Un caleno nei laboratori
dell’università di Manchester
Caserta24ore,
06 dicembre 2008
Paolo Mesolella
La sua
“nicchia” si chiama pentraxina lunga 3 (in sigla
PTX3). E lavora su questa proteina dai tempi del suo
dottorato in Immunologia, svolto presso l’Università di Roma “Tor Vergata” in collaborazione con la Sigma-Tau
S.p.A. di Pomezia. Questa molecola svolge molteplici
funzioni, in particolare agisce come recettore dell’immunità nativa contro
specifici microrganismi patogeni, partecipa all’assemblaggio della matrice
extra-cellulare che si forma intorno all’oocita prima
dell’ovulazione e svolge un ruolo importante nella regolazione
dell’infiammazione. Quindi, PTX3 fa molte cose diverse a
seconda del luogo e del tempo in cui viene prodotta. I suoi studi sono volti a comprendere come la struttura di questa proteina ne
informi le molteplici attività biologiche.
L’obiettivo
finale è non solo contribuire a decifrare i complessi meccanismi molecolari ma
anche produrre molecole con attività terapeutica selettiva “costruite” proprio
sulla base di quegli elementi di struttura. Le sue
ricerche gli hanno consentito di caratterizzare un pezzo di questa proteina,
costituito da oligosaccaridi, scoprendo essere importante ai fini della sua
attività nell’infiammazione e nell’infezione. Il suo lavoro, svolto in
collaborazione con l’Università di Brescia, ha inoltre consentito di
identificare la regione attraverso cui PTX3 interagisce con un’altra proteina,
il fattore basico di crescita dei fibroblasti (in
sigla FGF2), che ha un ruolo di primaria importanza nella formazione dei vasi
sanguigni con particolare riferimento alla vascolarizzazione
del tumore (un processo noto come angiogenesi).
Di recente,
sempre in collaborazione con l’Università di Brescia, il suo gruppo di studio
ha identificato un nuovo meccanismo molecolare di regolazione dell’angiogenesi che sarà illustrato in una prossima
pubblicazione. Inoltre ha condotto una serie di studi
finalizzati alla risoluzione della struttura tridimensionale di PTX3. e da circa due mesi lavora su un nuovo progetto in
collaborazione con l’Università di Oxford, volto a chiarire il ruolo di questa
proteina e di altre molecole nell’ovulazione. Un bravo
ricercatore italiano che svolge ricerca all’estero con soldi italiani.
Spiega:”Sembrerà paradossale ma gran parte delle
attività di ricerca che ho svolto in Inghilterra sono state finanziate con
denaro italiano. Io sono venuto qui con una borsa della
FIRC ed un contratto a progetto della Sigma-Tau che
mi hanno consentito di lavorare e vivere per un anno. Al termine di quel
periodo ho avuto accesso ad altri finanziamenti, in parte italiani
(dall’Istituto “Humanitas” ed ancora dalla Sigma-Tau) in parte inglesi
(dal Medical Research Council, MRC). Ora sono interamente sostenuto dall’MRC.
Mi domanderà perchè non sono rimasto
in Italia a condurre le mie ricerche? “All’estero, spiega, ho trovato
tecnologie e strumentazioni all’avanguardia ed un ambiente di lavoro estremamente dinamico e competitivo. Basta dire che nel
solo edificio dove lavoro sono concentrate apparecchiature che per numero,
varietà e modernità non hanno eguali in alcuna università
italiana. Ma soprattutto ho trovato un’università che
premia il merito e la ricerca, e dove gli imprenditori hanno il coraggio di
investire sulla ricerca. Cosa che invece in Italia, purtroppo manca”.