Nuova
Soprintendenza Archeologica: "Crescita o dismissione"
Casertanews,
11 aprile 2008
L'organizzazione
interna del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha
dal 2000 ad oggi mutato per ben tre volte la propria struttura interna. Mentre le due precedenti modifiche non sono intervenute
sull'articolazione e sui territori di competenza delle singole Soprintendenze,
la riforma più recente, della fine del 2007, è intervenuta anche su questi
aspetti. Ovunque queste decisioni abbiano comportato
cambiamenti esse non hanno mancato di suscitare polemiche, ribellioni e prese
di distanza sia da parte dei funzionari, sia da parte dei sindacati.
Le fibrillazioni con le quali il sistema delle Soprintendenze ha risposto a
tali nuovi provvedimenti possono, in parte, ritenersi
reazioni fisiologiche, spiegabili con la messa in crisi di consolidate abitudini,
con inerzia mentale, con naturale diffidenza verso il nuovo. Tanto è vero che,
nello scorrere i vari comunicati e le lettere aperte inviate dal territorio al
Ministro, non di rado si possono rinvenire argomentazioni esattamente opposte
tra loro, ma di volta in volta portate a favore della medesima tesi: non si
accetta il mutamento dello status quo.
In questi giorni si apprende dalle notizie di stampa della raffica di polemiche suscitate dalle nomine ratificate dal Ministro,
On.le F.
Rutelli, proposte, a norma del nuovo regolamento di
organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dai Direttori
Regionali sentiti i Direttori Generali. Come spesso accade, le tensioni, i
comunicati, le smentite e i chiarimenti si concentrano quasi esclusivamente su quest'ultimo aspetto.
Sarebbe invece opportuno rivolgere l'attenzione sugli aspetti di sostanza
dell'ultima riforma del Ministero, sulla consistenza
del programma culturale sotteso, sulle finalità e sull'impatto che i
cambiamenti possono avere sulla tutela e sulla valorizzazione del patrimonio
culturale italiano. In tal senso dubbi e perplessità
sono state espresse quando ancora il riassetto delle Soprintendenze non era
definitivo sia dalle rappresentanze sindacali, sia dall'Assotecnici.
Oggi,
a seguito delle nomine dei Soprintendenti, si sollecitano la comune riflessione
e il dibattito sulle prospettive che tali decisioni schiudono alla tutela. Non
risulta, come facilmente intuibile, agevole intervenire su argomenti di tale
complessità e in assenza di un dibattito generale, di metodo e di merito, sulle
scelte operate dall'autorità politica. Scelte delle quali non
si contesta la legittimità, ma la cui logica si vorrebbe conoscere e intorno
alle quali è lecito, e opportuno, aprire la discussione. Si richiama,
nel caso presente, l'attenzione sulla situazione delle Soprintendenze per i
Beni Archeologici della Campania, in particolare sulla Provincia di Caserta.
Come
noto, in Campania sono nate due nuove Soprintendenze:
una autonoma di Napoli e Pompei, comprendente anche tutto il territorio della
provincia di Napoli; l'altra di Benevento e Caserta, con giurisdizione sulle
due province e sede a Caserta. La terza Soprintendenza archeologica della
regione, quella con sede a Salerno, resta praticamente
immutata perdendo la sola provincia di Benevento.
In
questa sede si decide si tralasciare i problemi connessi all'attuazione
logistica delle decisioni ministeriali, all'organizzazione dei nuovi Uffici,
alla dotazione organica e finanziaria, tutti aspetti che saranno concretamente
curati dalla competente Direzione regionale e dal Dirigente preposto alle
Soprintendenze. Ci cercherà, piuttosto, di contribuire all'individuazione di
possibili prospettive storiche e amministrative attraverso le quali traguardare
la creazione della nuova Soprintendenza di Benevento e Caserta.
