L’INCHIESTA DEI SEMAFORI TRUCCATI ARRIVA NEL CASERTANO: ANCHE CALVI RISORTA, DA OLTRE 1 ANNO, È NEL MIRINO DEGLI INQUIRENTI!

 

Calvirisortanews, 22 settembre 2008

 

Vito Taffuri

 

I “signori delle multe” combinavano affari, truccavano gli appalti e stangavano gli automobilisti. Lo strumento? Semafori taroccati per fare quante più multe possibili, venduti e gestiti da un cartello di imprese che, con l'aiuto di pubblici ufficiali compiacenti, era riuscito a pilotare gare d'appalto in tutta Italia. Tra il giallo e il rosso non passava neanche un secondo: la multa era pertanto inevitabile in una serie di incroci strategici dove era stato installato il T-Red.


Un sistema che arricchiva i soliti noti, secondo la Procura di Milano che ha chiesto e ottenuto l’emissione di 4 ordini di cattura con l’accusa di associazione per delinquere e turbativa d’asta, e l’iscrizione nel registro degli indagati di almeno 21 persone: tutti amministratori di società o amministratori pubblici (cioè sindaci ed assessori) e pubblici ufficiali, responsabili nei vari comuni delle gare di appalto, ad alcuni dei quali vengono contestati anche l’abuso d’ufficio ed il peculato.


Tra gli arrestati figura Raoul Cairoli, amministratore unico della Ci.Ti. Esse che commercializza apparecchiature semaforiche, mentre altri 3 imprenditori sono ai domiciliari: Giuseppe Astorri, direttore commerciale della Scae S.p.a., Simone Zari amministratore di fatto della Centro Servizi s.r.l., e Antonino Tysserand amministratore di Tecnico Traffico.


L’indagine, coordinata dal P.M. Alfredo Robledo e condotta dalla Guardia di Finanza, nasce proprio da una denuncia dei cittadini di Segrate, comune alle porte di Milano, tartassati da un semaforo che, rubando sui tempi di accensione del verde, faceva immancabilmente scattare il rosso quando un’auto si trovava nel bel mezzo dell’attraversamento di un incrocio, o di strade a scorrimento veloce.


Insomma, una bella truffa ai danni del cittadino operata da quei comuni che a fine anno potevano far mostra di solidi bilanci senza troppo impegno dei loro amministratori.


A guadagnare non erano però soltanto le piccole amministrazioni, perché la Ci.Ti.Esse, e le sue società satellite, guadagnavano una sostanziosa percentuale proprio sulle multe erogate: dal 25 al 30 per cento! Un affarone, visto che i semafori truccati e gli autovelox venivano piazzati in fondo a strade in discesa anziché nei pressi di scuole ed ospedali.


Le prove sarebbero anche in una serie di e-mail, sequestrate dalla Guardia di Finanza sui computer della società inquisita, che dimostrano gli accordi tra le varie aziende in combutta e le pubbliche amministrazioni interessate, nonché una serie di testimonianze di comandanti dei vigili pentiti che hanno raccontato come la società guidata da Cairoli portasse nei loro uffici una “drive-pen” con la quale scaricava sui computer degli interessati perfino le lettere di convocazione per i bandi di gara.


Tutti di importo inferiore ai 200.000,00 € (soglia superata la quale la gara diventa di rilevanza comunitaria, soggetta a precisi vincoli di pubblicità rispetto alla semplice pubblicazione all’Albo Pretorio), in modo da poter procedere senza troppi controlli o con trattative private. E poi le apparecchiature per le rilevazioni di velocità venivano semplicemente noleggiate, mai acquistate o prese in leasing, e sempre dalla Ci.Ti.Esse s.r.l.


“Peraltro - scrive il GIP Ghinetti nella sua ordinanza - la quasi totalità dei contratti in precedenza indicati, acquisiti mediante i comportamenti delittuosi di cui si è scritto, sono tuttora in essere e garantiscono illeciti profitti a favore degli associati, derivanti dai cospicui pagamenti eseguiti nei loro confronti da parte delle amministrazioni comunali”.


