La toponomastica cittadina della Cales Romana

Comune di Pignataro, 15 dicembre 2014

Angelo Martino

Le strade urbane di Cales erano tutte lastricate in calcare, ad eccezione di quelle principali, il Cardo Maximo e Via Patula. In particolare il Cardo Maximo era interamente pavimentato con blocchi di selce. Dalle epigrafi si riesce ad avere una definizione, anche se non completa, della toponomastica della cittadina. In particolare sono due iscrizioni che ci forniscono le informazioni al riguardo.

La prima, dopo essere stata sistemata nell’ex palazzo vescovile di Pignataro, ai principi dell’Ottocento, fu regalata da un vescovo dell’epoca al sign. Francesco Daniele di San Clemente. Essa ci parla dei quatorviri di Cales, i quali avevano fatto lastricare la strada che portava a Porta Somma e al Clivo, presso la Porta Gemina, nonché quella situata tra la Porta Marziale e l’Angioporto, nei pressi del tempio della dea Matuta (M.FURIUS.C.F.NUMIDA/M.VERATIUS.C.F.POLLIO/III.VIR.J.D./STRATAM. AD. PORTAM/SUMMAM. ET.IN. CLIV./AD PORTAM GEMINAM/ET INTRA PORTAM MARTIALEM.AD. ANCIPO/MUTATAE.S.C.R.C./IDEMQUE.PROBAVERE).

Una seconda epigrafe fu rinvenuta nel vecchio seminario di Calvi e andò ad arricchire le collezioni private del suindicato Francesco Daniele, le quali furono successivamente dal Museo Nazionale di Napoli dagli eredi del Daniele. Da questa seconda iscrizione apprendiamo che un ignoto Augustale caleno aveva provveduto, di tasca propria, a far pavimentare ed ornare di statue e colonnati la via che andava dall’Angiporto di Giunone Lucina fino al tempio della Dea Matuta. Nel contempo aveva fatto sistemare la strada che, partendo dal Clivio, e dal tempio di Giano, si allungava fino al rione dei Cisiari di Porta Stellatina per proseguire dalla via Patula fino alla Porta Laeva e dal Foro alla Porta Domestica.

(…GUSTALIS/ ORNAMENTIS/VIAM A.B.ANGIPORTU A/ IUNONIS.LUCINAE.USQUE/AEDAM.MATUTAE.ET.CLIVO/ AB JANU AD GISARIOS.PORTAE/ STELLANITAE ET VIAM PATUALM/ AD PORTAM LAEVAM ET AB FORO/AD PORTAM DOMESTICAM/ SUA PECUNIA.STRAVIT).

Tali indicazioni ci consentono di ipotizzare una plausibile toponomastica, ad iniziare dalla Porta Stellatina che era situata in fondo all’attuale via Forma. Da via Forma partiva una via anonima che collegava Cales con l’ager Stellas, ossia gli attuali comuni di Vitulazio e Bellona. Riguardo ai menzionati Cisiari di Porta Stellatina, è plausibile altresì che le loro botteghe fossero situate lungo l’attuale via Forma e che tale via portasse il nome di Via dei Cisarii. Inoltre il Foro si trovava tra le terme centrali, l’arco centrale ed un tempio non identificato. La famosa via Latina, provenendo da Teano Sidicinum, passava all’interno di Cales per portarsi successivamente a Casilinum e a Capua.

La via Latina attraversava Cales da Nord-Ovest a Sud-Est e la sua denominazione plausibile era Via Patula, ossia Via Lata o via Maestra. Le porte più imponenti erano Porta Summa e la Porta Marziale, la prima che chiudeva la città a Nord-Ovest, al limite dell’attuale via Forma e l’altra identificata più a sud, alla fine di Via Formelle. In relazione al Clivo è plausibile, inoltre, ipotizzare che esso fosse presente nel poggio ove sorgono attualmente la cattedrale e il vecchio castello longobardo e ove ai tempi della Cales Romana vi era l’Arce e il tempio di Giano, sulle cui rovine fu edificata la cattedrale romanica. Notevole importanza rivestiva la Porta Gemina in quanto fungeva da collegamento tra Cales e le città di Trebula, Caiatia e Alife.

In relazione alla Porta Leva e alla Porta Domestica, una delle due era situata davanti al Ponte delle Monache, all’inizio di una strada che portava verso l’Ager Falernus, mentre l’altra sul perimetro occidentale della città, a sud del teatro. Ci resta l’identificazione del Vicus Palatius, riguardo al quale, contrariamente all'archeologo Giuseppe Novi, che lo considera un importante e florido borgo di Cales , Giuseppe Carcaiso ritiene che fosse un rione della stessa cittadina.


Bibliografia: Giuseppe Carcaiso - Storia dell’Antica Cales

La piantina della toponomastica è presente nel suindicato testo di Carcaiso ed è stata riprodotta digitalmente per noi da Francesco Giuliano

 

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