GIUSEPPE
GARIBALDI SOSTO' NELLA PICCOLA DOGANA BORBONICA CALENA
Portale di Pignataro M., 03 agosto 2012
Grazie ad una ricerca del prof. PAOLO MESOLELLA, che ha rinvenuto un'interessante corrispondenza di guerra,
apprendiamo che GIUSEPPE GARIBALDI sostò nella piccola dogana borbonica di
CALVI e non nel palazzo baronale il 26 ottobre del 1860.
Come racconta il preside dell' IAC di Pignataro
Maggiore, l'eroe e padre della patria scelse un luogo povero e angusto, che era
stato l'antico corpo di guardia dei carabinieri reali, quale luogo in cui
ricevere
Sull'ultimo numero di DEA NOTIZIE il prof. Mesolella dichiara di aver rinvenuto una corrispondenza della GAZZETTA DI MILANO del 1
novembre
La piccola dogana borbonica è descritta in maniera minuziosa e approfondita e
ci fornisce un ritratto di grande umanità di GIUSEPPE
GARIBALDI per cui riportiamo ampi stralci della corrispondenza che fanno luce
non solo sulla sosta di GIUSEPPE GARIBALDI, ma anche riguardo all'aspetto umano
dell'indimenticabile eroe.
"Andiamo dunque lì innanzi a Pignataro. Lì, il figlio di Garibaldi
MENOTTI, che è lì con un battaglione di Lombardi ci
dice che suo padre è a CALVI, che il re è passato lì il mattino.....Dagli
ufficiali superiori ci viene confermato che è Garibaldi è a CALVI e il re a
TEANO "
"Noi lo trovammo in questo. Figuratevi una sola stanza quadra, con il
tetto a cupola bassa. Le pareti nere, nerissime dal fumo; non pavimento, ma nuda terra sotto i piedi, non sedie, non
letti, nemmeno quel che già vi doveva essere, tavolati per istendervisi
su e dormire».
"Garibaldi ci ha ricevuto in questa sua dimora di quella notte."
«Sedeva - proseguiva la cronaca - su una scranna di corda, posando le braccia
su un tavolo di legno fracido, con un lume di rame che mandava per cattivo olio
una luce affumicata. Quando noi giungemmo, per rischiarare di più, uno de' suoi vi aggiunse una
stearica ficcata e tenuta alta sul collo di una bottiglia.
Garibaldi ci accolse con quell'affetto che è proprio di lui. Aveva il suo solito cappello in testa.
Dalle braccia gli traspariva il suo plaid scozzese e dalle spalle e sul collo
gli scendeva sul largo petto uno sciallo di lana
grigio... Non aveva che offrirci».
La delegazione consegnò all'eroe una lettera del Re Vittorio Emanuele.
Il momento è così raccontato nella corrispondenza ritrovata dal professore
Mesolella: «La aperse: era un foglio tutto scritto di mano del re. Gli diceva
di averlo cercato tutta la giornata, ed essere dolente di non averlo potuto
vedere: che domani egli avrebbe attaccato i Borbonici sul Garigliano e sperava
ricacciarli e passare il fiume verso Capua... Il re
dava, nella lettera, del "lei" a Garibaldi. Garibaldi la leggeva
commosso».
Quindi abbiamo modo di riflettere sul rapporto che lo
stesso prof. MESOLELLA definisce "singolare " tra il re, i SICILIANI
e il "REPUBBLICANO GARIBALDI".