IL SIGNOR “C”
Il Mattino, 29 gennaio 2011
Rosaria Capacchione
Il signor C è uno che conta. Ha gli amici che servono, la
giusta faccia tosta, la competenza professionale
richiesta. Non il pezzo di carta, che quello non è proprio in linea con i
requisiti previsti dal bando, ma una eccellente propensione
alla spregiudicatezza.
È un pragmatico, uno che sa risolvere il problema ogni
volta che si presenta: l’integrazione al verbale del consiglio di amministrazione, che apre la strada ai fratelli Orsi che
cercavano di scontare un credito sopravvalutato, o lo smaltimento del percolato
tal quale, veleno allo stato puro finito direttamente
in mare.
Il signor C si chiama Claudio De Biasio,
ha 47 anni e una laurea in architettura. In teoria non avrebbe mai
potuto occuparsi di rifiuti, soprattutto nella veste di sub commissario. E infatti per il suo posto era prevista la figura
professionale di ingegnere. In pratica, ha messo a disposizione della pubblica
amministrazione le conoscenze acquisite in tre giorni di aggiornamento
professionale veloce. E il suo pacchetto di amicizie,
ovviamente. È per lui il giudizio più severo riservato dai giudici napoletani
ai trentotto indagati nell’ultima inchiesta sui rifiuti.
Bruno D’Urso, Francesco Chiaromone e Luigi Giordano lo definiscono
«personalità criminale allarmante». Valutazione ricavata dall’esame del suo
lungo curriculum giudiziario, nel quale emerge la «spiccata propensione a strumentalizzare indebitamente gli uffici pubblici da lui
via via ricoperti».
Perché lui, il signor C, nonostante gli
incidenti di percorso, è riuscito per anni a conservare la fiducia di
commissari all’emergenza rifiuti, di ministri dell’ambiente, di politici,
passando in maniera trasversale dall’una all’altra gestione. Fino a ieri mattina, per esempio, è stato il commissario
liquidatore presso il commissariato acque della Regione Campania.
Ma è stato anche il direttore
generale del Consorzio di bacino Ce4 - quello dei fratelli Orsi e di Peppino
Valente, tanto per capirci - e poi subcommissario di
Guido Bertolaso, consulente del dipartimento della
protezione civile in Puglia, addetto all’organizzazione del vertice del G8 alla
Maddalena. Tra l’uno e l’altro incarico, il coinvolgimento
diretto nelle inchieste sulla gestione del Ce 4 (la prima delle quali finita
con l’assoluzione, pur nel riconoscimento da parte del giudice dei fatti
addebitati), nel processo Bassolino-Impregilo, in
quello sui collaudi dei Cdr.
Aggiungono i tre giudici napoletani valutandone la
pericolosità sociale: «Sconcerta che un personaggio così colpito da iniziative
giudiziarie riesca ancora a trovare credito nella
Pubblica Amministrazione e peraltro con copertura di incarichi fiduciari, e non
certo per concorso pubblico, oltre che per incarichi assolutamente rilevanti
quanto a funzione espletata».
De Biasio arriva ai vertici amministrativi del Consorzio
Ce4 su segnalazione del sindaco del suo paese, Calvi Risorta.
In tempi successivi, Raffaele Chianese,
che è stato il segretario particolare dell’ex ministro
delle Comunicazioni Mario Landolfi, la rivendica come
suo merito. Diventa subito un elemento preziosissimo, ben collegato agli
ambienti della prefettura di Caserta e agli uffici giudiziari sammaritani.
Quando, nel 2004, Corrado Catenacci deve
costituire il suo staff al commissariato di governo, se lo ritrova al fianco. Gli era stato segnalato nel corso di un pranzo a Bacoli - raccontò poi nel corso di un interrogatorio - da
persone affidabilissime che garantivano sulla sua competenza professionale
nonostante il titolo di studi non conforme ai requisiti richiesti.
In quei giorni Michele Orsi, responsabile della società Ecoquattro strettamente collegata al consorzio Ce4, in una
telefonata lo definiva «persona nostra». E assieme furono arrestati, agli inizi del 2007, a causa
delle frequentazioni camorristiche dei fratelli
Sergio e Michele Orsi (ucciso da Giuseppe Setola l’anno successivo) e
dell’allegra gestione dei libri contabili del Consorzio. Appena
un mese prima l’architetto era diventato subcommissario
di Guido Bertolaso. Su segnalazione di chi?
Il commissario scaricò tutto sul ministro dell’Ambiente,
che all’epoca era Alfonso Pecoraro Scanio. Il quale disse di aver fatto solo
il passacarte per conto di altri. Quella nomina fa parte degli argomenti contenuti nel verbale della
commissione antimafia del 24 aprile 2007 ancora coperto dal segreto.