Io: un’emigrante beffata dal sogno del grande Nord

 

La Repubblica, 19 luglio 2009

 

(ste.pa.)

 

Annalisa, maestra, da aprile non riceve più lo stipendio.

 

«Mi chiamo Annalisa Grillo. Sono una di quei settecentomila di cui parla il rapporto Svimez, sono un settecentomillesimo di quel popolo di migranti che negli ultimi dieci anni ha fatto le valige e si è lasciato alle spalle il Sud per trasferirsi al Nord. L’ho fatto perché avevo un sogno: lavorare. Ora sono una giovane insegnante precaria della scuola primaria.


Ho 28 anni, faccio la maestra e ho un contratto annuale che è scaduto da poco. Qualcuno potrebbe pensare che sono precaria sì, ma almeno ho un posto statale e quindi ho lo stipendio garantito. E invece no. Perché nell’ultimo anno il Nord, la terra promessa, ha reso il mio 28 del mese una lotteria: da dicembre lo stipendio ha iniziato ad arrivarmi solo in parte, da aprile non mi arriva più. Sospetto che sia rimasto incastrato in qualche meccanismo burocratico del ministero del Tesoro.


Mi sono trasferita a Torino quattro anni fa per lavorare lasciando la mia famiglia a Calvi Risorta, nel Casertano, e facendo molti sacrifici per riuscire a mantenermi in una grande città. Pago un affitto non indifferente e tutte le spese, per chi come me è solo, diventano spesso molto pesanti da gestire. E sto facendo i salti mortali per continuare a studiare, mi mancano pochi esami per la laurea in giurisprudenza. Ho fatto la prima supplenza nel 2005 e di autunno in autunno sono sempre riuscita a strappare un nuovo contratto. A settembre del 2008 la elementare Coppino, in centro a Torino, mi ha dato un incarico annuale: insegnante di matematica in due classi.


In tre anni, mai un problema con lo stipendio, 1.190 euro mensili: mi pagava direttamente la scuola. Quest’anno però le pratiche sono passate al ministero del Tesoro. Il risultato è questo: stipendio pieno tra settembre e novembre, 500 euro a dicembre, nulla a gennaio e febbraio, 600 euro a marzo, nulla a aprile e maggio, 200 euro a giugno (su 11 giorni lavorativi). Da quando sono iniziati i disguidi sono andata quattro volte alla segreteria della scuola e altre quattro volte all’ufficio del ministero dell’Economia, in via Grandis.


Ogni volta si sono rimbalzati le responsabilità. Secondo il Tesoro mancava il mandato, secondo la scuola era stato spedito. Ho anche sentito il parere di un sindacato, ma nessuno ha saputo dirmi che cosa è accaduto ai miei stipendi. E in attesa, io lavoravo gratis e intanto tiravo la cinghia.


Alla fine mi sono rivolta ad un avvocato, un amico di famiglia perché non avrei potuto permettermi un legale di Torino. Ha inviato una lettera, ma siamo a metà luglio e fino ad ora nulla si è mosso. Sono molto abbattuta, demoralizzata, sfiduciata. La mia salute sta vacillando per lo stress e le preoccupazioni. E mi sento sola. Non sono una "bambocciona", sono andata via da casa appena ho potuto. Ma ringrazio la mia famiglia che ad oggi è stata l’unica a darmi una mano».