Giovane immigrato
pestato a sangue: finisce in una residenza sanitaria per anziani
Caserta24ore, 20 luglio 2008
Adesso si trova nel comune di Calvi
Risorta, è stato ritrovato in fin di vita a Castel
Volturno pestato a sangue per qualche sgarro commesso probabilmente in ambienti
di sfruttamento della prostituzione, del traffico di droga o del pizzo agli
immigrati.
Un giovane dall’apparente età di 30 anni si trova da oltre un mese in una
residenza sanitaria per anziani. Quelli dei servizi sociali non sapevano cosa
farne e così lo hanno parcheggiato nella struttura calena.
Non parla, o forse non vuole parlare, ha lesioni permanenti invalidanti ed è
vivo per miracolo. A pagare la permanenza nella struttura e i
costi sociali, i cittadini italiani con i soldi delle tasse.
L’episodio ripropone la drammaticità della condizione,
in provincia di Caserta, in cui versano gli immigrati, soprattutto quelli non
in regola con le norme che regolano la loro permanenza sul territorio
nazionale.
Molti di loro credono che venendo nel nostro territorio sono meno esposti a
controlli da parte delle autorità; molti di loro essendo irregolari, anche se
hanno dovuto pagare ai trafficanti migliaia di euro,
finiscono inevitabilmente nella rete della criminalità. Inasprire le leggi
sulla permanenza nel territorio italiano degli immigrati significa condannarli
in partenza al delinquere.
D’altra parte molti imprenditori li sfruttano, facendo risultare
lavoratori nell’azienda propri familiari o gente fidata, che in realtà non
lavorano, mentre a lavorare sono gli immigrati in nero e ricattabili.
Le leggi sull’immigrazione hanno scatenato una guerra tra poveri: oggi sul
mercato del lavoro sono richiesti solo gli extracomunitari più ricattabili
rispetto ai comunitari. Ecco perché oggi i rumeni sono mal
visti. Perché non sono più ricattabili.
Emblematica ed esplicativa la notizia di una
famiglia italiana che con la venuta della Romania in Europa aveva licenziato la
badante rumena sostituendola con una ucraina. Questo perché la rumena non era
più ricattabile, poteva addirittura pretendere il versamento dei contributi, l’ucraina invece no, una volta scaduto il permesso di
soggiorno avrebbe lavorato alle condizioni imposte dalla famiglia.
Purtroppo si passa da un eccesso all’altro: dalla minaccia
della badante rumena di denunciare la famiglia per averla assunta in nero, alla
minaccia della famiglia ai danni dell’ucraina di
mandarla via se non si accontenta. Combattere il lavoro nero non è la soluzione.
Se tutte le aziende campane pagassero i contributi previdenziali (per una
pensione che il lavoratore comunque non vedrà mai)
dovrebbe chiudere il 90% delle imprese.