BENI CONFISCATI AI CLAN DELL’AGRO CALENO: I SINDACI PRONTI ALLA RIQUALIFICAZIONE…  DI SÉ STESSI

            

Vito Taffuri

 

Calvirisortanews, 02 novembre 2007

 

Calvi Risorta: Nei giorni scorsi ci siamo occupati sempre più spesso dei ritardi con cui le amministrazioni dell’agro caleno stanno provvedendo alla qualificazione degli immobili confiscati ai clan operanti nel territorio: ritardi che hanno indotto la Prefettura, sulla base degli indirizzi del Viminale e delle inchieste giornalistiche svolte, a nominare una commissione nei comuni di Casal di Principe, San Cipriano, Castelvolturno e Pignataro Maggiore per fare una ricognizione dei suddetti beni.

 

Il Protocollo d’intesa sulla destinazione e sull’utilizzo a fini sociali dei beni immobili confiscati alla criminalità – firmato il 26 ottobre scorso dai vari soggetti istituzionali come l’Agenzia del Demanio, la Prefettura, la Provincia di Caserta, il Tribunale, l’associazione “Libera”, il “Comitato Don Peppe Diana”, ed appena 16 dei 35 comuni del casertano sui cui territori sorgono i beni confiscati – prevede tra l’altro che sia il Demanio ad occuparsi degli sfratti delle persone eventualmente presenti nell’immobile confiscato e di tutti i gravami pendenti, sopperendo proprio alle inefficienze di alcune amministrazioni comunali. Calvi Risorta, in tutta questa vicenda, fa storia a sé, una storia costellata di bugie (del solito pinocchio caleno), propaganda politica e narcisismo.

 

Con la nota n. 5960 del 18 maggio 2007, diretta al Ministro Amato in risposta all’interrogazione del senatore Emiddio Novi (n. 4/01962 del 16/05/2007) – che avanzava pesanti sospetti circa l’estrazione di alcuni ambienti che avevano sostenuto il sindaco alle passate elezioni – il primo cittadino, Giacomo Zacchia, fa infatti delle affermazioni che, atti alla mano, mistificano completamente la realtà dei fatti.

 

L’apice si raggiunge quando il sindaco scrive testualmente: “Noi vogliamo ribadirlo, siamo stati l’unica amministrazione comunale che, in nome della legalità, ha acquisito al patrimonio dell’ente i terreni confiscati alla camorra, e per i quali ha presentato un progetto di riqualificazione ed una richiesta di finanziamento ex lege; attività questa che, da circa 8 anni, il Consiglio Comunale non aveva mai svolto prima.

 

La invito Signor Ministro, in relazione a ciò, a prendere visione della deliberazione de quo, onde poter constatare chi fosse presente, e chi no, alla discussione ed al successivo voto in Consiglio Comunale”.

 

La delibera cui Zacchia fa riferimento è la n. 4, approvata dal consiglio nella seduta del 28/02/2007; con tale documento il consiglio prende semplicemente atto del provvedimento n° 27795 del 05/11/2001, con il quale l’Agenzia del Demanio ha disposto il trasferimento al patrimonio indisponibile del comune di terreni confiscati alla camorra.

 

Spulciando gli atti salta però fuori la nota n. 7741 del 18/06/2001, con la quale l’ex sindaco, Antonio Caparco, espresse il parere di destinare i terreni appartenuti ad Eduardo Cante, avvocato del boss Lorenzo Nuvoletta, a sede per lo svolgimento di attività sociali, culturali, ricreative e centro commerciale.

 

Con il citato provvedimento n. 27795 del 05/11/2001 dell’Agenzia del Demanio venne già disposto il trasferimento, al patrimonio indisponibile del comune, del terreno confiscato: tale atto ha efficacia immediata dalla data di notifica – avvenuta il 30/11/2001 con prot. 14134 – e non necessitava, pertanto, di alcuna presa d’atto da parte del consiglio comunale. Con la nota n. 27815 del 05/11/2001 della predetta Agenzia vi è stata infatti la formale consegna del cespite al comune, ed il verbale di consegna del 30/11/2001 è stato sottoscritto dal geometra Mario Benedetti, in rappresentanza dell’Agenzia del Demanio, e da Antonio Caparco nella sua qualità di sindaco.

