Allarme monumenti:
un contadino recinta la Cappella Reale (una chiesa) di Ferdinando IV di Borbone nel Demanio di Calvi trasformandola in sua proprietà
Paolo
Mesolella
Caserta24ore,
20 settembre 2007
Allarme
beni culturali a Sparanise. Quel che rimane del Casino Reale che fu del Re Ferdinando IV di Borbone, in particolare la Cappella Reale, è stato
completamente recintato da un giorno all’altro.
Qualcuno
ha pensato bene di trasformare in proprietà privata, non solo i locali adibiti un tempo a cavallerizza e a gendarmeria, ma perfino
la Cappella Reale.
Dopo
il danno provocato dal saccheggio di tutti i beni che vi erano contenuti
all’interno, adesso arriva anche la beffa della
recinzione. E questo sotto gli
occhi indifferenti di chi dovrebbe vigilare il bene e fare attenzione a
salvaguardare quel poco che rimane di storia locale.
Com’è
possibile che in una decina di giorni sia stata realizzata una recinzione di
centinaia di metri perfino intorno alla Cappella Reale, senza che nessuno se ne
sia accorto? Nei mesi scorsi un contadino aveva chiuso le aree laterali con due
cancelli. Ora ha recintato perfino la Cappella Reale (cioè
una chiesa che non risulta sia stata sconsacrata).
A
parte che sembra strano che un’opera sottoposta al vincolo della Soprintendenza
(la chiesa appunto), possa essere acquistata senza il suo permesso, viene
spontaneo fare una considerazione: perché il Comune non provi, se non a
ristrutturarla, almeno a salvaguardarne i resti e la memoria?
Per
i cittadini di Sparanise e per la comunità degli
studiosi, appare più giusto che la Cappella reale non
diventi proprietà privata o masseria; ma continui a restare patrimonio di tutti
come cappella reale di Ferdinando IV di Borbone.
Intanto,
però, qualcuno prima ha iniziato a farci dei lavori in quelli che erano i
locali destinati ai soldati e alle stalle dei cavalli, poi ha chiuso l’ingresso
con cancelli di ferro e lucchetto ed ora ha recintato tutta l’area circostante compresa la Cappella Reale (cioè una chiesa).
Probabilmente
avrà pensato di risolvere a modo suo (impossessandosene e ristrutturandolo da
solo) il problema del Casino Reale e della Cappella Reale che ormai sta cadendo
a pezzi, assediata dagli sterpi e dai materiali di risulta.
Un patrimonio inestimabile, un tempo proprietà di Ferdinando
IV di Borbone, oggi completamente abbandonato a se
stessa.
Nei
mesi scorsi una contadina presentò al comune un atto di acquisto
di parte del Demanio Reale, ma non certamente della Cappella. Nel rogito, stipulato a Torre Del Greco il 28 agosto 1947 dal
notaio Francesco de Luca, tra l’Opera Nazionale Combattenti e i fratelli Merola di Curti si legge: l’O.N.C. vende ai signori Merola:
a)
“Il fabbricato rurale ad occidente della palazzina reale..
b)
il fabbricato rurale ad oriente della palazzina reale..”
non certamente la Cappella Reale. Nel Demanio oggi,
sono rimasti i ruderi abbandonati: le galitte, le
scuderie, gli alloggiamenti dei soldati, la Cappella Reale sfondata che negli
anni ormai sembrano diventati proprietà private.
Eppure
cinquant’anni fa il Casino Reale del Demanio di Calvi
era completamente integro. Oggi la Cappella Reale, nonostante sia rimasto
qualche stucco, presenta delle crepe che tra qualche anno la spezzeranno in
due. Eppure il casino di caccia borbonico del Demanio
di Calvi è sicuramente il monumento storico più importante che c’è nel Comune
di Sparanise.
Dalle
Piante della Tenuta e del Casino reale di Calvi prodotte
dall’arch. Angelo Notarangelo nel dicembre 1910, si
può ben capire la vastità del complesso: 3.869.000 mq di superficie, la Torre
d’Occidente 608 mq, il Casino Reale 1248 mq (con 12 stanze e due saloni al
primo piano, 14 stanze, la cappella, il fienile e due stanze al pianterreno). Poi un casone di 2174 mq ed una casina di
176 mq, per un totale di 4485 mq di superficie abitativa.
Davanti
al casino, invece, c’erano uno spiazzo ellittico per le corse dei cavalli, un
bosco e 13 parchi. Poi il fronte principale del casino ospitava il circo dove
avvenivano le corse dei cavalli.
Dal
Demanio di Calvi, Ferdinando IV di Borbone
Re delle Due Sicilie, di Gerusalemme, infante di
Spagna, scriveva spesso alla sua seconda moglie Lucia Migliaccio, duchessa di
Floridia.