Le accuse parlano di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d'asta, ma le indagini vanno avanti anche per accertare eventuali episodi di corruzione. Tra i denunciati a piede libero comandanti dei vigili urbani di diversi comuni, a cui era delegato lo svolgimento delle gare d’appalto, le quali avrebbero inserito nei bandi di gara requisiti tali da escludere di fatto le aziende estranee al cartello.


Le quattro persone destinatarie delle misure cautelari avevano realizzato, secondo il P.M. Alfredo Robledo, "un accordo collusivo di cartello di cui coordinavano l'attività al fine di favorire l'acquisizione di contratti con enti pubblici territoriali a vantaggio delle aziende a loro riferibili, con conseguente turbamento del regolare svolgimento dei pubblici incanti".


Scrive il GIP nelle motivazioni dell’ordinanza di arresto: “Negli atti predisposti a riguardo dagli enti territoriali, l’installazione di tali apparecchiature viene motivata con la necessità di ottimizzare la sicurezza del traffico veicolare e di evitare o ridurre il numero degli incidenti stradali. Tuttavia, emerge dal complesso delle indagini, sottesi a tali finalità sono presenti interessi di natura diversa e in particolare la malcelata esigenza di assicurare alle casse comunali un cospicuo gettito di denaro...”.

 

Tra gli indagati c'è Dario Zanchetta, vicecomandante della polizia locale di Segrate, il quale "provvedeva a inserire nel relativo bando le specifiche suggeritigli dai compartecipi cui la fornitura avrebbe dovuto adeguarsi tali da orientare la scelta esclusivamente sulle apparecchiature T-Red proposte da Astorri e delle quali Cairoli era il distributore esclusivo per l'Italia".


E a Calvi Risorta? Anche da noi la magistratura ha aperto, da ormai oltre un anno, una maxi-inchiesta le cui indagini sono state condotte da diverse forze dell’ordine, ed il cui esito potrebbe conoscersi nell’arco di qualche settimana. Nessuno vuole dare tuttavia giudizi affrettati, i quali competono solo agli organi inquirenti, ma è innegabile che, almeno all’apparenza, molte sembrerebbero le analogie tra l’inchiesta milanese e la discussa gara d’appalto con la quale il comune ha noleggiato i due arcinoti autovelox.


Le indagini sono state avviate grazie alle segnalazioni dei consiglieri di minoranza, guidati da Antonio Caparco e Giovanni Marrocco, che per primi hanno puntato il dito contro l’appalto in questione, e ciò già a partire dall’aprile del 2007, mesi prima che le apparecchiature venissero installate e messe in funzione.


I consiglieri – con numerose relazioni presentate in consiglio e successivi esposti alla magistratura, conseguenti alla mancata revoca del contratto da parte dell’amministrazione evidenziavano, in particolare, delle possibili irregolarità relative, secondo il loro personale punto di vista:

 

1) ad una scelta politica che non sarebbe ricollegabile ad esigenze di tutela e sicurezza degli utenti della strada, dovendo le apparecchiature essere installate in punti molto più pericolosi e non su tratti ad alto scorrimento, con irrisori limiti di velocità, dove più alta è la probabilità di rilevare le infrazioni e dove maggiore è il lucro per la società;


2) all’espletamento di una gara di rilevanza comunitaria con la sola affissione all’Albo Pretorio per 15 giorni, in violazione dell’articolo 66 del d. lgs. n. 163/2006, con conseguente illegittimità dell’intera procedura di gara e di tutti gli atti consequenziali (circostanza suffragata anche da un parere tecnico della comandante della P.M.);


3) all’articolo 2 del capitolato d’appalto che indicava, con estrema ed assoluta precisione, le caratteristiche tecniche che dovevano possedere le apparecchiature da installare, che tra le altre cose dovevano poter controllare contemporaneamente fino a tre corsie in avvicinamento, anche se i tratti di strada su cui andavano installate (Appia e Casilina) erano a due corsie: clausole che avrebbero, sempre secondo i consiglieri di minoranza, limitato fortemente, fino ad azzerarla, la concorrenza tra le imprese partecipanti, con violazione dell’articolo 68, comma 13, del d. lgs. n. 163/2006 (così come precisato dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con la determinazione n. 2 del 29 marzo 2007);


