Jolanda
Capriglione
Il
Denaro, 11 luglio 2009
Sì, davvero la
verde e fertile piana di Teano è un “luogo ottimo per il vino”, come dice il
titolo di un bel libro curato da due appassionati intenditori (Locus optimus vino, a cura di A. Balasco e T. Conti, MoreetJure, Aversa
2009) che fanno appello per questo prezioso e icastico incipit a Terenzio Varrone (I sec. a. C.) e al suo
celebre libro “De re rustica” (1.25).
Il libro è solo l'ultima (last, but not least)
tappa di un lungo, articolato percorso che ha visto prestigiosi
convegni, simposi, incontri internazionali, tutti accompagnati dalla sacra
bevanda, per la promozione e la conoscenza non solo del vino, ma anche e
soprattutto della storia del vino.
Il vino, infatti, non è una bevanda come le altre, se è vero che da
sempre accompagna miti e riti degli uomini, i momenti della gioia, i momenti
della festa, della malinconia, ma anche i momenti sacri giacché da duemila anni
accompagna la centralità del rito della Santa Messa, secondo uno schema che era
già proprio dei riti pagani.
Non ho bisogno di ricordare qui il famosissimo grido di “liberazione” di Alceo alla morte di Mìrsilo, il
tiranno di Mitilene (VIII sec. a.
C.): “Ora bisogna bere”, diventato formula famosa ancora oggi nella versione
latina: “Nunc est bibendum”.
Tanto dico per sottolineare l'importanza di
questo libro e di questa scelta di Conti e Balasco
che avrebbero potuto limitarsi, come fanno ormai molti, a fare una bella festa
con tanti brindisi, qualche taralluccio e fermarsi. Essi, invece, hanno voluto
lasciar traccia del loro rigoroso impegno che ha visto dal 2003 al 2006 convenire a Teano studiosi di chiara fama e di
poliedrica esperienza culturale da varie Università europee per rincorrere le
tracce archeologiche e quelle simboliche, mediche e storiche che si raccolgono
intorno all'ottimo vino che si produce nell'area di Teano e dintorni.
E' bene dire subito che Teano non è un luogo come gli altri giacché
appartiene alla storia più antica e nobile della Campania Felix:
i “Sidicini aequora”, le feraci
pianure Sidicine ai piedi dell'area vulcanica di Roccamonfina ospitano, appunto, il popolo dei Sidicini che il poeta Virgilio ricorda dell'Eneide insieme ad altri popoli italici che combattevano accanto al re Turno
contro l'invasore, il troiano Enea (lib. VII vv. 727-28). Virgilio era poeta “ufficiale” e, dunque i
suoi versi confermano l'importanza di questa città,
adagiata in preziosa posizione strategica, agli occhi del nuovo potere
imperiale romano.
Una civiltà antichissima che oggi si “ritrova”
nello splendido Museo Archeologico, diretto con cura amorevole da Francesco Sirano, ma si ritrova anche nell'area urbana che ha il suo
cuore prezioso nel centro storico (bello e dimenticato!), ma che si ritrova
anche nella cultura diffusa che si tocca con mano quando ci si imbatte
felicemente in casi come questo dell'Associazione de “i Palazzuoli”
che con un delizioso gioco di parole ha voluto chiamare gli annuali incontri
sul vino “vèrsano a Versano” nel nome, cioè, di un borgo di Teano dove,
appunto, si produce ottimo vino e si produce da sempre: non dimentichiamo che
non lontano da qui è la bella Calvi Risorta, l'antica Cales
che Orazio ricorda perché gli artigiani facevano ottimi torchi. Vicina è anche
l'aristocratica Sessa Aurunca, l'altra grande alleata di Roma che a queste importanti colonie aprì
le sue strade (l'Appia, la via Latina, la Casilina, e poi la Domiziana e la
Flacca sul mare), i suoi porti che favorirono nei
secoli i commerci tanto fiorenti da trasformare queste città in luoghi ricchi
di monumenti, palazzi, teatri di cui restano ampie vestigia che gli archeologi
studiano attentamente e che i politici, le istituzioni dovrebbero valorizzare
al meglio.
Penso al santuario di Iuno Popluna sorto intorno al 490 circa a.
C., ma oggetto di profonde ristrutturazioni nel corso del III sec. a.C., fino ad assumere l'immagine di un sontuoso santuario
ellenistico, con ingressi scenografici arricchiti da fontane.
La ricchezza e la bellezza del sito indussero il geografo Strabone a definire Teano la più grande
città della Campania dopo Capua. A conferma, ricordiamo il bellissimo teatro
già noto allo studioso settecentesco Pacichelli: qui,
sull'altura che domina il teatro, sorgeva un santuario dedicato ad Apollo, ma
il teatro tutto era ricco di statue e fregi.
Questo è il passato che la sapienza e la competenza di grandi
archeologi, da Johannowsky a Stefano De Caro, hanno
saputo trasformare in occasione importante per il presente, se è vero che gli
scavi e il Museo, ottimamente allocato, attirano sempre più turisti e studiosi.
In verità, tutto
il paesaggio qui sa farsi attrazione e già lo sguardo di fronte a tanto verde
splendente ti dice che ciò che qui viene coltivato non può che essere saporoso,
optimum. E lo è, infatti, a cominciare dall'uva, dal vino che, come scrivono i
curatori nella Presentazione, è un'ottima strada per la valorizzazione e la
conoscenza del territorio: dove c'è buon vino, in genere, c'è buon 'tutto'.
(m.poros@tin.it)