BOCCIATO RICORSO DELLA “CASERTANA RECUPERI” SOCIETÀ DI FAMIGLIA DELLA
FARZATI: SI METTE MALE PER IORIO E CAPARCO
Calvirisortanews, 28 gennaio 2014
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania di Napoli ha respinto
anche il nuovo ricorso della “Casertana recuperi srl”
(la società di famiglia della coordinatrice dell’ufficio del Giudice di Pace di
Pignataro Maggiore, dottoressa Vittoria Farzati)
contro l’interdittiva antimafia emessa dalla
Prefettura di Caserta. In questo caso, la “Casertana recuperi srl” – con sede in Calvi Risorta – e Antonio Luca Iorio
(figlio della dottoressa Farzati) si erano affidati
all’avvocato Carlo Sarro, ma nemmeno il parlamentare,
componente della commissione antimafia parlamentare è riuscito a fare il
miracolo: durissima sconfitta su
tutta la linea, ancora una volta.
Ecco di seguito il testo integrale della sentenza, depositata alla segreteria
del Tar in data 23 gennaio 2014.
“REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4089 del 2012,
integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Casertana Recuperi Srl, Antonio Luca Iorio,
rappresentati e difesi dall’avv. Carlo Sarro, con
domicilio eletto in Napoli, viale A. Gramsci, n. 19;
contro
U.T.G. – Prefettura di Caserta, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi
per legge dall’Avvocatura di Stato, domiciliata presso la sede in Napoli, via
Diaz, n. 11; per l’annullamento con ricorso introduttivo:
- del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza, inoltrata in data 25.7.2011
dalla Casertana recuperi s.r.l., ai sensi dell’art. 10, comma 8, d.p.r. 252/98, diretta ad ottenere l’aggiornamento del
provvedimento interdittivo emesso in data 28
settembre 2009.
con motivi aggiunti depositati il 18 gennaio 2013:
- del
provvedimento interdittivo antimafia prot. 1294/12.b/ANT/Area 1 del 6 marzo 2013 adottato dal
Prefetto di Caserta di conferma della nota precedente e di tutti gli atti di
indagine connessi, ivi compreso il parere del GIA del 10.9.2010;
con motivi
aggiunti depositati il 17 maggio 2013:
- dei medesimi atti già gravati e degli ulteriori atti investigativi depositati
in giudizio.
Visti il
ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di
costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Caserta e di Ministero
dell’Interno; Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa; Relatore
nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2014 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente, colpita da misura interdittiva
antimafia 28 settembre 2009, ha impugnato il comportamento inerte tenuto dalla
Prefettura di Caserta sulla richiesta di aggiornamento.
Nel corso del giudizio l’amministrazione ha depositato il provvedimento prot. 1294/12.b/ANT/Area 1 del 6 marzo 2013 di conferma
della prognosi sfavorevole nei confronti della società istante.
Avverso il provvedimento prefettizio e gli atti di indagine allo stesso
presupposti sono diretti i primi ed i secondi motivi aggiunti, con i quali la
ricorrente denuncia l’illegittimità dei riferiti atti deducendo motivi di
violazione di legge e di eccesso di potere (presupposto erroneo, travisamento
dei fatti, sviamento di potere, violazione del giusto procedimento, motivazione
errata, perplessità, contraddittorietà, illogicità, atipicità dell’atto,
falsità della causa).
Resiste in
giudizio l’amministrazione degli interni, che conclude per la infondatezza del
ricorso.
Dopo il rinvio disposto all’udienza del 10 luglio 2013, all’udienza del 15
gennaio 2014 la causa è trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è divenuto improcedibile, poiché l’amministrazione ha concluso il
procedimento di aggiornamento con un provvedimento espresso, oggetto dei primi
e secondi motivi aggiunti.
Passando all’esame del provvedimento confermativo, occorre premettere che,
attesa la natura obbligatoria del potere di riesame – a differenza di quanto si
verifica in ricorrenza dell’esercizio della funzione di autotutela che, in
quanto espressione di discrezionalità amministrativa, non impone l’adozione
necessaria di un provvedimento – la natura vincolata nell’an,
in caso di riscontro negativo dell’istanza, si risolve in una decisione
confermativa della precedente determinazione di primo grado: decisione che,
salvo i casi di mera conferma della valutazione precedente per assenza di
elementi nuovi addotti, assumerà i tratti caratteristici di una conferma
impropria, costituendo la determinazione di secondo grado un giudizio sintetico
della rinnovata ponderazione degli elementi indiziari originari alla luce delle
documentate sopravvenienze allegate dalla parte istante. In tale caso occorre
valutare l’adeguatezza e la sufficienza della motivazione, la cui
sindacabilità, naturalmente, è rimessa alla prudente valutazione del giudice in
relazione alla singola fattispecie, nei limiti propri del sindacato di atti
connotati da ampia discrezionalità, anche in ragione della loro natura di
tutela preventiva contro l’inquinamento invasivo del crimine organizzato nelle
attività economiche e nei rapporti con le pubbliche amministrazioni,
censurabili solo allorquando la valutazione sia trasmodata in macroscopica
irragionevolezza o incongruenza (cfr. T.a.r. Campania
– Napoli, sent. n. 20719 del 2005).
