Se vi è capitato di trovarvi all’estero con uno smartphone e cercare di collegarvi a
internet in una piazza o in un parco, vi siete probabilmente resi conto del
gran numero di reti wireless libere, cioè utilizzabili
senza che sia necessario conoscere e inserire alcuna password. Allo stesso
modo, avrete notato la quantità di bar, ristoranti e caffetterie che rende
disponibile gratuitamente la connessione a internet ai
propri clienti. Se la stessa cosa non succede in Italia, è a causa di un
cavillo contenuto in una norma anti terrorismo approvata ormai cinque anni fa.
Nel 2005, all’indomani degli attentati terroristici a Londra, il parlamento
italiano approvò il cosiddetto decreto Pisanu:
una serie di norme che avrebbero dovuto permettere alle forze dell’ordine di
prevenire e individuare eventuali minacce all’Italia. Una di queste norme
stabilisce che qualsiasi soggetto fornisce al pubblico un accesso a internet (una biblioteca, un internet point,
un bar ma anche un privato cittadino) è obbligato a registrarsi in questura
come fornitore del servizio e richiedere un documento di riconoscimento a ogni
utente che accede alla rete. In sintesi: in Italia chiunque lascia una rete
wireless aperta dovrebbe registrarsi in questura e
richiedere un documento a chiunque accede a quella
rete. La norma ha di fatto ucciso la diffusione delle connessioni wireless in Italia, sia dal punto di vista dell’offerta
del servizio che da quello della sua domanda. Alle
imprese non restavano che due strade: la prima, quella percorsa per esempio da McDonald’s, era offrire la connessione wireless
ai propri clienti previa una lunga e articolata procedura di registrazione; la
seconda, quella percorsa da privati e piccole attività commerciali, era
lasciare la connessione aperta e confidare nella scarsa frequenza dei
controlli.
La storia però è più lunga di così. Secondo il decreto Pisanu,
infatti, la norma sulle reti wireless sarebbe dovuta
decadere nel 2007. Negli ultimi anni, però, il balzello è finito nel cosiddetto
decreto Milleproroghe – altra
anomalia italiana che meriterebbe un capitolo a sé – ed è stata quindi
rinnovata per tre volte, una volta dal governo Prodi e due volte dal governo
Berlusconi. Oggi, a quasi cinque anni
dall’entrata in vigore della norma, si può certamente stilare un bilancio degli
effetti di una misura severa al punto da non trovare paragoni nemmeno nelle
restrizioni delle libertà personali introdotte dall’amministrazione Bush negli Stati Uniti subito dopo gli attentati
terroristici dell’11 settembre.
L’anno scorso, in corrispondenza della scadenza della
norma, un centinaio di dirigenti d’azienda, giornalisti, blogger,
politici, giuristi e docenti universitari aveva sottoscritto una carta – la
“Carta dei Cento” – che chiedeva appunto di abolire il balzello sulle
reti wireless contenuto nel decreto Pisanu. La proposta non ebbe
successo e la legge restò in vigore. Quest’anno
però sembra che in Parlamento ci siano condizioni diverse e più favorevoli.
Tre deputati hanno presentato infatti una proposta di
legge allo scopo di abolire la norma contenuta nel decreto Pisanu.
I tre sono Linda Lanzillotta di Alleanza per l’Italia, Paolo Gentiloni
del Partito Democratico e Luca Barbareschi di Futuro e Libertà. I
loro gruppi parlamentari sembrano intenzionati a sostenere la proposta di
legge. Anche l’Italia dei Valori e l’UdC hanno dichiarato di essere favorevoli all’abolizione della
norma sulle reti wireless, e sarebbero arrivati
segnali di apertura pure dalla Lega Nord.
Ieri, poi, c’è stata la
presa di posizione dei Club della libertà a favore dell’abolizione.
Insomma, salvo che il ministro degli interni non debba dare parere negativo, sembra
che esistano le condizioni parlamentare per liberare finalmente l’Italia da uno
dei suoi tantissimi inutili balzelli antimoderni. La discussione è
cominciata due giorni fa. Queste le
motivazioni