I «valori non
negoziabili»
Card. Angelo Bagnasco,
22 marzo 2010
Prolusione
al Consiglio Permanente della CEI
… sarà bene che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni
singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale.
L’evento del voto è un fatto qualitativamente importante che in nessun caso
converrà trascurare. In esso si trasferiscono non
poche delle preoccupazioni cui si è fatto riferimento, giacché il voto avviene
sulla base dei programmi sempre più chiaramente dichiarati e assunti dinanzi
all’opinione pubblica, e rispetto ai quali la stessa opinione pubblica si è
abituata ad esercitare un discrimine sempre meno
ingenuo, sottratto agli schematismi ideologici e massmediatici.
C’è una linea ormai consolidata che sinteticamente si articola su
una piattaforma di contenuti che, insieme a Benedetto XVI, chiamiamo
«valori non negoziabili», e che emergono alla luce del Vangelo, ma anche per l’evidenza della ragione e del senso comune.
Essi sono:
Si tratta di un complesso indivisibile di beni, dislocati sulla
frontiera della vita e della solidarietà, che costituisce l’orizzonte stabile
del giudizio e dell’impegno nella società. Quale solidarietà sociale infatti, se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente
la più debole?
… vorrei infine pensare queste parole rivolte a quanti
concretamente operano sulla scena politica….
noi Vescovi ci sentiamo di dover chiedere a tutti,
con umiltà, di uscire dagli incatenamenti prodotti dall’egoismo e dalla ricerca
esasperata del tornaconto e innalzarsi sul piano della politica vera. Questa è
liberazione dalle ristrettezze mentali, dai comportamenti iniqui, dalle
contiguità affaristiche per riconoscere al prossimo tutto ciò di cui egli ha
diritto, e innanzitutto la sua dignità di cittadino.
Bisogna che, al di fuori delle vischiosità già intraviste e della
morbosità per un certo accaparramento personale, si recuperi il senso di quello
che è pubblico, che vuol dire di tutti e di cui nessuno deve approfittare
mancando così alla giustizia e causando grave scandalo dei cittadini comuni, di
chi vive del proprio stipendio o della propria pensione ed è abituato a farseli
bastare, stagione dopo stagione. C’è un impegno che, a questo punto, non può
non riguardare proporzionatamente tutti, politici e cittadini, e che ciascuno
nel proprio ambito è chiamato ad onorare: mettere fine cioè
a quella falsa indulgenza secondo la quale, poiché tutti sembrano rubare,
ciascuno si ritiene autorizzato a sua volta a farlo senza più scrupoli.
Anzitutto non è vero che tutti rubano, ma se per assurdo ciò accadesse, cosa
che non è, non si attenuerebbe in nulla l’imperativo
dell’onestà.
«Si dice – annota il Papa – “ha mentito, è
umano”; “ha rubato, è umano”; ma questo non è il vero essere umano. Umano è essere
generoso, è essere buono, è essere uomo della giustizia […]» (Lectio Divina con i Parroci cit.). Non cerchiamo alibi
preventivi né coperture impossibili: sottrarre qualcosa a ciò che fa parte della
cosa pubblica non è rubare di meno; semmai, se fosse possibile, sarebbe un
rubare di più. A qualunque livello si operi e in qualunque
ambiente.
Per i credenti poi, questo obbligo assurge alla
dignità di comando del Signore, dunque non si può venir meno.
Concludo ricordando un laico cattolico, Vittorio
Bachelet, che giusto trent’anni
or sono – il 12 febbraio 1980 – veniva proditoriamente ma anche illusoriamente ucciso sulla gradinata della sua Università.
Egli diceva: «In questa fase di passaggio, in questa svolta della civiltà alla
quale ha voluto rispondere il Concilio Vaticano II nel cui solco fecondo noi
abbiamo lavorato e ci impegniamo a lavorare, occorre
soprattutto una forza spirituale che testimoni nella povertà dei mezzi umani la
sua fedeltà a Cristo, in una carità aperta e libera verso tutti i fratelli
facendosi trasparente al Suo volto. Però questo –
aggiungeva – non si fa senza dare la propria vita: come ha fatto Padre
Massimiliano Kolbe nel campo di concentramento, ma
come ciascuno di noi può e deve fare ogni giorno perché un fratello, perché i f
ratelli abbiano un poco più di vita » (Vittorio Bachelet, Discorsi 1964-1973, a cura di Mario Casella, Ave
1980, pag. 259).