Vale ancora precisare che la circostanza centrale posta a base del
provvedimento di conferma viene ravvisata nell’accertamento di una linea di
continuità gestionale ed imprenditoriale fra la vecchia compagine societarie e
gli attuali soci ed amministratori. Pertanto non occorre in questa sede
ripercorrere gli elementi che hanno portato la Prefettura ad un giudizio
sfavorevole nei confronti della società ricorrente nel 2009 (e nel 2010),
tenuto anche conto che essi appaiono particolarmente significativi di una
contiguità con associazioni delinquenziali operanti nel territorio di
riferimento e che il giudizio ostativo è passato indenne al vaglio
giurisdizionale (cfr. fra l’altro Tar Napoli n. 27989 del 2010).
Il punto focale del presente giudizio è rappresentato dalla verifica della
correttezza del giudizio espresso dalla Prefettura, secondo cui la società
ricorrente ha mantenuto inalterato il sostanziale assetto gestionale e
proprietario.
Secondo l’assunto difensivo, il Prefetto non avrebbe rivalutato l’inconsistenza
degli elemento illo tempore posti a base della misura
interdittiva.
L’assunto non convince.
L’istanza di aggiornamento postula l’emersione di elementi nuovi e sopravvenuti
in grado di dimostrare, con ragionevole certezza, la recisione di ogni rapporto
di contiguità delinquenziale, mentre nel caso di specie la società ha
sostanzialmente richiesto una rivalutazione dei medesimi elementi già vagliati
dalla Prefettura, adducendo circostanze non in grado di modificare il quadro
sostanziale pregresso.
Pertanto la laconicità della conferma della posizione della Casertana Recuperi
ai fini antimafia è la risultanza di una istanza di aggiornamento
insuscettibile di apportare contenuti nuovi e significativi ai fini della
verifica della perduranza della permeabilità mafiosa.
Ed invero non solo occorre che, in relazione alla attuale posizione della
società, non sia emersa alcuna nuova evenienza negativa, ma è necessario
verificare il sopraggiungere anche di fatti positivi, idonei a dar conto di un
nuovo e consolidato operare dei soggetti cui è stato ricollegato il pericolo,
che persuasivamente e fattivamente giustifichi che si discostino ormai dalla
situazione rilevata in precedenza.
Orbene, a fronte degli elementi allegati, la Prefettura ha ragionevolmente
ritenuto che non ci fosse alcuna variazione significativa sulla pregressa
valutazione, concludendo per la sussistenza di una persistente permeabilità
dell’impresa nei confronti di ingerenze della malavita organizzata.
In definitiva,
alla stregua delle circostanze soprariferite non
sembra seriamente contestabile il giudizio effettuato dal Prefetto secondo cui
le circostanze alla base della richiesta di aggiornamento si sono tradotte in
espediente ispirato dall’intento di ottenere una nuova valutazione degli
elementi già considerati come sintomatici di rischio di infiltrazione
delinquenziale nella gestione societaria.
Le considerazioni esposte comportano l’improcedibilità del ricorso principale e
la reiezione dei motivi aggiunti. Le spese processuali possono essere
compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui
connessi motivi aggiunti, in parte lei dichiara improcedibili ed in parte li
rigetta. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in
Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2014 con l’intervento
dei magistrati:
Cesare
Mastrocola, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere
Michele Buonauro, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)”.
Fin qui la sentenza. Ora si attendono le determinazioni delle Autorità
competenti (a cominciare dal Ministro della Giustizia e dal Consiglio Superiore
della Magistratura) sull’inquietante caso di un ufficio del Giudice di Pace (in
una realtà delicatissima come è quella di Pignataro Maggiore) al cui vertice vi
è una coordinatrice – appunto la dottoressa Vittorio Farzati
– la cui società di famiglia è colpita da interdittiva
antimafia fin dal 28 settembre 2009 a causa di un ex socio (Vincenzo Abbate),
già arrestato per associazione mafiosa e ritenuto dai valorosi magistrati della
Direzione distrettuale antimafia di Napoli uomo del superboss
del “clan dei casalesi” Michele Zagaria.
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