La fine delle estorsioni calene

 

Il Mattino, 05 marzo 2009

 

ELIO ZANNI

 

«Fuori i soldi se vuoi continuare a gestire il distributore di carburante a Calvi Risorta e stare tranquillo con la famiglia. Sappi che apparteniamo ai Casalesi…».

 

L'approccio è di quelli classici. Ma l’accredito malavitoso è di «taglio alto» con un riferimento diretto a uno dei clan ancora tra i più temuti e usati come il sigillo di un lasciapassare in casi del genere, nonostante le continue disarticolazioni e gli arresti delle forze dell’ordine. Bisognerà solo appurare se abbiano detto il vero o se sia stata solo una spacconata per incutere maggiormente terrore alla vittima di turno, la frase che sarebbe stata più volte proferita da alcune delle tre persone arrestate ieri mattina dai carabinieri per concorso in estorsione continuata nei confronti di C.M., proprietario di un distributore di carburante a Calvi Risorta.

 

L'azione ricattatoria accertata, anche con intercettazioni telefoniche, avrebbe fruttato ai malviventi una cifra prossima ai 50.000 euro, ottenuta a rate sotto la minaccia di armi da fuoco. A finire in carcere su ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Remo Benincansa, 42 anni di Teano, Giovanni Caserta, 37 anni di Capua e residente a San'Andrea del Pizzone, frazione di Francolise, oltre a Vitaliano Pulito, 39 anni di Santa Maria Capua Vetere residente a Calvi Risorta ma arrestato a Perugia, sulle sponde del lago Trasimeno.

 

Nella rete tesa dai carabinieri caleni coordinati dal maresciallo Massimo Petrosino e della compagnia di Capua agli ordini del capitano Francesco Conte, è finito anche un quarto uomo, presunto fiancheggiatore, N.P. di Aversa. residente a Carinola frazione di Nocelleto.

 

A inchiodare i tre «cumparielli», la lunga serie d'indagini condotte dai militari dell'Arma a partire dal giugno del 2007, ossia a valle di più di una denuncia e alcune circostanziate segnalazioni che indicavano «l'arrivo continuo di strani personaggi nell'area del distributore». Indagini fruttuose, dalle quali sono emersi i continui storni dal conto corrente della vittima e che una delle forme di pagamento predilette dal Benincasa, già noto alle forze dell'ordine perché coinvolto in un giro di assegni Inps rubati, era quella di obbligare il benzinaio a ricaricare «con una precisa casuale» la carta postepay intestata a un prestanome. Ora i tre sono rinchiusi nelle carceri di Santa Maria Capua Vetere e Perugia.