminente e decisiva
battaglia notturna.
Lo stato maggiore Romano
era rimasto frastornato, anche perché, al fine di dare maggior corpo alle
apparenze, Annibale mandò un contingente di fanteria a sud di Callicola, impegnando in tal modo le guardie romane con
piccole e fugaci scaramucce. Solo all’apparir delle prime luci dell’alba i
Romani incominciarono a capire qualcosa, ma ormai Annibale era lontano. Nel
momento in cui i circa duemila buoi i piccoli reparti di fanteria creavano
grande confusione sulle colline a sud dell’attuale Rocchetta e Croce, e Minucio abbandonava in maniera a dir poco prudente, le sue
posizioni nell’attuale bivio di Torricelle,
l’esercito cartaginese, o meglio la stragrande parte dell’armata di Annibale,
si spostava silenziosamente dalla zona dell’attuale Sparanise,
imboccando la valle del Savone, nei pressi
dell’attuale Montanaro. Da qui risaliva per la zona, abbandonata da Minucio, di Torricelle e
proseguiva per l’area pianeggiante in direzione di Teano, Riardo e Pietravairano.
In tal modo Annibale poté
ritirarsi tranquillamente alla volta di Apulia,
seguendo l’itinerario Pietravairano-Pratella-Capriati-Isernia-Boiano-Campobasso-Larino.
Bibliografia:
Tito Livio - Ab Urbe condita - libro XXII - capitoli
16-17
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