“TOP CAR 2”
I RESPONSABILI DELLA TRUFFA ALLA SBARRA
Vito
Taffuri, 03 dicembre 2009
Domani
inizia il processo a carico della banda dei presunti truffatori che con un giro
di auto rubate avevano creato un sistema di
riciclaggio in vari paesi, anche all’estero. Il processo inizierà in mattinata presso il tribunale sammaritano. I fatti, sono
quelli dello scorso 17 ottobre 2008, dove con un operazione
denominata “Volturno Top Car 2” finivano nella rete, tesa dal comandante
Massimo Petrosino e il suo Vice Rosario Monaco del Comando Stazione di Calvi
Risorta, tutti i componenti della banda. Le gazzelle erano coordinate dal carabinieri Caleno, che stingevano una morsa d’acciaio
intorno al quartiere che era anche il covo dei due elementi di spicco della
criminalità organizzata collegata al clan dei Casalesi.
Quindi adesso sono ben venticinque i soggetti
implicati nel traffico internazionale su quale Petrosino è Monaco, hanno
indagando per oltre due anni. Gli uomini della Benemerita hanno dovuto
fronteggiare la banda - che secondo gli investigatori agiva con il benestare di affiliati al clan dei casalesi - era capeggiata da un
nomade di origine slava, Bodzivar Adzovic, finanziatore dell'acquisto, da
ricettatori dislocati in più parti del territorio nazionale, di autovetture di
lusso che venivano, poi, reimmesse sul mercato e vendute in Italia, in Spagna,
Germania e Marocco. Nel corso dell'operazione sono stati individuati oltre 40
veicoli circa riciclati dall'organizzazione, dieci dei quali sequestrati dai
carabinieri in Italia e altri quattro sequestrati dalla polizia tedesca su
segnalazione dei militari di Calvi Risorta.
Per portare a termine l’operazione gli inquirenti hanno attivato
intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti e pedinamenti, che hanno
permesso di scoprire un’organizzazione inaspettatamente preparata con sistemi
anche sofisticati per il furto e la ricettazione delle
automobili, che spesso - dopo l’alterazione del numero di telaio - venivano
dotate di nuove targhe e documenti di circolazione rubati sui quali venivano
riportati i dati di veicoli inesistenti, oppure regolarmente circolanti.
Sarebbe anche emerso dalle indagini che le auto, tutte di grossa cilindrata e
di lusso, venivano rubate in Italia sottraendo le
chiavi ai legittimi proprietari con borseggi o rapine. L’organizzazione
lasciava poi le vetture parcheggiate in strada per alcuni giorni per verificare
che non avessero impianti satellitari di localizzazione, per poi rivenderle a
poche migliaia di euro ad altri malviventi che, con la
complicità di italiani insospettabili utilizzati come autisti, esportavano i
veicoli rubati che venivano infine rivenduti al prezzo di mercato nei Paesi
stranieri.
Per questo gli attivissimi carabinieri caleni Petrosino e Monaco (ma si
racconta anche di una supervisione generale del comandante Martone, memoria
storica dei fatti e dei personaggi della provincia di Caserta) hanno
concentrato gli sforzi sull’individuazione della centrale del riciclaggio
mirando al sequestrato macchinari per la
contraffazione di targhe, punzoni per l' alterazione dei numeri di telaio,
stamperie per libretti di circolazione. Ma anche carte di identità
false, permessi di soggiorno, patenti di guida, timbri contraffatti. Le
automobili venivano quindi esportate tramite un
corriere, attraverso un valico terrestre, oppure imbarcandole su navi che raggiungevano
i luoghi previsti. Una volta a destinazione, il corriere consegnava le
automobili a un emissario dell’organizzazione
criminale. Si parla di un giro d’affari che potrebbe sfiorare i 3 milioni di euro in un solo anno di attività.