CAIO ALBIO CALENO:
IL SOLDATO SEMPLICE CHE SI RIBELLO’ A SCIPIONE L’AFRICANO
Paolo Mesolella
Caserta24ore, 27 agosto 2008
E’ stato pubblicato dallo storico inglese Basil Liddell Hart
un’interessante biografia di Scipione l’Africano che
ci fa conoscere la singolare storia di Caio Albio Caleno, un soldato semplice che si ribellò al grande Scipione
l’Africano. O meglio un soldato di Cales che insieme ad un altro soldato semplice (Caio Atrio Umbro), spinse i
suoi compagni d’arme all’ammutinamento.
La vicenda è particolarmente interessante anche perché
Caio Albio Caleno non
appare tra i caleni ricordati da Carcaiso nella sua
storia dell’Antica Cales. Lo storico Liddell Hart, dicevamo, nel suo
libro, scritto per il Corpus Christi College di
Cambridge, alle pagine 71-76, ripercorre l’incredibile rivolta di questi due
soldati semplici (Albio e Atrio) che sobillarono una grande sommossa contro Scipione l’Africano, tra le truppe
romane di stanza in Spagna, sul fiume Sucro (attuale Jucan) a metà strada tra Cartagena
e Tarragona.
Il malcontento dei soldati romani, spiega Liddell, era dovuto alla mancata corresponsione
delle paghe, cosicché “i soldati, si ammutinarono e, scacciati i tribuni dal
campo, misero al comando della rivolta due soldati semplici, Caio Albio Caleno e Caio Atrio Umbro,
che erano stati i principali sobillatori della sommossa, in vista del bottino”.
Gli ammutinati – spiega lo storico inglese – avevano calcolato che nel disordine generale conseguente
alla morte di Scipione, sarebbe stato possibile saccheggiare ed esigere tributi
a loro piacere. Ma quando risultò chiaro che le voci
sulla morte di Scipione (dovute alla sua malattia) erano infondate, la rivolta
si acquietò.
Polibio e Livio, però,
testimoniano che “Scipione non si era mai trovato in
maggiore imbarazzo e difficoltà. Mandò sette tribuni incontro
agli ammutinati e incontrò le truppe a Cartagena.
Qui Scipione parlò ai soldati dicendo: ”Neppure so con
quale nome debba chiamarvi. Né cittadini né soldati,
ma nemici. Vedo infatti azioni, propositi e animi da
nemici”.
Poi rivolse il proprio sdegno ai capi che si erano scelti
(Albio Caleno e Atrio
umbro), ignoranti e di bassa estrazione, deridendo i loro nomi e facendo leva
sul senso del ridicolo e sulla superstizione dei soldati: si fossero almeno
messi agli ordini di un tribuno militare, anziché di semplici soldati.
Non appena Scipione ebbe finito di parlare, - ricorda Livio - si udì la voce dell’araldo che leggeva i nomi dei
soldati condannati. Questi furono trascinati, nudi e legati, al centro
dell’assemblea, e qui furono giustiziati sotto gli occhi di tutti. La truppa
invece fu perdonata ed ogni soldato ricevette la sua paga per appello nominale.
Fu una giusta lezione di severità verso i caporioni e di disponibilità
nell’accogliere le lagnanze dei soldati.