Le province di Caserta e Benevento costituiscono comparti territoriali
morfologicamente e geologicamente distinti, tra loro collegati da due passaggi
vallivi, quello che passa da Telese e quello che da Maddaloni – Santa Maria a Vico si dirige verso Caudium, quest'ultimo prescelto
dalla via Appia, principale
collegamento antico tra Roma e l'area adriatica.
Entrambe le province sono ricchissime di evidenze
archeologiche, spesso stratificate nel susseguirsi dei secoli, e non è questo
il luogo per una disamina puntuale. La nuova Soprintendenza si pone pertanto a
cavallo tra due distretti geografici tra loro differenti, frequentati sin da
epoche remotissime, in età storica popolate da un mosaico di popoli italici tra
i quali spiccano Etruschi, Campani e Sanniti. La fertilità dei suoli dell'area
campana da un lato, la posizione strategica e le risorse naturali dall'altro,
resero entrambe le aree della massima importanza per tutta l'età romana e ancora
nel Medio Evo, quando si insediarono importanti
strutture di controllo e organizzazione del territorio.
Dal punto di vista amministrativo queste aree hanno sempre giocato un ruolo
marginale, causato per opposti motivi dalla distanza dal capoluogo Napoli:
troppo vicina Caserta, troppo lontana Benevento. Nell'area del Casertano i Beni culturali, in
particolare archeologici, furono vissuti dalle classi dirigenti
locali,sin dalle prime scoperte nel XVIII secolo, quale possibile motivo di
riscatto rispetto a Napoli attraverso la valorizzazione delle origini etrusche
e italiche delle genti qui insediate. Come già autorevolmente osservato,
l'Unità d'Italia rappresentò per queste aree una concreta possibilità di affrancamento dal dominio incontrastato dalla oramai ex
capitale borbonica.
Non a caso si legano alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio
archeologico alcune delle più brillanti ed
interessanti imprese culturali del Casertano: il
Museo Campano di Capua, fondato nel 1874, e il Museo Alifano, fondato nel 1913. Entrambi avevano
uno stretto rapporto con il territorio, sul quale la ricerca avveniva secondo
gli standard del tempo: più organicamente organizzata la Commissione per la
Conservazione dei Monumenti ed Oggetti di Antichità e Belle Arti nella
Provincia di Terra di Lavoro, ugualmente interessate e illuminata l'istituzione
di una Commissione Archeologica Comunale a Piedimonte
di Alife nel 1926.
Nel corso del '900, attraverso il progressivo
intensificarsi dell'azione di tutela da parte della Soprintendenza, prima alle
Antichità della Campania poi di Napoli e Caserta, si sono non solo moltiplicate
le scoperte, ma si è rafforzata la consapevolezza della consistenza e
dell'importanza dei siti archeologici di Terra di Lavoro, e non solo a livello scientifico.
Nonostante i danni bellici, il declino economico e
culturale, l'indiscriminato sfruttamento delle risorse naturali, il degrado
ambientale e sociale che hanno progressivamente devastato e sfigurato la piana
campana, con una rimarchevole continuità dal Dopo Guerra ad oggi, la
Soprintendenza ha con costanza e determinazione condotto la sua azione di
tutela e valorizzazione lungo l'arco di 60 anni.
Qualora ci si fermi a riflettere, ad esempio,
sull'incidenza sul territorio dell'opera della Soprintendenza si rimarcherà
come tutti i principali centri antichi dell'area siano stati sottoposti a
tutela e come in essi si siano svolti,o in svolgimento, scavi e opere di
valorizzazione.
L'attività di controllo del territorio è stata intensificata attraverso l'apertura
di uffici distaccati a Succivo,
Maddaloni, Santa Maria Capua
Vetere, Calvi Risorta, Alife,
Teano, Sessa Aurunca, Mondragone, a molti dei quali
sono oggi associati un Museo e un sito archeologico aperti al pubblico,
tangibile segno di restituzione ai cittadini residenti del patrimonio locale in
termini di conoscenza e fruizione. Questa opera discreta, ma
ferma, condotta dai funzionari sotto la guida di Soprintendenti lungimiranti e
attenti alla continuità e alla coerenza dell'azione amministrativa, ha prodotto
negli ultimi anni tangibili risultati in termini di sensibilizzazione di un
territorio difficile sotto molti aspetti, ma anche dalla potenzialità enormi.
