Corriere del Mezzogiorno, 02 novembre 2010
Antonio Cangiano
«Quello che qui in teatro io ho approvato con i miei applausi, non c'è
sovrano che possa distruggerlo» diceva il commediografo latino Cneo Nevio, nato a Cales nel 270 a.C., autore del de Bellum Poenicium e di famose fabuele
Atellane. A distruggere le strutture protettive dell'antico teatro caleno ci
hanno pensato, invece, moderni malviventi facendo sparire l'intera grata di
ferro che circondava l'antico teatro. Il furto, ultimo in ordine di tempo, ha
lasciato incustodita l'area.
ABBANDONO E
SACCHEGGIO - La recinzione in ferro e calcestruzzo, realizzata otto anni fa, è solo
l'ultimo scempio operato nell'area archeologica dell'antica Cales. «Abbandono e
saccheggio sono all'ordine del giorno - spiega un
testimone che vuole restare anonimo - L'area del Teatro e il piano
dell'orchestra è invaso dalla malerba; rovi, erbacce e robuste spine hanno
aggredito l'intero sito archeologico. Prima di riportare completamente alla
luce la struttura del teatro, qui vi era una piantagione di pesche, e laddove
il campo è libero dalle gramigna è perché ci pascolano
le pecore» commenta amareggiato l'uomo. Infine aggiunge: «L'area è
completamente abbandonata a se stessa e vittima di continui saccheggi. Il sito
di Cales fa particolarmente gola ai tombaroli;
sottoterra ci sono tesori d'inestimabile valore pari a quelli ritrovati a
Pompei ed Ercolano».
ALLARME TOMBAROLI -
«Abitualmente vengono giù dal ponte dell'A1 dove vi è un'antica necropoli del I secolo d.C.» riferisce il nostro interlocutore circa
l'increscioso problema delle incursioni dei tombaroli. L'area a ridosso
dell'autostrada Milano-Napoli, che taglia
letteralmente in due il sito archeologico, è vulnerabile come del resto
l'intero comprensorio. Per ironia della sorte, spiega l'uomo «gli unici a
scavare a Cales, e a riportare alla luce gli antichi reperti, sono i tombaroli affiliati ai potenti clan camorristici
del luogo. Agiscono di notte, e dopo aver effettuato
lo scavo utilizzando la pala, in passato anche attrezzi meccanici, prendono
solo ciò che sanno di poter rivendere, sconvolgendo il sito circa i possibili
rilievi stratigrafici». I furti sono solitamente commissionati perché «chi
scava materialmente il fosso non è particolarmente colto in oggetti d'arte; ma
i mandanti quelli sì»
ANFORE E
VASELLAME PER IL «TIRO AL BERSAGLIO»
- «Il terreno abbonda di reperti» sottolinea ancora
l'uomo che continua: «Nelle aree soggette a vincolo archeologico è consentita l'aratura
fino ad una profondità di circa 20 cm, ma qui c'è tanto di quel materiale che
il trattore purtroppo macina assieme alle zolle di terreno anche i resti di antiche ceramiche». Poi racconta: «Fino agli anni '40 i
proprietari dei terreni si divertivano a lanciare anfore e vasellame rinvenuti
durante l'aratura, solo per ascoltare il caratteristico suono che facevano
quando s'infrangevano; giocavano insomma al "tiro al bersaglio"».
LA "POMPEI"
DI DOMANI - L'area archeologica,
stimata in circa 60 ettari, risulta riportata alla
luce solo per il 5%. Il teatro, le antiche terme e l'anfiteatro sono gli unici resti
«visibili»; ancora sconosciuta rimane l'impostazione del reticolo stradale
urbano come le vie di accesso extraurbane. Non è stata
localizzata l'area del foro e gli edifici di natura politica annessi; e neppure
una sola villa gentilizia è stata riportate alla luce,
sebbene l'area ne sia piena. Insomma l'antica Cales, seconda per dimensioni
solo all'attuale Pompei, rimane un tesoro tutto da scoprire; ammesso che la
camorra ci faccia trovare ancora qualcosa.
FIORENTE
COLONIA ROMANA - Già capitale degli Ausoni, Cales fu ridotta a colonia romana nel 336 a.C. Centro economicamente fiorente divenne famosa per la
produzione del vino. Celebre nell'antichità quello
caleno e la produzione di preziose ceramiche, realizzate secondo una
particolare tecnica in modo da sembrare stoviglie di bronzo, esportate in tutto
il mondo. Resti di terrecotte calene sono state
ritrovate anche in Spagna.