BENI DEI CLAN: ZACCHIA FA EVAPORARE UN MILIONE E MEZZO DI EURO

            

Calvirisortanews, 08 novembre 2007

 

Salvatore Minieri

 

Non abbiamo parole per ringraziare i colleghi del Giornale di Caserta che, ieri, ci hanno dedicato l’articolo di apertura della pagina Agro Caleno. L’interrogatorio dell’ingegner Bonacci ha dato vita a un tourbillon di notizie che, in maniera brillante e chiarissima, sono state esposte a pagina 15 del prestigioso quotidiano provinciale.

 

Ancora una volta, i nostri colleghi ci attestano una stima che vorremmo davvero contraccambiare con la più sincera calorosità. Siamo sicuri che, tra un’inchiesta sugli appalti e una giostrina pagata quanto la maschera aurea del faraone Tutankamon , ci ritroveremo sempre, come ha scritto la collega Rivera, nella stessa trincea: quella della legalità e della lotta inarrestabile contro il malaffare della classe dirigente.

 

Nelle ultime ore, inoltre, è emerso un altro dato sconcertante: il completo silenzio di Giacomo Zacchia sulla riconversione di un terreno confiscato al clan Nuvoletta- Lubrano nel tenimento di Calvi Risorta. Forse troppo preso dai suoi impegni di farmacista (come ha già scritto la collega de Il Giornale di Caserta), il sindaco caleno ha dimenticato di presentare una proposta valida per la riqualificazione del bene sottratto alla malavita locale.

 

L’ex primo cittadino Antonio Caparco, qualche anno fa, quando aveva la fascia tricolore ancora ben stretta sulle sue impeccabili Lacoste, era riuscito ad ottenere dalla Cassa Depositi e Prestiti una cifra che sfiorava i due milioni di euro per la trasformazione del bene immobile. Passano gli anni, Zacchia diventa sindaco e, purtroppo, oltre al primo cittadino, a Calvi cambia anche la musica.

 

Dal crescendo rossiniano di Caparco, si passa allo ‘zoppicante stonato’ del farmacista che, nonostante due richiami della prefettura, aveva preferito glissare sulla riconversione del bene. In Consiglio, poi, Giacomo Zacchia aveva dimostrato doti da funambolo della bugia. In una seduta dell’Assise, infatti, l’attuale sindaco di Calvi si era preso i meriti della confisca dei beni ai clan, pur sapendo che, all’epoca delle acquisizioni da parte del demanio, il sindaco era Caparco.

 

Proprio Caparco aveva dato fondo a tutte le sue energie di sindaco per ottenere fondi utili alla riqualificazione, per finalità sociali, del bene appartenuto alla consorteria criminale targata Marano-Pignataro. Per più di due anni, invece, Giacomino Zacchia ha preferito non aprire la ferita, lasciando passare tempo e, di fatto, perdendo il finanziamento per la riconversione.

 

Ieri i consiglieri di minoranza, alla presenza del dottor Cupello, hanno stigmatizzato proprio l’atteggiamento del sindaco di Calvi che, agendo in maniera elusiva e con lentezza pachidermica, ha lasciato che il massiccio finanziamento si vaporizzasse per effetto delle normative che regolano la materia.

 

“Siamo l’unica maggioranza che sottrae i beni alla camorra”, aveva detto Zacchia, in evidente crisi mistico-farmaceutica durante una seduta consiliare. Ma come? Caparco effettua le confische e Zacchia se ne prende i meriti? E poi, quando le cose vanno male, Giacomo Zacchia che cosa fa? Scarica le colpe sulla precedente amministrazione (la stessa di Caparco e delle confische).

 

Insomma, la maggioranza è alla frutta e , in Consiglio, legge addirittura le delibere che erano state firmate dall’esecutivo di Antonio Caparco. Un plagio politico a tutti gli effetti che non salva Zacchia, dall’ennesima brutta figura. Questa volta, però, ci sono di mezzo i beni confiscati alla camorra. Adesso Zacchia non può prendersi meriti altrui o scaricare le colpe sui sindaci degli anni passati: ora deve rispondere e basta.

 

Perché tanto ritardo sulla riconversione dei terreni sottratti ai sodalizi criminali? Conosciamo la risposta del sindaco e ve la proponiamo in anteprima: “Ma noi abbiamo fatto stanziare 650 mila euro per la riconversione”. Altra bugia, altra gaffe.

 

Quella somma risicata (meno della metà di quella ottenuta da Caparco) è solo il frutto delle continue pressioni degli organi di sicurezza. Zacchia non avrebbe potuto bruciare altri 650 mila euro.

 

E’ solo un contentino per tacitare la coscienza di chi crede che a Calvi si possa ancora fare le cose con serietà.