Calvi
Risorta: Il sogno di don Pietro Palumbo
Caserta24ore, 15 agosto 2012
Paolo Mesolella
BISOGNEREBBE PORTARE L’AFFRESCO DELL’ASSUNTA DALLA GROTTA
DELLE FORMELLE IN CATTEDRALE
C’è un interessante libretto dell’arciprete don Pietro Palumbo che in questi giorni tutti dovrebbero rileggere: Il
testo si intitola “una luminosa tradiuzione”
ed è stato pubblicato a Teano, con prefazione dell’allora Vescovo M. Guido
Sperandeo, nel febbraio 1966. Nel libretto l’arciprete e storico caleno confessa un suo sogno.
L’immagine della Madonna Assunta e S. Casto sono note
dominanti intorno alle quali palpita la fede e l’arte calena in quelle che sono
le principali realtà religiose. Si pensi all’Assunta affrescata nella Grotta
delle Formelle, e a quelle di S. Casto Vecchio e della nuova Cattedrale di San
Casto. Ma veniamo al sogno: “Vorrei si potesse
riportare
Un sogno questo di don Pietro accarezzato per tutta la sua
vita di cultore di storia calena, perché durante le sue ricerche aveva fatto una scoperta: nella Grotta delle Formelle a
Calvi vi era una preziosa testimonianza del dogma dell’assunzione, che risale
addirittura a nove secoli prima del 1950. La grotta, scrive don Pietro Palombo,
risale al 1023 circa… ed è di una immensa importanza
artistica, storica e teologica per un affresco che va deperendo. Vi è
raffigurata l’Assunzione della Vergine al cielo tra angeli e santi… e non in un
atteggiamento rigido bizantino come alla Grotta dei Santi.
La sua importanza storica è data dalla scritta del conte
che commissionò l’affresco. Ma più grande è l’importanza
teologica a causa di una didascalia sfuggita a quanti mi hanno preceduto nello
studio: VIRI GALILEI… COELUM IESUS ASSUMPTUS EST…
QUE GEN… EUNT... VID… Una didascalia che don Pietro legge in questo modo:
“Uomini di Galilea, Gesù è stato assunto in cielo.
Egualmente la genitrice la vedrete andare in cielo”.
L’affresco, quindi sarebbe una testimonianza di fede
nell’Assunzione al cielo della Madonna, una testimonianza avvenuta nove secoli
prima del dogma dell’Assunzione definito nel novembre
più grande, più artistico e più antico. I resti dell’affresco si trovano ancora
sulla parete frontale, il alto, dove doveva esserci
l’altare.
“Era una grande rappresentazione
che copriva l’intera parete – spiega il canonico Pasquale Marcello – la prima
nota nel X secolo, assai più vasta dell’Assunzione della stessa epoca ritrovata
in San Clemente a Roma”.
“Alla base di questo affresco,
continua il canonico Marcello, si legge la seguente iscrizione, la quale,
benché non tutta decifrabile, ricorda un Conte ed una Contessa di Calvi: ”Hoc opus quod aspicitis
ego Pandulfus comes cum Gualferada Comitixa uxore mea…”
Ora un Pandulfus, del ramo dei
Conti di Caiazzo, nel 1023 portava il titolo di Conte
di Calvi, pertanto si può ritenere abbastanza certo che l’affresco fu commissionato dal Conte di Pandolfo e dalla Contessa di
Calvi Gualferada. Quello di don Pietro, ovviamente
dopo cinquant’anni rimane ancora un sogno.