La CALES ROMANA: da colonia latina a Questura fino allo status di Municipio

Comune di Pignataro, 11 dicembre 2014

Angelo Martino

Quella che fu l’antica Cales degli Ausoni, nel 344 a. C. con il nuovo status di colonia latina, venne a perdere alcune delle tradizionali prerogative di città libera. Tuttavia essa ricevette dai Romani un trattamento di riguardo. Collocata in una posizione strategicamente rilevante e dominante l’intera pianura campana, baluardo fondamentale per la difesa e il controllo della via Latina, Cales costituì la testa di ponte dell’espansione romana nei territori dei Sanniti.

La presenza di già rilevanti strutture difensive, la sua forte posizione naturale e la vicinanza di alcuni corsi d’acqua concorrevano a rendere Cales adatta a sostenere lunghi assedi. Anche per questo la colonia latina di Cales conservò notevoli autonomie e giurisdizionali, esercitate tramite propri magistrati (pretori, duoviri e successivamente quatorviri). Ebbe, inoltre, un proprio Senatus e due Censores. Inoltre, in relazione alla religione, fu concessa agli abitanti di Cales piena e libera facoltà di culto. Anche l’attività commerciale fu incoraggiata e ai Caleni fu consentito di poter acquistare suoli e immobili in territorio di Roma, come analogamente potevano fare i Romani nel territorio di Cales. Gli esponenti della classe patrizia potevano prendere la cittadinanza romana, senza avere l’obbligo di residenza. Abbandonata dai Romani dopo la sconfitta delle Forche Caudine, Cales fu riconquistata nel 315 a. C.

Durante la terza guerra sannitica (298-290 a.C.), il suo territorio fu nuovamente devastato (Tito Livio, X, 29). Fu solo dopo alcuni anni che la città di Cales fu scelta come sede di una delle quattro questure decretate dal Senato Romano nel 267 a. C. e a quel periodo risale la coniazione delle monete con legenda Caleno. Gli scrittori classici ci forniscono notizie del Questore di Cales. Facciamo riferimento in particolare a quanto scrive Marco Tullio Cicerone in relazione ad un certo Vatinio, come riporta anche lo storico locale Mattia Zona. Invece Tacito, il grande storico latino, nel IV libro degli Annales, fa esplicito riferimento al Questore Curzio Lupo che, muovendosi da Cales, riuscì a bloccare la sedizione di schiavi che stava divampando a Brindisi (…et erat iisdem regionibus Curtius Lupus, cui provincia vetere ex more Cales evenerat…)

La città fu nuovamente devastata ad opera di Annibale durante la seconda guerra punica (Tito Livio, XXII, 13); nel corso della stessa guerra, nel 209 a.C., fu una delle dodici colonie che si rifiutò di fornire aiuti a Roma (Tito Livio, XXVII, 9, 10): “Erano allora trenta le colonie del popolo romano. Dodici di queste, avendo tutte i loro ambasciatori a Roma, negarono ai consoli di poter dare né soldati né denaro. Furono queste Ardea, Nepete, Sutrio, Alba, Carseole, Cora, Suessa, Circello, Sezia, Cales, Narnia, Interamna (Triginta tum coloniae populi romani erant; ex iis duodecim, cum omnia legationes Romae essent, negaverunt consulibus esse unde milites pecuniamque darent. Eae fuere Ardea, Nepete, Sutrium, Alba, Carseoli, Sora, Suessa, Circeii, Setia, Cales Narnia, Interamna).

Per questo motivo Cales fu punita cinque anni dopo, con l’imposizione di pesanti tributi e la perdita della relativa autonomia di cui aveva goduto (Tito Livio, XXIX, 15, 37): “Decretarono che i consoli chiamassero a Roma i magistrati e dieci dei principali cittadini di Ardea, Nepete, Sutrio, Alba, Carseole, Cora, Suessa, Circello, Sezia, Cales, Narnia, Interamna[…] comandassero loro che ciascuna desse duplicato il numero di quel più di soldati, che avevano dato al popolo romano dal giorno che il nemico avesse posto piede in Italia, nonché centoventi cavalieri (decreverunt ut consules magistratus denosque principes Ardea, Nepete, Sutrium, Alba, Carseoli, Sora, Suessa, Circeii, Setia, Cales Narnia, Interamna[…] Romam excirent; iis impararent quantum quaeque earum coloniarum militum plurimo dedisset populo Romano ex quos hostes in Italia essent, duplicatum eius summae numerum peditum daret et equites centenos vicenos). Nel Foro di Cales, furono inoltre messi a morte i maggiorenti di Capua, rei della defezione ad Annibale della loro città.

Dovettero passare molti anni prima che Cales venisse innalzata al rango di Municipio. Giuseppe Carcaiso ipotizza che ciò “sia avvenuto all’indomani della guerra sociale, fra l’83 e l’81 a.C., allorché Silla pose mano ad un profondo processo di riordinamento politico-amministrativo della Repubblica Romana”.

Secondo Mattia Zona, invece, “Cales era già Municipio molto tempo prima della guerra sociale”. La testimonianza letteraria più bella del Municipio Caleno è costituita dalla lettera di Marco Tullio Cicerone a Dolabella (Ad Familiares, IX, 13) per perorare la sorte di Caio Suberino Caleno e di Marco Sterede, due cittadini caleni rimasti intrappolati in Spagna a causa della guerra civile. Della lunga lettera citiamo il paragrafo in cui si fa riferimento al Municipio di Cales: […]Perciò ti prego di adoperarti affinché questi due miseri Caleni, non per colpa loro, ma a causa della sfortuna alla quale ogni uomo soggiace, non ricevano alcun danno. In modo che io per mezzo tuo faccia loro questo favore e possa soddisfare il desiderio del Municipio caleno col quale sono in stretti rapporti di amicizie[…].

In effetti Marco Tullio Cicerone ebbe una predilezione particolare per Cales, ove soggiornava spesso e di cui si considerava l’autorevole patrono.


Bibliografia:

G. Carcaiso - Storia dell'Antica Cales - 1980

Mattia Zona - Memorie storiche dell'antichissima città di Cales – Napoli - 1820

Tito Livio - Ab Urbe condita

Marco Tullio Cicerone - Ad familiares

Tacito - Annales

 

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