4) alla partecipazione di una sola ditta, aggiudicataria dell’appalto con un aggio record del 42,75% sulle somme riscosse dal comune (aggio che il Ministero dei Trasporti, con una propria risoluzione, non ha esitato a definire ingiustificato, illogico e paradossale, e che l’Autorità di Vigilanza ha sostanzialmente vietato al comune di corrispondere);


5) alla presunta mancanza, da parte della ditta, della necessaria abilitazione all’attività di “installazione, manutenzione e noleggio di apparecchiature per il controllo del traffico, dei limiti di velocità e degli impianti semaforici” all’atto dell’aggiudicazione della gara;


6) alla previsione di un corrispettivo della locazione costituito non da una somma fissa per ogni verbale, ma da una elevata percentuale (42,75%) delle sanzioni accertate ed incassate dal comune;

 

7) all’anomala durata dell’appalto (5 anni), prorogabili per altri 5 anni in violazione della legge Comunitaria 2004;

 

8) alla distrazione di fondi pubblici vincolati, all’esoso arricchimento del fornitore ed al conseguente depauperamento delle casse comunali che sarebbero derivati dall’eventuale esecuzione di un siffatto contratto, fino al rischio di un dissesto finanziario;

 

9) alla scelta di noleggiare gli impianti, piuttosto che di acquistarli o ricorrere ad un leasing operativo con formula finale di riscatto, benché il corrispettivo per il noleggio potesse arrivare, nell’arco dei 5 anni, a svariate decine di volte il costo d’acquisto degli autovelox;


10) alla previsione di utilizzo, per il tramite del noleggiatore, di parte dei proventi per il pagamento degli straordinari ai vigili, eludendo così l’art. 208 del codice della strada che esclude l’utilizzo degli stessi per eventuali miglioramenti retributivi del personale in servizio;


11) alla violazione del vincolo previsto dall’art. 208, comma 4, del C.d.s., avendo l’ente vincolato il 50% dei proventi al netto e non al lordo dell’aggio da corrispondere al noleggiatore, con conseguente approvazione di un bilancio di previsione, quello del 2007, che non avrebbe rispettato né il pareggio complessivo né gli equilibri di parte corrente. Solo un anno dopo la segnalazione della minoranza, con deliberazione di G.M. n. 30 del 03/04/2008, è stato fornito l’indirizzo per la correzione del problema all’atto dell’approvazione del rendiconto 2007;


12) alla mancata pubblicità “istituzionale” per l’installazione dell’autovelox; alla segnaletica verticale non conforme a quanto previsto per i segnali di indicazione dal regolamento di esecuzione del C.d.s., cui il decreto Bianchi rimanda (come certificato anche dalla comandante con la nota 1765/2008); al posizionamento della stessa ad una distanza non regolamentare e alla sua non avvistabilità, specie di notte, quando risultano essere state accertate gran parte delle oltre 36.000 sanzioni elevate, funzionando le apparecchiature 24 ore su 24. Tali ultime considerazioni sono state esposte anche dai ricorrenti ed avallate, evidentemente, dal Giudice di Pace di Pignataro Maggiore, che nei giorni scorsi ha iniziato ad accogliere i circa 10.000 ricorsi presentati presso i propri uffici.


Le presunte irregolarità elencate dai consiglieri sono state anche accertate dalla stessa comandante della P.M. la quale, nella nota prot. n. 730/2008–P.M. del 26/02/2008, non esita ad attestare come “il contratto in questione sia affetto da gravi vizi di illegittimità, e che la sua esecuzione possa arrecare possibili danni erariali per l’ente e responsabilità non meramente contabili a carico del funzionario che vi provvede”.


Tutto questo, ed altro ancora, è al vaglio della Procura della Repubblica, cui sola spetta la parola finale: e la cittadinanza attende con ansia che si possa fare finalmente chiarezza sui due famigerati autovelox caleni, una vera e propria “catena di montaggio delle multe” che è stata capace di sfornarne anche 1.200 al giorno!