Anche il sindaco di Calvi Risorta si oppone alla chiusura dei reparti di emergenza dell’ospedale di Sessa Aurunca

 

Il Mattino, 29 ottobre 2008

 

ORESTE D'ONOFRIO

 

Secco no alla chiusura dei reparti di emergenza dell'ospedale civile San Rocco di Sessa Aurunca. Ad opporsi energicamente sono undici sindaci dell'intero territorio aurunco dell'Alto casertano (coordinati dal primo cittadino di Sessa, Luciano Di Meo) e cioè Mondragone, Carinola, Falciano del Massico, Cellole, Roccamonfina, Galluccio, Sparanise, Francolise, Pignataro, CALVI RiSORTA e naturalmente Sessa Aurunca.

 

In un documento, sottoscritto da tutti ed inviato ieri al presidente della Regione, Antonio Bassolino, all'assessore alla Sanità, Angelo Montemarano, al consigliere regionale Gennaro Oliviero, presidente della commissione Sanità, al presidente della Provincia, Alessandro De Franciscis e al direttore dell'Asl Ce2 Antonietta Costantini, i sindaci evidenziano perché sarebbe una decisione molto grave sopprimere i reparti di emergenza del san Rocco. Per i primi cittadini il piano di ristrutturazione e riqualificazione della rete ospedaliera in approvazione alla Regione «penalizza fortemente il presidio ospedaliero del san Rocco», che di fatto viene estromesso dal sistema dell'emergenza e declassificato ad ospedale di Primo soccorso disconoscendo il ruolo strategico svolto nell'assistenza ad un vasto territorio che va dal litorale domizio al comprensorio del parco Roccamonfina-Foce del Garigliano che comprende numerosi comuni.

 

Già nei giorni scorsi si è registrata anche una forte denuncia dei cittadini: «Non è possibile che si possa ridimensionare fortemente un ospedale di frontiera in un vasto territorio come il nostro. Senza contare che nel periodo estivo fruiscono dei servizi del san Rocco altre decine di migliaia di turisti che affollano il litorale domizio». E la denuncia dei primi cittadini continua: «In particolare il piano di ristrutturazione annulla i reparti di emergenza Utic (unità di terapia intensiva coronarica) e rianimazione che svolgono un ruolo strategico sul vasto territorio». Conseguenze immediate saranno il lasciare scoperto un vasto territorio che dista in media 50 chilometri dall'ospedale del capoluogo; un concreto danno economico per l'aumento delle fughe sanitarie verso il basso Lazio, limitate negli ultimi anni grazie all'operatività del san Rocco; ed ancora una notevole riduzione dei livelli essenziali assistenziali.

 

La scure della Regione prevede un taglio del 25 per cento degli attuali posti letto e cioè si scenderebbe dai 103 posti letto a 78, probabilmente così distribuiti: chirurgia (25), medicina generale (25), ortopedia (10), pediatria (10), servizio psichiatrico (8). Né tiene conto che «il lavoro sin qui svolto è stato prodotto con esiguo impiego di risorse abbattendo di fatto i costi dell'assistenza sanitaria e risultando il presidio con il migliore rapporto costi-ricavi». Viene poi sottolineato come già in passato l'ospedale aurunco abbia lamentato la mancanza di investimenti e la ridotta assistenza al proprio bacino di utenza causata dalla cronica carenza di personale medico e paramedico. Insomma sempre poca attenzione da parte delle istituzioni per un ospedale, da tutti definito «di frontiera».

 

E poi un'altra amara denuncia da parte dei sindaci. «In questa drammatica situazione - è la conclusione del documento - è necessario segnalare una criticità che potrebbe dare un colpo definitivo alla efficienza del nostro nosocomio. Si tratta del problema della radiologia che è diventato acuto in quanto dal prossimo mese di novembre verranno tolte le consulenze in convenzione e per un radiologo scadrà il contratto il prossimo 31 dicembre. Ciò comporterà la presenza di sole due unità lavorative che non consentirà di coprire le emergenze».