Un caleno nei laboratori dell’università di Manchester

Caserta24ore, 06 dicembre 2008

Paolo Mesolella

Un altro caleno ricercatore che si fa strada in giro per il mondo. E che passa dall’Università di Oxford a quella di Manchester. Dopo il fisico Beniamino Di Girolamo, del Cern di Ginevra, capofila del progetto “Atlas”, scopriamo Antonio Inforzato, chimico e ricercatore dell’Università di Manchester in Inghilterra. Un giovane ricercatore di 35 anni che ha già un curriculum da far invidia a chicchessia con esperienze scientifiche maturate tra Oxford e Manchester.

Dopo un’esperienza iniziale di 4 mesi presso la Immunochemistry Unit dell’Università di Oxford (dove ha lavorato come visiting scientist) si è trasferito nel 2006 a Manchester presso la Faculty of Life Sciences dell’Università, dove tuttora si trova. È membro del gruppo di ricerca guidato dal prof. Anthony J Day, esperto di biologia della matrice extra-cellulare, ovvero di quella intricata rete di molecole che si dipana intorno alle cellule ed attraverso la quale le cellule stesse scambiano informazioni sotto forma di messaggi biochimici. In pratica, il gruppo del prof. Day è impegnato nello studio della relazione struttura/funzione di proteine della matrice extra-cellulare che si contraddistinguono per la capacità di interagire con i glicosamminoglicani modellandone la struttura e regolandone le funzioni.

La sua “nicchia” si chiama pentraxina lunga 3 (in sigla PTX3). E lavora su questa proteina dai tempi del suo dottorato in Immunologia, svolto presso l’Università di Roma “Tor Vergata” in collaborazione con la Sigma-Tau S.p.A. di Pomezia. Questa molecola svolge molteplici funzioni, in particolare agisce come recettore dell’immunità nativa contro specifici microrganismi patogeni, partecipa all’assemblaggio della matrice extra-cellulare che si forma intorno all’oocita prima dell’ovulazione e svolge un ruolo importante nella regolazione dell’infiammazione. Quindi, PTX3 fa molte cose diverse a seconda del luogo e del tempo in cui viene prodotta. I suoi studi sono volti a comprendere come la struttura di questa proteina ne informi le molteplici attività biologiche.

L’obiettivo finale è non solo contribuire a decifrare i complessi meccanismi molecolari ma anche produrre molecole con attività terapeutica selettiva “costruite” proprio sulla base di quegli elementi di struttura. Le sue ricerche gli hanno consentito di caratterizzare un pezzo di questa proteina, costituito da oligosaccaridi, scoprendo essere importante ai fini della sua attività nell’infiammazione e nell’infezione. Il suo lavoro, svolto in collaborazione con l’Università di Brescia, ha inoltre consentito di identificare la regione attraverso cui PTX3 interagisce con un’altra proteina, il fattore basico di crescita dei fibroblasti (in sigla FGF2), che ha un ruolo di primaria importanza nella formazione dei vasi sanguigni con particolare riferimento alla vascolarizzazione del tumore (un processo noto come angiogenesi).

Di recente, sempre in collaborazione con l’Università di Brescia, il suo gruppo di studio ha identificato un nuovo meccanismo molecolare di regolazione dell’angiogenesi che sarà illustrato in una prossima pubblicazione. Inoltre ha condotto una serie di studi finalizzati alla risoluzione della struttura tridimensionale di PTX3. e da circa due mesi lavora su un nuovo progetto in collaborazione con l’Università di Oxford, volto a chiarire il ruolo di questa proteina e di altre molecole nell’ovulazione. Un bravo ricercatore italiano che svolge ricerca all’estero con soldi italiani. Spiega:”Sembrerà paradossale ma gran parte delle attività di ricerca che ho svolto in Inghilterra sono state finanziate con denaro italiano. Io sono venuto qui con una borsa della FIRC ed un contratto a progetto della Sigma-Tau che mi hanno consentito di lavorare e vivere per un anno. Al termine di quel periodo ho avuto accesso ad altri finanziamenti, in parte italiani (dall’Istituto “Humanitas” ed ancora dalla Sigma-Tau) in parte inglesi (dal Medical Research Council, MRC). Ora sono interamente sostenuto dall’MRC.

Mi domanderà perchè non sono rimasto in Italia a condurre le mie ricerche? “All’estero, spiega, ho trovato tecnologie e strumentazioni all’avanguardia ed un ambiente di lavoro estremamente dinamico e competitivo. Basta dire che nel solo edificio dove lavoro sono concentrate apparecchiature che per numero, varietà e modernità non hanno eguali in alcuna università italiana. Ma soprattutto ho trovato un’università che premia il merito e la ricerca, e dove gli imprenditori hanno il coraggio di investire sulla ricerca. Cosa che invece in Italia, purtroppo manca”.