Non solo l'utilizzo di Fondi Regionali Europei ai fini di valorizzazione del
patrimonio, ma anche il senso di responsabilità e l'apertura dimostrata verso l'opera della Soprintendenza da parte degli Enti
territoriali nella programmazione sia di strumenti urbanistici, sia di opere
pubbliche dimostrano la crescente condivisione dei comuni doveri, sanciti dalla
Costituzione, verso il patrimonio culturale. Con l'aiuto degli Enti
territoriali, il Ministero ha nel corso dell'ultimo decennio contribuito alla
capillare diffusione e divulgazione delle conoscenze nei distretti geografici
un tempo occupati dai Sanniti, dagli Aurunci, dai
Campani, dai Sidicini.
Il
clima positivo e la crescente sensibilità da parte
dell'opinione pubblica locale da un lato incoraggiano ad accogliere con
speranza la nascita della nuova Soprintendenza di Benevento e Caserta, dall'altra
caricano quest'ultima di più gravose responsabilità
verso il territorio.
Nel taglio del “cordone ombelicale” con l'Ufficio di Napoli potrebbe cogliersi
l'occasione per constatare il livello raggiunto dalle attività sul campo, il
maturarsi di condizioni per l'esercizio di una tutela ancora più attenta e
condivisa con il territorio, la necessità dell'esercizio autonomo dei compiti di valorizzazione specificatamente studiato per rispondere
ai bisogni locali: in ultima analisi la possibilità che, nel concreto, il
percorso di riscatto culturale e civile di queste province attraversi anche il
campo dei beni culturali, e nella fattispecie archeologici, così come accadde
subito dopo l'Unità d'Italia.
La dipendenza da Napoli, se da un lato ha condizionato pesantemente l'entità
delle somme impiegate nell'azione di tutela e nei lavori di valorizzazione
stante l'importanza dei giacimenti culturali dell'area napoletana e flegrea, dall'altro ha apportato indubbi benefici anche al Casertano che si è potuto avvalere di una struttura e di
professionalità di alto livello abituate ad operare
sui maggiori siti archeologici e a gestire cantieri di scavo e restauro tra i
più importanti d'Italia.
Il
costante rapporto con Napoli ha inoltre assicurato un retroterra culturale di
primissimo rango nel rapporto e nella presenza delle Università, delle quali
ben tre annoverano Corsi di laurea e Dipartimenti di Archeologia.
Il venir meno di tale diretto rapporto, per quanto come ovvio non
definitivamente interdetto, investe di maggiori responsabilità nel campo
dell'agone per la difesa e la diffusione dei beni culturali
la Soprintendenza e la giovane Facoltà di Lettere di Santa Maria Capua Vetere. Dai comportamenti e
dalle scelte strategiche di politica culturale di queste Istituzioni
dipenderanno nei prossimi anni molto più che il
semplice destino della tutela e della ricerca.
Entrambe si troveranno in un futuro niente affatto remoto di fronte a importanti scelte.
Nell'attuale contesto socio economico, anche alla luce
dei più recenti avvenimenti di cronaca, la capacità di dare risposte
appropriate e di esercitare in concreto funzione di guida e di sprone per la
crescita culturale impongono una consonanza di intenti e condotte coerenti nei
programmi e nelle attività tali da rafforzare ed accrescere il clima di fiducia
nel raggiungimento di obiettivi di crescita culturale, civile e sociale. Non sarebbe opportuno in linea generale disattendere a tali compiti,
non è possibile nelle terre di Gomorra.
