Archeologia:
5 arrestati e 51 indagati nel Casertano
Il Giornale, 22 gennaio 2011
Sgominata un'organizzazione di tombaroli
e recuperati reperti per un valore di un milione di euro fra i quali due
crateri a campana e 73 monete antiche. La banda operava in Campania
e nella Tuscia.
È di cinque arresti, sette misure cautelari personali
(divieto di dimora o obbligo di firma) e 51 indagati
il bilancio dell'operazione dei carabinieri Patrimonio culturale che ha portato
a smantellare una banda di tombaroli di Casal di Principe attiva nell'area
dell'alta Campania (Caserta e Benevento) ma anche fra
Roma e Viterbo. E forse collusa con la criminalità organizzata, visto che
alcuni degli indagati sono stati già coinvolti in altre indagini per
associazione camorristica e favoreggiamento della
latitanza di esponenti del clan dei casalesi.
L'inchiesta, coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua
Vetere, ha recupero di 633 reperti archeologici, per un valore di circa un
milione di euro ed è partita nel 2009 in seguito alla
scoperta di trafugamenti a Riardo, Teano, Calvi Risorta, Sant'Agata
dei Goti e Montesarchio.
Decisivo è stato però il ritrovamento di un cappello, perso da un tombarolo in uno scavo clandestino nel Sannio.
Dopo aver trovato il proprietario, i carabinieri sono riusciti a risalire ai
suoi complici e a ricostruire tutto l'organigramma della struttura criminale:
gli «scavatori», i fiancheggiatori (tra cui diversi incensurati), cui spettava
occultare i reperti in attesa della vendita, gli
artigiani (soprattutto pugliesi) addetti alla produzione di reperti falsi, da
rivendere mescolati a quelli autentici, fino ai procacciatori e ai ricettatori,
capaci di piazzare i pezzi più importanti anche all'estero.
I tombaroli, divisi generalmente in squadre da tre o
quattro unità, si davano appuntamento in un bar di Casal di Principe, dove
pianificavano gli obiettivi da «visitare» all'imbrunire, attrezzati di tutto
punto: pale, picconi, lampade collegate a batterie d'auto e spilloni per
controllare l'eventuale presenza di oggetti o cavità nel terreno, tali da
indicare la presenza di reperti o tombe. Il giorno dopo, le aree trafugate si
presentavano agli occhi degli investigatori e dei funzionari della
Soprintendenza come un campo di battaglia.
Una vera e propria groviera, con
le buche scavate e parzialmente ricoperte, a volte lasciate perfino del tutto
aperte, con tutti i rischi connessi per i proprietari dei terreni e gli animali da
pascolo, senza contare i danni provocati alle coltivazioni.
Fra il materiale recuperato nel corso delle perquisizioni,
crateri a calice e a volute, skyphos, kylix, gorgoni, satiri e protomi
femminili. E ancora, 1.050 frammenti, 31 reperti
falsi, 73 monete antiche, cinque metal detector e 18 spilloni. Circa un
milione di euro il valore complessivo. Le consulenze tecniche
sui beni sequestrati hanno evidenziato la grande
rilevanza archeologica di molti dei reperti recuperati, sia per le qualità
artistiche che per le unicità delle decorazioni e la raffinatezza dei materiali
impiegati.
Tra queste, una oinochoe a figure nere del VII secolo a.C. e una a figure
rosse del IV secolo a.C., con una particolare
rappresentazione di un demone alato, attribuito al pittore di Napoli, e due
crateri a campana a figure rosse, riconducibili, rispettivamente, al pittore di
Dinos (420-450 a. C.) e al
pittore di Caivano (340-330 a.
C.)