 

I terreni in parola erano perciò già stati acquisiti nel 2001 al patrimonio indisponibile dell’ente, come comprovato anche dalle visure catastali complete degli stessi. Con alcune delibere di giunta del 2003, inoltre, la giunta Caparco approvò lo studio di fattibilità ed il progetto di riqualificazione dei terreni confiscati, per un valore di 1.500.000,00 €, e con deliberazione di C.C. n. 17 del 25/09/2003 venne disposta la richiesta del formale impegno alla Cassa Depositi e Prestiti per il finanziamento di tale progetto, concesso dall’Istituto di credito in data 25/11/2003.

 

Il comune di Calvi Risorta aveva quindi tre anni di tempo per attivare uno o più mutui poiché, alla scadenza del triennio di validità, le somme non assunte a mutuo sarebbero state disimpegnate dalla Cassa.

 

Il 15/06/2004 si insedia l’attuale amministrazione, facente capo al sindaco Giacomo Zacchia, che da allora non ha mai completato l’iter già avviato dalla precedente per la riqualificazione dei terreni confiscati.

 

La Prefettura di Caserta, con nota del marzo 2005, richiede perciò notizie in merito agli atti adottati dal comune per la riqualificazione e ne sollecita la definizione. In riscontro a tale nota il responsabile finanziario, in data 30/03/2005, scrive al sindaco, al segretario comunale ed al responsabile UTC, rammentando i tempi per l’adozione degli atti necessari alla concessione del finanziamento, il cui formale impegno era stato richiesto con la citata delibera di consiglio n. 17 e concesso il 25/11/2003.

 

Decorrono però inutilmente ulteriori due anni e mezzo, e viene a scadere anche il termine del 25/11/2006 per l’attivazione dei necessari finanziamenti dei progetti elaborati dalla giunta Caparco.

 

Con successiva nota, assunta al protocollo del comune n. 1830 del 12/02/2007, il Prefetto Stasi chiede nuovamente notizie sullo stato della procedura, dopo aver ricordato, riportiamo testualmente, che “l’immobile indicato in oggetto, con decreto dell’Agenzia del Demanio di Roma n. 27795 del 5/11/2001, è stato trasferito al patrimonio indisponibile di codesto comune”; il Prefetto, con tali parole, conferma quanto a tutti già noto tranne che al sindaco Zacchia, e cioè che l’acquisizione dei terreni era avvenuta già nel 2001, e che la delibera adottata dal consiglio il 28/02/2007 era del tutto inutile dal punto di vista amministrativo, apparendo perciò finalizzata soltanto all’ennesima operazione propagandistica del sindaco, tesa ad una “riqualificazione” del proprio personaggio.

 

Con un’opposizione che aveva richiesto la Commissione d’accesso sin dai primi mesi del 2007, ed ancor di più dopo la prima delle due interrogazioni del senatore Emiddio Novi, inizia infatti l’operazione trasparenza che porta il (prima distratto) sindaco Giacomo Zacchia ad essere tra i più assidui frequentatori di dibattiti, convegni ed inaugurazioni che hanno come tema di fondo la legalità.

 

L’inutile delibera del 28/02/2007 e la lettera indirizzata ad Amato sono infatti tra i primi atti di una fitta agenda 2007 che vedono il sindaco impegnato anche nel pubblico comizio tenutosi a Calvi Risorta il 1° luglio 2007, nell’ambito della festa del Partito della Rifondazione Comunista, ospite d’eccezione di un suo fedelissimo, l’assessore all’ecologia Carmelo Bonacci.

 

In tale sede il sindaco ribadisce alla platea le infondate dichiarazioni rilasciate anche al Prefetto ed al Ministro dell’Interno, aggiungendo che a causa della già pesante situazione debitoria ereditata si sarebbe preferito rinunciare al perfezionamento del formale impegno con la Cassa Depositi e Prestiti, ed utilizzare dei finanziamenti regionali per la riconversione dei terreni confiscati.

 

A supporto di tali affermazioni il sindaco, nello stesso intervento pubblico, “chiarisce” che i mutui contratti dalla passata amministrazione peserebbero sulle casse comunali per oltre 17 milioni di €, impedendo la contrazione di ulteriori prestiti.

 

Nella stessa sede fa quindi cenno al finanziamento regionale di 630.000,00 €, concesso per la realizzazione del primo lotto del progetto “Parco Caleno”, circostanza ribadita il 5 luglio 2007 anche in un articolo a firma del solito “zelante e galoppante personaggio” organico alla squadra del sindaco, il quale – senza vagliare alcunché – riprende e riporta tutto quanto di non vero era già stato espresso dal sindaco nella nota n. 5960/2007 e nel comizio del 1° luglio 2007.

