I cittadini di Calvi e Sparanise: I
“tiranni” Borbone ci hanno “spogliati”
Comune di Pignataro,
19 ottobre 2014
Angelo Martino
In data 12 aprile 1889, i cittadini di
Calvi e Sparanise, tramite i loro rappresentanti nei
rispettivi consigli comunali, inviarono una lettera - supplica al re Umberto I
per chiedere giustizia in relazione ad un vasto Demanio, quello di Calvi,
sottratto a loro da Ferdinando IV di Borbone. Su tale demanio i cittadini
esercitavano l’uso civico del pascolo degli animali e il diritto di legnare in
una parte boschiva di esso.
Nel 1790 il re Ferdinando IV di Borbone pretese dai cittadini di Sparanise e Calvi la censuazione
del Demanio di Calvi in cambio dell’affitto di cui già da tempo il Borbone
godeva. I cittadini ebbero il coraggio di riunirsi per opporsi, ma il loro pur
apprezzabile coraggio non sortì alcun effetto contro la superbia e la tirannia.
Fu così che il 28 settembre 1791 le due comunità dovettero sottoporsi alla
firma di un contratto che prevedeva una spoliazione illegale del Demanio per
consentire a Ferdinando IV di esercitarvi la sua amata caccia, riservando ai
cittadini solo il diritto di legnare. I soprusi del re Borbone contro i
cittadini di Calvi e Sparanise non si sarebbero
fermati solo a ciò. Nel 1832 la dinastia borbonica pretese di avere anche il
possesso del bosco, lasciando interdette le popolazioni di Calvi e Sparanise. Altrettanto coraggiosa fu la risposta dei
decurioni delle due cittadine, che scrissero testualmente all’Intendente di
Caserta di “non saper dissimulare il rammarico per la richiesta fatta, come
quella che feriva nel cuore due infelici popolazioni, privandoli dell’uso delle
legna sì indispensabili ai bisogni della vita”.
Tale loro rammarico non servì a nulla e il
bosco, che doveva servire esclusivamente per uso di caccia del Sovrano fu
distrutto e il frutto di tutto il legname venduto a beneficio della Casa Reale.
Nel comunicare a re Umberto I tale triste e terribile torto subito dai Borbone,
i consigli comunali di Calvi e Sparanise scrivevano
in data 12 aprile 1889: “I cittadini di Sparanise e
Calvi, che ancor vivo serbano il dolore della patita tirannia, sperano
nell’ottenuta libertà la rivendicazione dei loro diritti”. Nel prosieguo della
lettera sono elencate le lungaggini burocratiche per riavere il possesso del
Demanio di Calvi.
La lettera si conclude con un appello a re Umberto I: "Maestà! Noi siam lieti di questa occasione che ci permette di
manifestare alla Maestà Vostra, l’espressione della nostra devozione
inalterabile. Noi facciam voti intanto che Voi
stesso, Sire, leggendo la triste storia da noi sofferti sotto un altro regime,
vogliate con un atto del cuor generoso, essere arbitro supremo delle nostre
ragioni, sì come siete sempre stato in ogni sventura, il padre amoroso delle
popolazioni che vi furono affidate."
Calvi R. e Sparanise, 12 aprile 1889
La lettera è firmata dai seguenti
rappresentanti nel consiglio comunale di Sparanise:
Carlo Mesolella - Sindaco, Vincenzo Ricca -
assessore, Errico Mesolella - assessore, Diomede
Sanchez - assessore, Pasquale Colapietro - assessore,
Teodosio Lepore - assessore, Achille Cirella consigliere, Salvatore Mesolella
- consigliere, Domenico Marinelli, consigliere,
Andrea Marinelli, consigliere, Carlo Leardo,
consigliere, Mattia Ricca, consigliere, Agostino Roncone,
consigliere, Agostino Ranucci, consigliere, Giovanni
Sanchez, consigliere, Giovanni Serao, consigliere.
I rappresentanti in Consiglio Comunale di Calvi Risorta erano: Achille Sanniti,
Sindaco, Conte Sanniti - assessore, Casto Zona - assessore, Giovanni Di Lettera
- assessore, Michele Elia - assessore, Gennaro Sanniti, consigliere, Pietro
Martino, consigliere, Francesco Nucci, consigliere,
Andrea Rossi, consigliere, Luca Izzo, consigliere, Enrico Rossi, consigliere,
Francesco Rossi, consigliere, Enrico Izzo, consigliere, Michele Mancini,
consigliere, Pasquale Izzo, consigliere e Giuseppe Grande, consigliere.
Bibliografia:
Paolo Mesolella - Il Demanio Caleno
- Spring Edizioni 2008
Visita: www.CalviRisorta.com