Accordo sui beni
confiscati: assenti i Comuni
Il Mattino, 27 ottobre 2007
ANTONIO
PISANI
Nel giorno in cui la Regione ottiene
cinque milioni di euro per ultimare il recupero della
villa in stile «Scarface» di Walter Schiavone e per realizzare a Calvi Risorta il Parco Caleno,
la prefettura incassa un risultato che ricorda il bicchiere mezzo pieno/mezzo
vuoto dalla riunione del tavolo interistituzionale che ieri mattina avrebbe
dovuto lanciare in grande stile il «protocollo d’intesa sulla destinazione e
sull’utilizzo a fini sociali dei beni immobili confiscati alla criminalità».
In una provincia che è
ai primi posti a livello nazionale per beni attualmente confiscati, 210, segno
del lavoro efficace delle forze di polizia e della magistratura, ma con un
primato ugualmente negativo quanto a utilizzo effettivo dei beni da parte degli
enti locali, circa il 25%, i trentacinque Comuni su cui sorgono i beni in
oggetto erano i grandi attesi all’incontro.
Solo 16 rappresentanti sono però
intervenuti firmando il documento, già sottoscritto dai vari soggetti
istituzionali, ossia dall’Agenzia del Demanio, dalle
prefettura, dalla Provincia di Caserta, dal Tribunale e da associazioni
come Libera e Comitato Don Peppe Diana. All’incontro c’erano i sindaci di Castelvolturno e Casal di Principe che da soli raggiungono il 40% del totale dei beni confiscati, ma
mancavano all’appello amministrazioni ugualmente importanti come Santa Maria la
Fossa, Grazzanise, Teano e Sparanise
su cui sorgono quasi il 30% di tutti i beni immobili confiscati in provincia. Nessun commento dalla prefettura che conta di coinvolgere le
amministrazioni assenti nei prossimi mesi.
Anche il
Commissario straordinario di Governo per la gestione dei beni confiscati alle
mafie, Antonio Maruccia, ex magistrato della Dda di Lecce presente ieri mattina all’incontro, è apparso
fondamentalmente ottimista ma non ha risparmiato una velata frecciata agli enti
comunali.
«Dando per scontato che le
amministrazione locali vogliano collaborare - ha
affermato - ho notato che da parte loro non manca la disponibilità. I Comuni
hanno un ruolo fondamentale, sono loro che devono presentare i progetti sulla
destinazione di beni. Nei prossimi mesi, quando avrò più chiara la situazione
della provincia casertana, una situazione che si può comunque definire critica per il numero dei beni confiscati,
cercherò di dare impulso alle attività degli enti locali con apposite
direttive».
Poche le cifre diffuse dalla
prefettura, mentre l’agenzia del Demanio, in possesso dei dati aggiornati ai
primi dieci mesi del 2007, si è chiusa a riccio per motivi di sicurezza
attirandosi le critiche di associazioni come Libera e Agrorinasce. Di certo si sa solo che quest’anno
sono stati 90 i beni immobili che il Demanio ha assegnato ai Comuni per
realizzare, in teoria, qualche caserma per carabinieri e vigili urbani e
soprattutto progetti di carattere sociale; non si sa però, dei 90, quanti siano
ad oggi i beni effettivamente utilizzati.
Antonella Vertaldi,
magistrato dell’Ufficio Misure di Prevenzione del
tribunale sammaritano che però lascerà l’incarico, si
è detta rammaricata per la circostanza di «dover abbandonare l’ufficio
terminando un lavoro che ha dato ottimi frutti. Il limite di permanenza
temporale va rivisto».
La mattinata è trascorsa tra tanti
sorrisi.
Ottimista anche
Mauro Baldascino dell’Osservatorio provinciale
sull’uso sociale dei beni confiscati alla camorra. «I
cittadini iniziano a capire il valore simbolico dovuto al
riutilizzo di un bene confiscato, bisogna fare ora gioco di squadra».
Proprio quello che sembra mancare, al
momento.