La tomba di San Casto (morto
nel 66 d.C) tra l’immondizia
Caserta24ore,
01 aprile 2009
Paolo
Mesolella
San
Casto è morto (o meglio fu martirizzato) nella notte del 1 luglio del 66 d.C., San Paolo nel 67, San Pietro
nel 65. Praticamente sono nello stesso periodo di
tempo. Tutti e tre risalgono agli albori del cristianesimo. Anzi:
San Casto, secondo la tradizione, è un discepolo di san Pietro che di passaggio
alla volta di Roma lo avrebbe lasciato come Vescovo della comunità cristiana Calena.
Qui
a Calvi fu sepolto nel 66 d.C. in un luogo dove nel 307 d. C. il Vescovo di
Calvi Calepodio, eresse il primo altare sulla sua
tomba e dove nel corso dello stesso secolo venne
costruita la Basilica di San Casto Vecchio della quale oggi non restano che i
ruderi nascosti dalle spine e dell’immondizia a pochi metri del ponte
dell’autostrada.
Quindi, a
ben pensarci, le tombe di questi tre grandi santi hanno avuto un destino ben
diverso: sulla tomba di san Pietro è stata costruito la basilica di san Pietro,
sulla tomba di San Paolo, la cattedrale di san Paolo fuori le Mura, sulla tomba
del povero san Casto, una basilica che col tempo è stata distrutta e sul luogo
dov’era la sua tomba, restano i ruderi tra la folta vegetazione e l’immondizia.
Di
qui l’appello dell’Archeoclub Caleno
al parroco della Cattedrale Don Antonio Santillo e al Vescovo di Teano-Calvi affinché, in questo anno
Paolino, si possa fare qualcosa anche per san Casto e la cattedrale di san
Casto Vecchio dove si trova la sua tomba scoperta da Jannosky
agli inizi degli anni 80. Le origini della basilica di San Casto Vecchio,
infatti, risalgono al IV secolo. Essa
quasi certamente sorge su una fabbrica ancora più antica: quella di una
palestra romana. Nel tardo impero, il recinto divenne area di sepoltura,
e verso la fine del IV sec., nella parte sud-ovest,
ospitò la primitiva basilica di San Casto Vecchio.
Questa
all’inizio fu ad una sola navata, a croce commessa, monoabsidata,
con muratura in “opera listata” e con arco trionfale in “opera laterizia”. Era
lunga 29 metri e larga al transetto 19; 10 metri all’interno del corpo e circa
11 alla fronte esterna. Il tempio, costruito in solo tufo, fu trasformato in
chiesa a tre navate di diseguale grandezza, negli ultimi decenni del secolo
VIII e i primi del IX.. La muratura fu giustapposta a quell’antica. La basilica, così trasformata, dovette essere
distrutta con il saccheggio di Calvi negli anni 880-82.
Autori
del saccheggio furono i Saraceni di Attanasio di
Napoli, alleati del famigerato principe longobardo Pandolfo di Capua. Poi fu
edificato un terzo tempio che fu anch’esso distrutto. Dopo il mille abbiamo il quarto tempio costruito, almeno in parte sulla
linea del precedente. In questo tempio si trovava l’antica “sedia vescovile”
con immagini scolpite e con l’iscrizione di San Casto vescovo e martire. Questa
sedia, descritta dal Cerbone, è diversa da quella che
attualmente osserviamo nella cattedrale romanica che
non reca immagini né iscrizioni del santo patrono. Ma di essa
ignoriamo la sorte. Nell’anno 1685 sappiamo che la basilica di San Casto
Vecchio, non è più adatta al culto, per cui entro il
1722 venne abbandonata.
Poi
negli ultimi anni i coloni dei campi vicini saccheggiarono il materiale del
tempio per costruire le loro masserie. Nel 1960, poi, durante i lavori per
l’attraversamento dell’autostrada del sole, il tempio è stato coperto da un
gigantesco ponte.
Johannowskj
nella relazione sugli scavi effettuati rileva: “Nella parte nord dell’edificio,
sono stati rinvenuti gli avanzi di una camera
sepolcrale absidata con strutture in laterizio.
Nell’abside, sotto il pavimento, vi erano quattro sarcofagi con copertura a due
spioventi, di cui uno figurato in marmo bluastro,
databile fra il 260 ed il 280 d.C. (molto probabilmente di San Casto)”.
Ci
vorrebbe forse un miracolo di San casto per liberarlo dall’immondizia.