HAI VERSATO 19 ANNI DI CONTRIBUTI ALL’INPS?
LI HAI PERDUTI !!!
Informatitalia, 10 giugno 2014
L'articolo è del 2012, ma è ancora
attuale, visto che la situazione non è cambiata e anzi, è destinata a
PEGGIORARE, visto che il bilancio dell'INPS sta per COLLASSARE...
INPS, IL “FURTO ” SILENTE
Migliaia di
lavoratori versano i contributi senza poter arrivare alla pensione. Soldi
regalati all’ente
di Salvatore Cannavò – “Il Fatto
Quotidiano”
Sono tantissimi ma l’Inps non li
quantifica o per lo meno si rifiuta di farlo. Parliamo
delle Posizioni silenti, cioè quelle posizioni iscritte all’Inps che hanno
versato contributi senza raggiungere i requisiti minimi previsti dalla legge
per andare in pensione. Per la pensione di vecchiaia, infatti, legata all’età
anagrafica (66 e 67 anni con la riforma Fornero) servono almeno 20 anni di
contributi versati nella medesima cassa previdenziale (all’Inps, all’Inpdap, all’Inpgi, etc.). Il problema dei contributi silenti si pone quando un
contribuente non raggiunge quel requisito dando origine a quella che sindacati
ed esperti previdenziali definiscono senza giri di parole una truffa, un furto.
Mettiamo il caso, infatti, di chi
abbia potuto versare contributi solo per 18 o 19 anni: senza raggiungere il requisito minimo di 20, quegli anni non
daranno vita ad alcuna pensione. In realtà, si tratta di un caso limite
perché essendo molto ridotto il margine di differenza è possibile colmare il
vuoto ricorrendo alla contribuzione
volontaria cui si può accedere con un minimo di 5 anni di
contribuzione versata. Questa si calcola sulla base dell’ultima retribuzione
percepita e quindi sale in relazione a quella. Stiamo comunque parlando
di cifre consistenti: su uno stipendio di 1300 euro si versa fino a 8000
euro all’anno. Se gli anni da colmare, quindi, ammontano – come nella maggior
parte dei casi – a 7, 9 o anche di più si pagano cifre impossibili.
“In questa condizione si trovano
moltissime donne – spiega Luigina De Santis, esperta previdenziale dell’Inca- Cgil – perché sono
quelle dall’attività lavorativa più incostante e frammentata”. Chi ha
versato, ad esempio, 12 anni di contributi, quando arriva all’età per la
pensione non si ritrova nulla in mano. “E’ un furto. E’ scandaloso e lo è
ancora di più il fatto che l’Inps non dia le cifre esatte di questo fenomeno:
si fanno morti e feriti ma non li si vogliono dichiarare” commenta ancora De Santis. Sul problema del silenzio Inps e della
indisponibilità a fornire i dati batte anche il deputato radicale Maurizio
Turco che sta preparando un’iniziativa eclatante: “Presenterò a breve
un progetto di legge per istituire una Commissione di inchiesta con poteri
giudiziari per dire una cosa chiara: se l’Inps non ci consegna i dati manderemo
i carabinieri a prenderli”. Non avendo a disposizione i dati è molto
difficile fare una stima. E infatti di stime non ce ne sono. Si possono fare
delle valutazioni induttive. Ad esempio, una
fonte rilevantissima di posizioni silenti è data dai contributi versati dai
lavoratori immigrati che, spesso, ritornano nel loro paese e, se
vogliono recuperare quanto versato in Italia, devono disporre di adeguate
convenzioni internazionali e attivarsi per fare regolare domanda. Gl immigrati iscritti all’Inps sono 2,7 milioni (dati al
2007) e i contributi che li riguardano ammontano a circa 8 miliardi di euro.
Altre stime calcolano in circa 600 mila le donne casalinghe che hanno pochi
anni di contribuzione all’attivo e così via.
Formalmente la riforma Fornero
dovrebbe sanare la ferita con il sistema contributivo. Infatti, con questo nuovo sistema di calcolo tutti i contributi versati
saranno accumulati per calcolare una pensione finale e, se non si raggiunge il
requisito minimo dei 20 anni, si potrà comunque andare in pensione a 70 anni
oppure se la stessa supera di 1,5 volte l’assegno sociale. “In ogni
caso c’è il limite dei 5 anni di contributi – commenta però De Santis – e se non si raggiungono, si regalano
all’Inps”. “E poi, aggiunge, chi può vantare un importo pari a 1,5 volte
l’assegno sociale (tra i 7 e gli 800 euro) con meno di 20 anni di contributi è
solo chi ha avuto retribuzioni molto alte”. Inoltre i casi sono
destinati a crescere con il sistema delle ricongiunzioni onerose deciso dal
governo Berlusconi nel 2010 e avallato dall’attuale governo. In questo caso
ricadono quelle posizioni
previdenziali aperte in istituti diversi. Un’insegnante che abbia
lavorato in una scuola privata, ad esempio, per un certo numero di anni e poi
in una pubblica per il resto della sua vita lavorativa avrà una parte di
contributi all’Inps e un’altra parte all’Inpdap. Per riunificarli
(tecnicamente: ricongiungerli) dovrà pagare
una somma molto elevata e se non la possiede utilizzerà la
posizione più favorevole lasciando “silenti” gli altri contributi. Che restano
lì, a disposizione dell’Inps che, ovviamente, li utilizzerà – lo sta già
facendo –per pagare le pensioni in essere. “Le ricongiunzioni onerose sono uno
scandalo” aggiunge Luigina De Santis. Intervenendo su
questo nella trasmissione Report su Rai3, “la ministra Fornero ha detto cose
inesatte perché le ricongiunzioni non servono ad avere pensioni più alte ma
semplicemente commisurate ai contributi versati”.
In realtà anche prima della legge
del 2010 le ricongiunzioni verso regimi previdenziali più favorevoli (ad esempio dall’Inps verso l’Inpdap) erano onerose ma non quelle verso il
regime dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago) gestito dall’Inps. Ora si
paga anche questo e ci si può vedere richiedere importi di 100 mila o anche 200
mila euro. Ma Fornero ha invitato a utilizzare un altro sistema, che invece è
gratuito, la totalizzazione dei
contributi. “Ma è un sistema con il quale si sceglie di entrare
integralmente nel sistema contributivo anche se si ha ancora diritto a una
parte di retributivo (doppio sistema entrato in vigore nel 1996 con la riforma
Dini, ndr.). E favorisce solo i salari molto alti che
da quel tipo di conteggio vengono particolarmente valorizzati. Ai salari più
bassi la pensione viene tagliata”.
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