CONSIGLIO CHOC: ZACCHIA SI DIFENDE CON I DENTI MA IL GRUPPO DI MAGGIORANZA LO SMENTISCE CON I DATI UFFICIALI ALLA MANO

 

Salvatore Minieri, 26 ottobre 2009

 

Se non ci si trovasse nella provincia più disattenta e mediocre del Mezzogiorno, le dichiarazioni della minoranza consiliare a Calvi Risorta avrebbero avuto risonanza mediatica nazionale, tanto e tale è stato l’impatto nel corso della seduta dell’Assise calena di oggi. Un Consiglio comunale dalla durata biblica: iniziato alle 9.30 terminato solo alle ore 18,30. Nel fiume di interventi e rettifiche, si è segnalata la linea politica della minoranza.


Il gruppo di Uniti per Calvi di Giacomo Zacchia e quello di Antonello Bonacci, Rinascita Calena, hanno brillato solo con tante interruzioni che ha bloccato l’inizio dei lavori, facendo slittare la prima trattazione all’ordine del giorno di circa un’ora sulla tabella di marcia. Ma l’opposizione, è ovvio, deve patrocinare anche un’azione di stallo delle attività di maggioranza. Peccato che oltre al persistente intralcio alle operazioni dell’Assise, i due gruppi di minoranza non hanno prodotto altro; eccezion fatta per le dichiarazioni di Giacomo Zacchia e del consigliere di opposizione Ermanno Izzo.


L’ex sindaco di Calvi Risorta, capace di interrompere i lavori 12 volte in soli dieci minuti alzandosi continuamente dagli scranni consiliari, ha poi capitolato davanti alla richiesta di dimissioni caldeggiata dal consigliere di maggioranza, Silver Mele. “Lei – ha detto Mele riferendosi a Zacchia – ha alcuni procedimenti giudiziari a carico in corso, l’ufficio tecnico sotto la sua giunta ha dato appalti a ditte gestite dai cartelli camorristici casalesi e , non ultimo, ha un avviso di garanzia pendente per l’eventuale scandalo autovelox: per questi motivi, le chiedo di dimettersi da questo Consiglio, non fosse altro che per un fatto di immagine e decoro, ma anche per lei che possa serenamente prendendo come esempio il presidente della Regione Lazio, quindi autosospendersi”.


La risposta dell’ex primo cittadino ha lasciato tutti a bocca aperta, tanto per il candore, quanto per l’assoluto scollamento dalla realtà concreta dei fatti. “Le ditte riferibili al cartello Setola avevano il certificato antimafia – ha risposto Zacchia – poi, per quanto riguarda i progressi culturali della città, posso affermare che nessuno come me ha lavorato tanto per il rilancio dell’area archeologica di Cales”. Setola, in realtà, non aveva certificati antimafia, era Massimo Pagano ad esserne in possesso, ma a trattare con l’Ente era sempre però il fratello del superboss Giuseppe Setola (della General Impianti, quindi, solo il titolare di facciata aveva la certificazione antimafia, ma nessuno, nemmeno Setola che pure figurava nell’organigramma, aveva uno straccio di documento che ne attestasse la trasparenza penale).


Sull’antica Cales, poi, Zacchia sembra avere ricordi molto sbiaditi. Proprio in questi giorni, infatti, è stato accertato tecnicamente lo scempio messo a segno ai danni del comprensorio archeologico locale e il saccheggio sistematico di tutti i fondi che dovevano garantire il rilancio dello stesso. Soldi che sono stati letteralmente prosciugati dalle consulenze pagate a “professionisti locali”, come li ha definiti Zacchia, quasi tutti riferibili al suo entourage politico.


Ancor più sorprendente è stata la rimostranza portata in Assise da Ermanno Izzo che, in tema di adesione alla Stazione Unica Appaltante, ha espresso seri dubbi sulla validità della stessa. “La prefettura deve darci garanzie sullo svolgimento delle gare d’appalto – ha detto Izzo tra lo sconcerto dei presenti – altrimenti è inutile aderire alla stazione appaltante”. Secondo l’ex assessore alle finanze, quindi, dovrebbe essere la prefettura a garantire trasparenza ai comuni e non il contrario. Una visione davvero inconsueta. Del resto, solo oggi si parla di stazione unica per gli appalti in prefettura. Durante la passata gestione Zacchia, di trasparenza delle gare d’appalto se ne parlava davvero poco o nulla.