CASO
D'INNOCENZO: SCARCERATO BENEDETTO
Gazzetta di Caserta, 06 gennaio 2012
Il tribunale del riesame accoglie le richieste dei difensori,
gli avvocati Carlo De Stavola e Pierfrancesco
Lugnano, e rimette in libertà Benedetto D'Innocenzo.
Per l’indagato resta solo l’obbligo di firma. Rimesso
in libertà anche il commercialista di Formia,
Francesco Brocco.
Per lui il tribunale del riesame, non ha disposto alcun
obbligo. Passa, quindi, totalmente, la linea proposta dai difensori che, nelle
scorse settimane, avevano già ottenuto la scarcerazione di Ilde
Marciello, nuora di Benedetto D’Innocenzo, accusata
di appropriazione indebita. Secondo l’accusa, la famiglia di Benedetto, aveva
messo in piedi un sistema per “cannibalizzare" le aziende.
L’operazione condusse a sette misure cautelari, di cui
quattro ordinanze di custodia in carcere, due ai domiciliari e un obbligo di
dimora, più altre 31 persone denunciate. In azione la squadra
mobile di Firenze a conclusione delle indagini dirette dalla Dda del capoluogo toscano, che interrompe l’attività di un
gruppo criminale capeggiato da persone legate a clan camorristici
infiltratisi in Toscana.
Sequestrati beni per oltre 9 milioni di euro.
Alcuni dei reati contestati sono, a vario titolo, estorsione aggravata dal
metodo mafioso, tentata corruzione e riciclaggio, ma anche reati societari
compiuti attraverso il sistematico uso della forza e della intimidazione.
I destinatari delle misure restrittive, emesse dal gip
di Firenze su disposizione del pm Pietro Suchan, sono risultati tutti legati ai
clan Ligato, Russo e Bardellino. L'organizzazione criminale era
“specializzata” principalmente nell’acquisizione di aziende
in crisi: dopo l’offerta iniziale di sostegni economici, il gruppo ne assorbiva
completamente la gestione anche attraverso violenze e minacce, poi ne
“cannibalizzava" gestione, patrimonio e contabilità.
E’ quanto accaduto ad un imprenditore di Castelfiorentino (Fi) che
nell’0ttobre del 2009 denunciò alla polizia un colpo
d'arma da fuoco esploso sulla portiera della sua auto. Grazie alla sua denuncia
iniziarono le indagini. Durante la deposizione emerse che l’uomo d’affari,
alcuni mesi prima, aveva accettato l’aiuto finanziario della famiglia D’Innocenzo,
padre e figlio, i quali avevano guadagnato una certa notorietà nel panorama
sportivo delle gare di rally automobilistici, in particolare nel Centro e nel Sud Italia.
Le indagini hanno fatto emergere che la contabilità delle
società acquisite veniva gestita quasi completamente
“al nero”. L’evasione fiscale - la
guardia di finanza ha accertato un evasione per 20 milioni
di euro - era basata sulla costituzione di società “cartiere", istituite
quasi solo per emettere fatture false a beneficio di aziende del settore
tessile, le quali, a loro volta, le contabilizzavano generando così falsi
crediti di imposta impiegati poi per il pagamento dei tributi attraverso
l’istituto della compensazione.
Le società erano intestate a prestanomi
e che per questo compito percepivano dagli 800 ai 1.500 euro al
mese. Il gruppo criminale, insediatosi in Toscana nella metà degli anni ‘80,
era capeggiato da Benedetto D’Innocenzo e dal figlio Diocrate, originari di Caserta, entrambi con domicilio a Quarrata (Prato) e finiti in manette. Tutte accuse che la
difesa contesta in toto e che ora sembra avere anche
il supporto del Tribunale del riesame che ha scarcerato Benedetto D’Innocenzo, Marciello e Brocco.