Associazione per delinquere, estorsione e
violenza: fissata l’udienza preliminare per D’Innocenzo e altre 21 persone
Caleno24ore, 28 agosto 2014
È stata fissata
per il prossimo undici dicembre, presso il Tribunale di Firenze, l’udienza
preliminare nell’ambito del procedimento che vede imputate ventidue persone,
tra le quali molte originarie dell’Agro caleno. Si tratta di: Benedetto
D’Innocenzo, sessantenne di Calvi Risorta; Diocrate
D’Innocenzo, trentaquattrenne figlio di Benedetto; Giuseppe Caimano,
sessantaduenne di Calvi Risorta; Alessandra D’Innocenzo, cinquantacinquenne di
Pignataro Maggiore; Alfonso Di Penta di Caserta; Simone Faleri
di Castelfiorentino; Elisabetta Gioia di Santa Maria a Vico; Stefano Langellotti di Roma; Giuseppe Laurenza di Castel Morrone;
Leonilde Marciello di Sparanise; Cecilia Piscitelli
di Maddaloni; Massimo Romano di Minturno; Anna Santillo di Calvi Risorta;
Concetta Ventrone di Maddaloni; Lisa Bennati ed
Emanuele Brocco. Le accuse formulate nei loro confronti dal pm
della Direzione distrettuale antimafia fiorentina, dottor Giulio Monferini, sarebbero di associazione per delinquere di
stampo mafioso, intestazione fittizia, minacce ed estorsione.
Davanti al
Giudice per l’udienza preliminare, dottor Fabio Frangini,
l’accusa tenterà di dimostrare che Benedetto D’Innocenzo, ritenuto vicino ai
clan Ligato, Russo e Bardellino, sarebbe il promotore di un’associazione a
delinquere e, aiutato dagli altri indagati, avrebbe “spogliato” alcune società,
al fine di ottenerne l’acquisizione e il controllo mediante una serie di prestanomi. Il collegio difensivo, composto tra gli altri
dagli avvocati Alfonso Sgambato e Carlo De Stavola, tenterà di smontare il
teorema degli inquirenti.
Tra gli atti
delittuosi contestati, suscitarono grande impressione nei giorni degli arresti
(avvenuti nel 2012) le minacce dirette ad un sindacalista della Cgil, Giovanni
Piras. Il sindacalista stava difendendo i diritti di una quarantina di
lavoratori dell’ex Gruppo Flowers (Montemurlo). Aveva
convinto le maestranze a rivolgersi all’Ispettorato del lavoro, aveva convocato
la commissione di conciliazione per far pagare ai committenti gli stipendi che
D’Innocenzo non pagava, aveva denunciato l’imprenditore per appropriazione
indebita del Tfr e stava studiando un’istanza di fallimento. Motivi che
avrebbero spinto alcuni degli indagati a organizzare una spedizione punitiva.
Secondo gli inquirenti, i D’Innocenzo padre e figlio avrebbero convocato l’ ”uomo
di fatica” del gruppo, Alfonso Di Penta.
Diocrate D’Innocenzo lo avrebbe portato in moto alle Badie,
vicino alla casa del sindacalista e il presunto sicario avrebbe aspettato per
più di un’ora. I due sarebbero ritornati dopo pranzo, ma dopo una mezz’ora
rinunciarono. Il giorno dopo Benedetto D’Innocenzo si sarebbe informato col
figlio se quel ragazzo (Di Penta) «ha iniziato a lavorare» e Diocrate gli avrebbe risposto che non se n’era fatto di
niente (quel giorno Giovanni Piras era a un provvidenziale convegno). Un altro
tentativo era programmato per il 26 luglio, ma sarebbe stato bloccato da un
sms: «Alt, tutto rimandato». E’ in quei giorni che D’Innocenzo avrebbe
riflettuto sulla possibilità di ammazzare uno prima o dopo le vacanze. Nel marzo 2004 i D’Innocenzo avrebbero preso
di mira anche un altro sindacalista Cgil, minacciando di «fargli tagliare la
testa». Insomma, atti gravi che potrebbero far finire gli imputati sotto
processo.
Red. Cro.
* Diocrate D’Innocenzo, tra gli indagati nel provvedimento
riportato nell’articolo, sostiene che le accuse riguardanti l’associazione e
l’estorsione nei suoi confronti sarebbero decadute con decisione del giudice
del Tribunale della Libertà. Riportiamo la replica per dovere di cronaca.
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