CROLLI
NELL'AREA ARCHEOLOGICA DELL'ANTICA CITTÀ DI CALES
Demetratv, 14 maggio 2011
Antonella Tomeo
Cede parte della cinta muraria in opera reticolata facente
parte dell'imponente impianto difensivo.
Nel mese di marzo di quest’anno,
a seguito di incessanti e abbondanti piogge, è stato
inferto un altro duro colpo al patrimonio storico-archeologico
della città antica.
In Località S. Casto Vecchio si è verificato il crollo di un tratto della cinta
muraria che circondava il perimetro della città antica. La porzione del
circuito murario ha subito dei danni a seguito del cedimento del costone
tufaceo. L’episodio verificatosi ha determinato anche il parziale
sconvolgimento di una probabile area di necropoli, ora in vista, in
corrispondenza dei piloni del ponte dell’autostrada.
La muratura crollata fa parte dell’imponente impianto difensivo di Cales, che,
sebbene mai indagato in maniera sistematica, documenta le diverse fasi di vita
di questo centro, a partire dal V secolo a.C. In assenza di esplorazioni
archeologiche l’elemento discriminante nella definizione cronologica è
costituito dalle diverse tecniche costruttive, dall’opera pseudo
poligonale del periodo ausone, all’opera quadrata
delle prime fasi di vita della colonia romana, impiantata nella seconda metà
del IV sec. a.C., ai rifacimenti in opera reticolata
che si datano con ogni probabilità al I secolo a.C.,
fino ad arrivare alla fase medievale, quando, in alcuni tratti del settore
settentrionale, sul lato Ovest dell’area attualmente occupata dalla cattedrale,
la cortina antica viene utilizzata come livello di fondazione delle nuove opere
di fortificazione.
Il dato più grave da registrare è che purtroppo il crollo avvenuto non
rappresenta un’emergenza isolata, ma rientra in un più ampio quadro di dissesto
che interessa diverse aree archeologiche ricadenti nel Comune di Calvi Risorta e che ha già in parte compromesso l’assetto
statico di diversi monumenti.
Per quanto riguarda il circuito murario un altro tratto fortemente a rischio è ubicato a sud del ponte della S.S. Casilina, a est
dell’anfiteatro; la struttura, in opera reticolata, si sviluppa per l’intera
altezza della tagliata tufacea, risulta erosa nella parte inferiore, dove è
visibile il nucleo in opera cementizia, e ha
subito anch’essa il crollo di un’estesa porzione di muratura. Sul versante
orientale della città antica, in prossimità del Ponte delle Monache, sulla via
vicinale Fornilli, si registra la presenza di
strutture murarie, di notevoli dimensioni, in opera reticolata, le cui
pareti risultano già in fase di ribaltamento
sulla strada sottostante.
Un’altra importante testimonianza archeologica fortemente a rischio è
rappresentata dal Ponte delle Monache, mirabile esempio di “ingegneria
naturalistica” che testimonia la notevole capacità di pianificazione e di
governo del territorio, espressa dai romani con la realizzazione di opere di grande impegno. Questo apprestamento aveva
la funzione di viadotto su un banco tufaceo, attraversato da un cunicolo, in
cui erano state convogliate le acque del Rio Pezzasecca.
Con ogni probabilità rispondeva anche ad esigenze difensive, come
è dimostrato dalla configurazione data al banco di tufo sui due versanti
del rivolo e ai lati della strada all’interno della città.
Alcuni lavori stradali, realizzati negli anni ‘80 del
secolo scorso, sottoposero il ponte ad una maggiore sollecitazione di transito.
Il progressivo abbandono dell’uso agricolo dei fondi circostanti ha contribuito
ad accelerare lo stato di degrado delle scarpate delimitanti il corso del
“Rivolo di Pezzasecca”. Da circa un decennio la strada è stata chiusa al traffico per le gravi
condizioni statiche in cui riversa la struttura. La presenza nei pressi del
ponte di un notevole accumulo di rifiuti speciali, in
particolare copertoni per auto e carcasse di elettrodomestici, aggrava
notevolmente il pericolo dell’intasamento irreversibile del cunicolo che
attraversa il banco tufaceo. A ciò va aggiunto il progredire di fenomeni
erosivi con conseguente crollo degli argini laterali.
Anche all’interno del perimetro urbano della città antica non mancano casi di aree archeologiche fortemente compromesse.
In corrispondenza di Via Forma, in prossimità di una zona in cui i due
principali tracciati viari della città (cardo maximus
e decumanus maximus) si incrociavano, si registra la presenza di strutture
disposte su due livelli di terrazzamento, probabilmente botteghe prossime
all’area del Foro (tabernae). Cospicui resti
monumentali, costituiti da fondazioni in opera cementizia,
setti murari in opera reticolata di tufo e porzioni di volte in opera cementizia, elementi intonacati e, in alcuni casi,
affrescati, sono stati già in passato oggetto di crolli sulla sottostante sede
stradale di via Forma. Parte delle strutture murarie
ancora in situ, ad oltre 15 metri di quota
dalla sede stradale risultano in grave dissesto ed in
imminente pericolo di crollo.
Piuttosto compromesso è anche lo stato l’edificio termale in Loc. San Leo, tra la S.S. Casilina a nord e la strada
vicinale Madonna delle Grazie a ovest. Il complesso impianto architettonico si sviluppa su tre piani e
conserva una parete di considerevole altezza lungo il ciglio del pianoro, a
margine della strada vicinale, con tracce di finestroni
ad arco ribassato. Il dislivello esistente tra la sommità del setto murario e
la carreggiata stradale sottoposta supera i 15 metri. Le strutture
fondali confinanti con la strada risultano fuori
terra, con fenomeni evidenti di rilascio localizzato dei terreni che
costituiscono la base di appoggio delle fondazioni. Annualmente si verificano piccoli crolli di porzioni della parete che
vanno ad ostruire parzialmente il transito della carreggiata stradale
profondamente incassata.
Le condizioni dell’ apparato fondale e la posizione
del setto murario contenente un terrapieno di oltre 10 metri di altezza
determinano una preoccupante situazione di crollo dell’intera struttura. Nel
complesso, dunque, lo “stato di salute” di diversi monumenti archeologici della
città antica è piuttosto preoccupante; le cause del degrado vanno ricercate non
solo nel naturale e progressivo invecchiamento delle strutture che richiederebbe
una costante manutenzione, ma anche nella situazione di incuria in cui
versa l’area. In diversi casi le strade e le scarpate lungo i costoni
tufacei sono diventate delle vere e proprie discariche di rifiuti urbani
e, soprattutto, di rifiuti speciali. La presenza di grossi accumuli crea
una sorta di paratia al normale deflusso delle acque, causando ristagni idrici.
La mancanza di puntuali interventi conservativi
sulle strutture, uniti allo stato di abbandono
in cui versano gli assi viari, contribuiscono a creare preoccupanti
fenomeni di dissesto. È auspicabile che tutte le istituzioni e gli enti
preposti al governo e alla tutela del territorio affrontino nel più breve
tempo possibile le problematiche relative al dissesto
e al degrado di queste aree.
È necessaria, a tale scopo, una programmazione di interventi che consenta di risolvere nell’immediato le situazioni più urgenti, che riguardano anche l’incolumità dei cittadini, e che ponga le premesse strutturali per una fruizione consapevole del sito, in grado di favorire lo sfruttamento di una potenziale risorsa economica.