RALLY E CAMORRA - Fino a Firenze racket e riciclaggio: 6
arresti, 38 indagati, nel mirino della Dda toscana
una famiglia di Caserta. Sequestrati beni per 9
milioni
Caserta Centro, 14 dicembre 2011
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Erano originari di Caserta, abbastanza noti nel settore
delle gare automobilistiche per rally e legati alla camorra alcuni dei
destinatari di sette misure cautelari finiti nel
mirino della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze per estorsione e
riciclaggio. Sette misure cautelari, di cui quattro ordinanze
di custodia in carcere, due ai domiciliari e un obbligo di dimora, più altre 31
persone denunciate.
E' il bilancio di un'operazione, condotta dalla Squadra
Mobile di Firenze a conclusione delle indagini dirette dalla Dda del capoluogo toscano, che interrompe l'attività di un
gruppo criminale capeggiato da persone legate a clan camorristici
infiltratisi in Toscana. Sequestrati beni per oltre 9 milioni di euro.
Alcuni dei reati contestati sono, a vario titolo, estorsione aggravata dal
metodo mafioso, tentata corruzione e riciclaggio, ma anche reati societari
compiuti attraverso il sistematico uso della forza e della intimidazione.
I destinatari delle misure restrittive, emesse dal gip
di Firenze su disposizione del pm Pietro Suchan, sono risultati tutti legati ai
clan Ligato, Russo e Bardellino.
L'organizzazione criminale era 'specializzata'
principalmente nell'acquisizione di aziende in crisi:
dopo l'offerta iniziale di sostegni economici, il gruppo ne assorbiva
completamente la gestione anche attraverso violenze e minacce, poi ne
'cannibalizzava' gestione, patrimonio e contabilità.
E' quanto accaduto ad un imprenditore di Castelfiorentino (Firenze) che nell'ottobre del 2009 denunciò alla polizia un colpo d'arma da fuoco esploso sulla
portiera della sua auto. Grazie alla sua denuncia iniziarono le indagini.
Durante la deposizione emerse che l'uomo d'affari alcuni mesi prima aveva
accettato l'aiuto finanziario della famiglia D'Innocenzo, padre e figlio, i
quali avevano guadagnato una certa notorietà nel panorama sportivo delle gare
di rally automobilistici, in particolare nel Centro e nel Sud d'Italia.
Le indagini hanno fatto emergere che la contabilità delle
società acquisite veniva gestita quasi completamente
'al nero'. L'evasione fiscale -
Le società erano intestate a prestanome che per questo
compito percepivano dagli 800 ai 1.500 euro al mese.
Il gruppo criminale, insediatosi in Toscana nella metà degli anni '80, era
capeggiato da Benedetto D'Innocenzo e dal figlio Diocrate D'Innocenzo, originari di Caserta, entrambi con
domicilio a Quarrata (Prato) e finiti in manette.
In carcere anche Giuseppe Laurenza e Alfonso Di Penta,
ritenuti dagli inquirenti gli esecutori materiali delle estorsioni. Ai domiciliari Leonilde Marciello,
moglie di Diocrate D'Innocenzo, e Francesco Brocco.
Quest'ultimo, un ragioniere residente a Formia (Latina), definito dagli inquirenti “il regista
della società”, amministrava i capitali e stabiliva quali
prestanome piazzare nelle società acquisite. Una volta assorbite, le
società venivano gestite mediante l'uso sistematico
dell'intimidazione e della violenza: tra gli episodi accertati dagli
inquirenti, ci sono anche minacce ai dipendenti delle aziende rilevate dal
gruppo e minacce a un sindacalista della Cgil pratese: l'uomo ha subito numerose minacce verbali; in due
occasioni gli esponenti del sodalizio criminale avrebbero tentato di
organizzare un pestaggio, sventato, in entrambi casi, grazie all'intervento
della polizia.