L’espulsione degli allievi “rivoluzionari unitari” dal Seminario di Calvi

Comune di Pignataro, 04 ottobre 2014

Angelo Martino

L’avversione della Chiesa alla nascita del Regno d’Italia è noto, data la volontà delle gerarchie ecclesiastiche di conservare il potere temporale che portava la Chiesa su posizioni di aperta ostilità alle idealità costituzionali, che contemplavano un ridimensionamento di tale potere temporale. I rapporti tra Stato e Chiesa si mostrarono più difficili dopo i decreti del 1861, che tendevano a limitare il potere temporale delle gerarchie ecclesiastiche.

Il vescovo di Calvi e Teano Bartolomeo D’Avanzo fu tra i 22 vescovi che firmarono una lettera di protesta contro i provvedimenti governativi del 1861. Bartolomeo D’Avanzo osservò scrupolosamente le direttive provenienti dalla curia romana di avversare ogni forma di collaborazione con il nuovo Stato Italiano. In tale contesto i giovani allievi del Seminario Apostolico di Calvi, di chiara e schierata simpatia per le idee liberali e favorevoli al nuovo Stato Unitario, si lamentarono di non poter esprimere i loro ideali di stampo patriottico, liberale e costituzionale, dopo che alcuni seminaristi più anziani erano stati per tale motivo espulsi dal Seminario.

Nella primavera del 1861 alcuni di loro ebbero il coraggio di inviare una lunga e dettagliata lettera al governo della provincia di Terra di Lavoro e, per conoscenza, al segretario generale del Dicastero del culto e della pubblica istruzione. Tale lettera era firmata dai seminaristi Oliviero De Paris, Vincenzo Merolillo, Pasquale De Franciscis, Antonio Zarone, Giuseppe Pelusio, Vincenzo Borrelli, Davide Veltre e Michele Venticinque.

Tra l'altro tali allievi scrivevano: "Nel seminario di Calvi in Terra di Lavoro, ove sta Vescovo Bartolomeo D'Avanzo di Avella e rettore D. Antonio Izzo di Calvi medesimo, cercasi attrassare ogni elemento liberale, e spegnere ogni favilla di Amor Patrio, procurando sostituirvi in cambio ipocrite credenze e sentimenti austro-clericali".

Nella lettera è ben descritto il mancato rispetto verso gli allievi che ostentavano il manifesto favore per le idealità risorgimentali, e pertanto erano definiti “atei, scomunicati, sacrileghi perché seguaci del Partito Italiano”. Inoltre i giovani allievi lamentavano che, in particolare, “tre satelliti del rettore” erano i più zelanti nel distruggere le statue del nuovo Re d’Italia e nel riportare al Rettore i nominativi dei seminaristi che ostentavano la “passione Italiana”. Per tale ragione lo stesso vescovo Bartolomeo D’Avanzo, “celeberrimo bacchettone mitrato”, “partigiano della setta borbonica” e “sfrontato oscurantista” disponeva l’espulsione dal Seminario di tutti i giovani seminaristi presenti nella camerata ove erano presenti i “satelliti del Rettore”.

Segue nella lettera un duro attacco al vescovo D'avanzo, che sarebbe inevitabilmente costato ai giovani seminaristi l'espulsione irrevocabile dal Seminario di Calvi, motivata con un generico "vizio d'immoralità". Gli allievi espulsi furono Oliviero De Paris di Partignano, Vincenzo Merolillo e Pasquale De Franciscis di Pastorano, Antonio Zarone di Pietramelara, Giuseppe Pelusio di Petrulo, Vincenzo Borrelli e Davide Veltre di Capua. Altri furono in un primo momento espulsi e poi riammessi.

Tra l’altro il “retrogrado“ Vescovo Bartolomeo D’Avanzo, definito “ipocrita bacchettone nel covile di Avella”, è accusato di voler abolire lo studio dei classici latini in quanto “crede trovar nei classici suddetti incitamenti ad idee liberali e rivoluzionarie”. La lettera si conclude con un appello al Governo di “liberarci da sì pericolosi soggetti, e togliere di mano la direzione di un convitto che richiede uomini sperimentati per zelo, Patriottismo e sana istruzione, affin di educare Italianamente una gioventù sulla quale si fondano le speranze delle proprie famiglie, e che il Governo con tanta cura incoraggia”. La lettera non reca una data precisa, ma, secondo gli studiosi che si sono occupati del complesso della documentazione, si può desumere che fu redatta tra la fine di aprile e gli inizi di maggio del 1861.


BRUNO PELLEGRINO - CHIESA E RIVOLUZIONE UNITARIA NEL MEZZOGIORNO - ROMA 1979

OLINDO ISERNIA - L’EPISCOPATO DI TERRA DI LAVORO E L’UNITÀ D’ITALIA (1860-1862), in “Rivista Storica di Terra di Lavoro”, V (1980), nn. 1-2, pp. 223-265.

Archivio di Stato di Caserta - fascicolo 2134 - busta 237

 

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