 

Sembrerebbe davvero oculata la gestione finanziaria di un sindaco che evita alla cittadinanza gli ulteriori salassi derivanti dalla contrazione di un mutuo – lungimiranza certamente non dimostrata in altre occasioni, quando enormi fiumi di denaro pubblico sono stati prosciugati (si legga, a titolo esemplificativo, il comunicato stampa del gruppo Marrocco, pubblicato su questo sito il 21 ottobre) –, se non fosse che proprio i numeri stridono fortemente con il sottile ragionamento proposto.

 

Il debito residuo al 30 giugno 2007 – comprensivo dei mutui in essere, di altri mutui contratti nel 2006 e finanche della imponente operazione di emissione di prestiti obbligazionari, messa in piedi dall’attuale amministrazione nello stesso anno – ammonta infatti ad € 4.330.244,64 e non a 17.000.000,00 di €, come erroneamente indicato dal sindaco, comprendendo tale somma anche la quota a carico di Stato e Regioni.

 

Lo stesso revisore dei conti, eletto con i voti della sola giunta Zacchia e quindi non certamente uomo dell’opposizione (anche per il ruolo di imparzialità che è chiamato a ricoprire), attesta nella relazione al rendiconto 2006 che il tasso di indebitamento del 2004 (giunta Caparco) era del 7,2%, mentre quello del 2006 (piena era Zacchia) è cresciuto fino all’8,31%, nonostante siano state aumentate del 40%, proprio nel 2006, le tariffe della tassa rifiuti: i numeri ci dicono perciò che l’amministrazione Zacchia è molto più indebitata dell’amministrazione Caparco, pur rimanendo nei limiti previsti dalla legge che consente un tasso di indebitamento sino al 15%.

 

I presupposti dell’indottrinamento Zacchia non reggono più, ma ancor più sorprendete è un altro fatto. Nel consiglio del 12 ottobre scorso, l’amministrazione apporta una modifica al piano triennale delle opere pubbliche 2007/2009, programmando opere pubbliche finanziate con mutuo per altri 6.478.313,00 €, questa volta senza muovere alcuna osservazione critica in merito alla situazione debitoria dell’ente (nel frattempo addirittura peggiorata rispetto al 2004), come invece è stato fatto con i lavori di riqualificazione dei terreni confiscati alla camorra per € 1.500.000,00.

 

In parole povere, secondo il sindaco non era possibile contrarre mutui per 1.500.000,00 €, ma è senz’altro possibile farlo adesso, con una situazione ben peggiore di quella ereditata da Caparco, per ben 6.478.313,00 €!!!

 

Un ragionamento paradossale che dimostra tutta l’infondatezza delle motivazioni addotte dal sindaco per il mancato perfezionamento del finanziamento già disponibile, su un progetto cantierabile che ad oggi sarebbe già stato completato e che avrebbe portato alla piena riqualificazione dei terreni confiscati alla camorra ed acquisiti al patrimonio comunale sin dal 2001.

 

Nel frattempo, sostenendo ulteriori spese tecniche, si approva il progetto preliminare del “Parco Caleno”, con una delibera di giunta dell’ottobre 2007 il cui primo lotto è finanziato per € 630.000,00 con risorse FAS 2007-2009, mentre per il secondo, previsto per l’anno 2009, non si ha alcuna certezza circa il suo integrale finanziamento.

 

La morale della favola è che ad oggi, a livello tecnico ed amministrativo, Calvi Risorta si ritrova con una procedura di riqualificazione ferma allo stesso identico punto in cui il comune era giunto il 25/11/2003, con la differenza che sono passati inutilmente altri quattro anni.

 

Ciò nonostante il primo cittadino – con una casa comunale trasformata quasi in luogo di villeggiatura per le forze dell’ordine, una commissione d’accesso insediatasi dal mese di agosto ed inchieste giudiziarie che stanno interessando, molto da vicino, i funzionari e gli stessi politici – si vanta di essere stato quasi il veicolo con cui la legalità ha potuto affermarsi a Calvi Risorta.

 

Nei progetti dell’amministrazione il Parco Caleno – che, nellamigliore delle ipotesi, dovrebbe vedere la luce ben oltre l’anno 2011 – sarà funzionale alla valorizzazione dei reperti archeologici provenienti dall’antica città di Cales: ma con un patrimonio archeologico continuamente depredato, saccheggiato e violentato sotto gli occhi inerti dell’amministrazione, si rischia concretamente di ammirare soltanto delle teche vuote.