LA TOMBA
DI SAN CASTO E’ ANCORA NELL’IMMONDIZIA
Caserta24ore, 18 maggio 2011
Paolo Mesolella
A proposito della festa patronale che si celebra in questi
giorni a Calvi, vorrei fare alcune considerazioni. San Casto è morto (o meglio
fu martirizzato) nella notte del 1 luglio del 66 d.C.;
San Paolo nel 67, San Pietro nel 65. Praticamente
nello stesso periodo di tempo. Tutti e tre risalgono agli albori del
Cristianesimo. Anzi San Casto, secondo la tradizione, è un
discepolo di San Pietro che di passaggio alla volta di Roma lo avrebbe lasciato
come Vescovo della comunità cristiana calena.
Qui a Calvi fu sepolto nel 66 d. C. in
un luogo dove nel 307 d. C. il Vescovo Calepodio,
eresse il primo altare sulla sua tomba e dove nel corso dello stesso secolo venne costruita la Basilica di San Casto Vecchio della quale
oggi non restano che i ruderi nascosti dai rovi e dell’immondizia a pochi metri
del ponte dell’autostrada.
Quindi, a ben pensarci, le tombe di
questi tre grandi santi hanno avuto un destino ben diverso: sulla tomba di San
Pietro è stata costruita la basilica di San Pietro, sulla tomba di San Paolo,
la cattedrale di San Paolo fuori le Mura, sulla tomba del povero San Casto, una
basilica che col tempo è stata distrutta e sul luogo dov’era la sua tomba,
restano pochi ruderi tra la folta vegetazione e l’immondizia.
Di qui l’appello dell’Archeoclub Caleno, in questi giorni di festa patronale, al
parroco della Cattedrale Don Antonio Santillo e al Vescovo di Teano Calvi
affinché si possa fare qualcosa per la cattedrale di San Casto Vecchio dove si
trova la sua tomba scoperta da Jannosky agli inizi
degli anni 80.
Le origini della basilica di San Casto Vecchio, infatti, risalgono al IV secolo. Essa quasi certamente sorge
su una fabbrica ancora più antica: quella di una palestra romana. Nel
tardo impero, il recinto divenne area di sepoltura, e verso la fine del IV sec., nella parte sud-ovest, ospitò la primitiva
basilica di San Casto Vecchio.
Questa all’inizio fu ad una sola navata, a croce commessa,
monoabsidata, con muratura in “opera listata” e con
arco trionfale in “opera laterizia”. Era lunga 29 metri e larga al transetto
19; 10 metri all’interno del corpo e circa 11 alla fronte esterna. Il tempio,
costruito in solo tufo, fu trasformato in chiesa a tre navate di diseguale
grandezza, negli ultimi decenni del secolo VIII e i primi del
IX.. La muratura fu giustapposta a quell’antica.
La basilica, così trasformata, dovette essere distrutta con il saccheggio di
Calvi negli anni 880-882. Autori del saccheggio furono i Saraceni di Attanasio di Napoli, alleati del famigerato principe
longobardo Pandolfo di Capua. Poi fu edificato un terzo tempio che fu anch’esso
distrutto. Dopo il mille abbiamo il quarto tempio costruito,
almeno in parte sulla linea del precedente.
In questo tempio si trovava l’antica “sedia vescovile” con
immagini scolpite e con l’iscrizione di San Casto vescovo e martire. Questa
sedia, descritta dal Cerbone, è diversa da quella che
attualmente osserviamo nella cattedrale romanica che
non reca immagini né iscrizioni del santo patrono. Ma di essa
ignoriamo la sorte. Nell’anno 1685 sappiamo che la basilica di San Casto
Vecchio, non è più adatta al culto, per cui entro il
1722 venne abbandonata. Poi negli ultimi anni i coloni dei campi vicini
saccheggiarono il materiale del tempio per costruire le loro masserie.
Nel 1960, poi, durante i lavori per l’attraversamento
dell’autostrada del sole, il tempio è stato coperto da un gigantesco ponte. Johannowskj nella relazione sugli scavi effettuati rileva:”Nella parte nord dell’edificio, sono stati rinvenuti gli
avanzi di una camera sepolcrale absidata con
strutture in laterizio. Nell’abside, sotto il pavimento, vi erano quattro
sarcofagi con copertura a due spioventi, di cui uno
figurato in marmo bluastro, databile fra il 260 ed il 280 d.C. (molto
probabilmente di San Casto)”. Ci vorrebbe forse un miracolo di San Casto per
liberarlo dall’immondizia.