L’Ager Calenus e i suoi confini quando Cales diventò colonia romana

Comune di Pignataro, 18 novembre 2014

Angelo Martino

Dopo la conquista romana, a Cales furono inviati 2500 coloni latini, come ci è stato tramandato da Tito Livio. In tale periodo Cales poteva contare su un territorio di 120 chilometri quadrati e, in relazione ad esso, come scrive Giuseppe Carcaiso, è difficile stabilire con precisione se tale territorio costituisse l’ambito geografico “dell’estremo dominio degli Ausoni, così come ne vennero in possesso i Romani dopo la conquista di Cales, oppure se, più verosimilmente, esso sia da ritenersi l’espressione della somma delle varie assegnazioni terriere fatte nel 344 ai 2500 coloni latini”.

Tuttavia possiamo ritenere che l’Ager Calenus comprendeva i territori ove attualmente sono presenti i centri di Calvi Risorta, Rocchetta e Croce, Sparanise, Giano Vetusto, Pignataro Maggiore, Ciamprisco, Sant’Andrea del Pizzone e Val d’Assano.
E’ da aggiungere che in tale periodo la campagna calena iniziò ad arricchirsi di masserie e Vici, ossia piccoli agglomerati di case coloniche, con vie pubbliche ove iniziarono a tenersi i mercati rurali e i conciliabula, le riunioni organizzate in occasioni di cerimonie religiose.

Quindi stiamo trattando di un Ager Calenus in espansione, il cui confine con l’ager Sidicinus era segnato a nord da due templi dedicati alla dea Fortuna esistenti un tempo lungo la via Latina, nei pressi dell’attuale bivio di Torricelle. Ad oriente e a sud l’Ager Calenus confinava con l’Agro Stellate, di cui facevano parte Vitulazio, Bellona e altre terre di pertinenza capuana. Al confine occidentale si trovava, invece, l’Ager Falernus, ossia l’odierno territorio dei Mazzoni.

Un territorio abbastanza vasto, quindi, l’Ager Calenus, tenendo ancora una volta in considerazione gli scritti di Tito Livio, che fanno anche riferimento a terribili saccheggi dell’Agro Caleno nel corso delle guerre successive con i Sanniti e con Annibale. Quindi, se ci furono terribili saccheggi, è più che lecito dedurre - come scrive lo studio Carcaiso - “che in questa area ci dovevano essere persone e beni da depredare e agglomerati urbani da devastare”.


Bibliografia:
Giuseppe Carcaiso - Storia dell’Antica Cales - Quaderni di storia ed arte campana - 1980

 

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