Seminario
Apostolico del 700: La vegetazione penetra nel pavimento e nei muri
Caserta24ore, 05 giugno 2011
Paolo Mesolella
Sono ritornati i cinque giovani architetti napoletani per concludere i rilievi sul seminario apostolico caleno del
Settecento. Ieri mattina Roberta De Risi di Napoli, Salvatore Polverino di
Marano, Serpe Aniello e Maria Rita Cosmo di Torre del Greco e Roberto Biele di Benevento, sono venuti di primo mattino a Calvi ed
hanno trascorso l’intera giornata a lavoro per realizzare i rilievi cartacei e
fotografici del vecchio Seminario Apostolico in vista di una prossima pubblicazione,
curata dal laboratorio di restauro della Facoltà di Architettura
dell’Università “Federico II” di Napoli.
Il gruppo di studiosi, guidato
dall’architetto Polverino, grazie alla disponibilità del parroco don Antonio
Santillo che ha aperto il monumento (normalmente chiuso) e del preside Paolo
Mesolella dell’Archeoclub Cales che li ha guidati sul
posto, hanno potuto realizzare la seconda parte del rilievo e fotografare la
struttura che solo in parte è stata restaurata.
“Lo scopo – ha detto l’arch. Polverino – è quello di
realizzare un progetto di restauro del monumento, in
vista di una prossima pubblicazione curata dall’Università di Napoli e dedicata
proprio al seminario caleno”.
Eretto nel 700 dal Vescovo di Calvi mons. Filippo Postano,
è stato inaugurato dallo stesso papa Benedetto XIII il 16 maggio 1727 mentre
ritornava da Benevento a Roma. Per questo fu chiamato Apostolico e fu insignito
di un altare privilegiato in perpetuo (del quale, purtroppo, non è rimasta
alcuna traccia).
In una lapide, anche questa asportata, c’era scritto: ”Una
volta alla settimana il medesimo Filippo (Positano) lo provvide di annue rendite e pago nei suoi
voti, compì a perfezione i suoi doveri. Il Capitolo di Calvi
a così insigne presule e tanto ricco di meriti per gli innumerevoli benefici
verso la chiesa, questo monumento pose. Anno dell’Era cristiana 1727”.
L’arrivo dei tecnici è stata una buona occasione
per rivedere lo stato di degrado in cui si trova oggi la struttura, invasa
dalla folta vegetazione e piena di buche, frane e muri rotti che la rendono
inaccessibile. La vegetazione, in particolare, assedia tutti
e due i cortili interni.
“La folta vegetazione – ha spiegato l’architetto Roberta
De Risi – è la prima cosa che dovrebbe essere tolta. Si vedono infatti alberi di fichi che hanno avuto decenni di tempo
per crescere e penetrare nella struttura al punto che la forza dei tronchi e
delle radici rappresenta un forte danno per la stessa stabilità del monumento: le
radici infatti hanno rotto il pavimento al piano terra mentre i tronchi degli
alberi hanno bucato e fatto crollare alcuni muri interni ai due cortili”.