ABBANDONATO E
DIMENTICATO IL FOSSILE CON RUDISTE DI 120 MILIONI DI ANNI FA
Caserta24ore, 27 agosto 2008
Paolo Mesolella
A febbrario dello scorso anno fu
rintracciato in località Martini di Visciano un
fossile preistorico con rudiste di milioni di anni fa. Un testimone del passato, infatti, era ritornato
alla luce dopo 120 milioni di anni. La scoperta era
stata fatta da un appassionato naturalista caleno,
che l’aveva segnalata alla sovrintendenza archeologica e all’amministrazione
comunale.
Ma - a quanto pare - poco è stato
fatto per dare al prezioso reperto una sede più consona dell’aperta campagna. Eppure, lo scorso anno la notizia suscitò non poco interesse
e curiosità tra i cittadini e gli addetti ai lavori. Evidentemente il tempo ne
ha cancellato il ricordo.
Il fossile, che ora giace anonimo e sconosciuto al margine
della stradina periferica, è costituito da un grosso ammasso di macrofossili
del Cretacico, con evidenti impronte di molluschi
bivalvi. Il blocco, di un metro cubo, venne certamente alla luce qualche anno
fa, al momento della costruzione della strada, in località Visciano.
Se proviamo ad immaginare lo scenario in cui la roccia si
è formata – spiega la professoressa De Biasio, geologa - scopriamo che per più
di 200 milioni di anni e fino a dieci milioni di anni
fa, la Campania era occupata dal mare tropicale dell’antica Tetide,
caratterizzato da acque calde e poco profonde. In questo ambiente
si accumularono le successioni di calcari ricche di tanti organismi marini tra
cui pesci, molluschi di ogni classe, coralli, foraminiferi, alghe.
Ma la categoria più singolare che
abitava questi fondali era costituita dalle Rudiste,
che con i loro spessi gusci bianchi, rappresentano la macrofauna più ricca nel Cretacico inferiore-medio
dell’Appennino centro-meridionale. Queste erano molluschi Lamellibranchi
con una valva fissa al fondo, generalmente più grande dell’altra, fungente da
opercolo e si estinsero alla fine del Mesozoico in seguito alle mutate
condizioni ambientali. Negli ultimi 5 milioni di anni
i fondali si sono sollevati in modo definitivo determinando l’attuale
configurazione morfologica.
Ci piacerebbe che il pesante masso, che è stato
l’occasione di questa breve panoramica sul nostro lontano passato geologico,
entrasse a far parte del patrimonio culturale caleno
e come tale venisse tutelato e messo a disposizione
degli appassionati che ne volessero approfondire lo studio. Ma
soprattutto ci piacerebbe che diventasse la punta di diamante nello studio del
territorio per i nostri ragazzi.
Chi ci può aiutare a renderlo fruibile assicurandone la
protezione dai vandali e dalle intemperie? Noi speriamo, ancora una volta, nel
Comune, nella Sovrintendenza archeologica e nella scuola.