Caserta24ore, 13 novembre 2011
Paolo Mesolella
Per Pompei arrivano 105 milioni di euro
(da Bruxelles), per l’area archeologica di Cales non
arriva nulla. Per Pompei i soldi non bastano mai, per l’antica Cales nessuno chiede nulla e nessuno dà nulla, né si
lamenta dello stato, di assoluto degrado, in cui si
trova l’area archeologica.
Ci ha pensato Franco Arminio, con il suo libro “Terracarne”, edito da Mondatori, a porre l’attenzione sul
problema che, per la verità, avrebbe bisogno di maggior interesse ed
attenzione, soprattutto a Calvi. Franco Arminio è un acuto corrispondente che
ha girato in lungo ed in largo l’Italia, facendo le sue giuste considerazioni
su quel che vede. E’ stato per esempio anche a Teano, rimanendo affascinato del
suo museo archeologico. Noi abbiamo cercato il suo libro, per vedere cosa
pensava di Calvi e della sua area archeologica.
“Una discarica. Ho visto quasi per caso, seminascosta
dalla vegetazione, l’insegna “Antica Cales”. Cales, si sa, era famosa per il vino e per le ceramiche. Mi
chiedo: in cambio di cosa i cittadini di Calvi Risorta, hanno barattato tutto
questo? Decido di seguire l’insegna che indica la zona archeologica. La
segnaletica mi porta lungo una stradina dissestata e piena di rifiuti, con una
selva di rovi che ne evidenzia il totale disuso. Quasi
non credo ai cartelli, leggo di un ponte etrusco, di terme, di un teatro,
insomma secoli di storia che giacciono in mezzo a
immondizia, copertoni e punti di appoggio per prostitute nigeriane. Dopo aver
attraversato questo ennesimo scempio, questa offesa
perpetrata a una terra che doveva essere stupenda, arrivo al Teatro romano. E’
circondato da un’altissima cancellata. Il cancello è chiuso e un cartello della
Sovrintendenza Archeologica recita che “l’ingresso è interdetto alle persone non
autorizzate” però, poco più avanti la recinzione è
assente e si può entrare. Questo luogo è una sorte di discarica archeologica.
La campagna è semiabbandonata, con una quantità
enorme di frammenti di oggetti antichi. Qui i tombaroli dettano legge da sempre, frugano la terra e la
derubano senza che nessuno faccia niente per fermarli. Per arrivare fin qui ho
graffiato la carrozzeria della macchina e ho bucato la carta velina che avvolge
i miei nervi. Decido di affidarmi alla rete per vedere se, da qualche parte,
qualcuno ha denunciato tutto lo scempio che ho visto, invece trovo siti dai
toni trionfalistici, che citano questi luoghi come se effettivamente fossero
visitabili, mentre io ho avuto la sensazione di vedere dei grandi e
meravigliosi elefanti morenti, lasciati lì ad agonizzare”.
Franco Arminio “Terracarne”
Mondatori 2011.