Serve
un'opinione pubblica informata e partecipe che funga
da sprone a da controllo di quanto si va realizzando. Servono occasioni
molteplici per ribadire e rafforzare la nascente
consapevolezza dell'immenso patrimonio culturale locale, sopratutto da parte
dei giovani. L'elaborazione di strategie in accordo con gli operatori culturali
del territorio è un obiettivo di medio-lungo periodo,
certamente del massimo interesse. E pur tuttavia, non va sottovalutato che nel
breve periodo servono non solo obiettivi appropriati, ma anche risorse sia finanziarie,
sia umane all'altezza dei compiti e tali da imprimere una spinta
decisiva alla crescita culturale del territorio, tale da rendere i processi
virtuosi difficilmente reversibili.
Ha inteso il Ministero dotare il nascente organo periferico degli strumenti
idonei a svolgere tali gravosi compiti? Al momento si conosce solo il nome del
dirigente designato.
Non è stata indicata una sede fisica nell'ambito del Comune di Caserta, come
del pari dovranno individuarsi le dotazioni organiche e gli uffici centrali
della nuova Soprintendenza.
Non consola quanto tramandato dalla memoria collettiva circa la precedente, e
traumatica, separazione di Pompei da Napoli a seguito del terremoto del 1980. Non solo il contesto è
cambiato, ma ci si augura che anche le metodologie di intervento siano
improntate a criteri di efficienza, efficacia e trasparenza aggiornati al
principio di responsabilità che lentamente si sta facendo strada nella gestione
della cosa pubblica in Italia.
I Beni Culturali sono per la Terra di Lavoro e per il Beneventano
una delle poche risorse immediatamente utilizzabili non solo per innalzare i
livelli di qualità della vita dei cittadini residenti, ma anche per costruire
uno sviluppo sostenibile e duraturo di attività di
accoglienza e turistiche, verso le quali entrambi i distretti sembrano vocati per l'indiscutibile bellezza del territorio che,
nonostante tutto, ha mantenuto il fascino di un paesaggio ancora largamente
simile a quello goduto dai più antichi abitanti della Campania, amato da Federico
II, ricercato per le dimore agresti dai nobili della corte napoletana del XV e
XVI secolo, prestigiosa sede di caccia dei re di Napoli.
Chi scrive è abituato ad operare nel silenzio, come si dice “a testa bassa”,
animato solo dallo spirito di servizio e dal senso di responsabilità verso i
beni archeologici della regione e in ossequio alla necessità non solo di
preservarli per il futuro, ma anche di consegnarli alle cure di chi è il primo
erede di una storia tanto illustre e complessa: i cittadini.
Queste pagine vogliono richiamare l'attenzione sulla delicatezza del momento,
sull'importanza delle scelte che saranno operate e sulla necessità che il
territorio tutto partecipi di tali decisioni che potranno avere conseguenze
concrete tanto in termini positivi, quanto in termini
negativi.
Qualora il nuovo organo non venisse dotato delle
risorse necessarie e sufficienti per un buon funzionamento, ovvero non si
attrezzasse per sostenere l'elevato livello di tutela e di iniziative attuali,
le conseguenze non tarderebbero a manifestarsi.
L'impianto culturale che dipende dalla Soprintendenza è caratterizzato da una
struttura diffusa sul territorio, funzionante a regime attraverso la maglia di
distribuzione della sede di Napoli. Da oggi tutto ciò
è posto in una situazione di fragilità estrema, che ci si augura cessi al più
presto sostituita da un'alacre opera di rafforzamento delle fondamenta stesse
dell'edificio, nonché dalla creazione di un ufficio
centrale che sia in grado di coordinare e dirigere in armonia e con efficienza
la nuova Soprintendenza per non vanificare i risultati di decenni di impegno
dell'Amministrazione e garantire la continuità e l'esercizio delle attività con
gli standard oramai acquisiti".
I Funzionari Direttori Archeologi Coordinatori degli Uffici
per i Beni Archeologici dell'area casertana: Elena Laforgia, Colonna Passaro, Valeria
Sampaolo, Antonio Salerno, Francesco Sirano, Enrico Angelo Stanco, Luigi La Rocca, Maria Grazia Ruggi d'Aragona; Luigina Tomay.