IL PALAZZO
DI VETRO CHE NON C’E
Calvirisortanews, 16 maggio 2007
Vito Taffuri
Potrebbe essere questo l’inizio di una fiaba politica, ma
il finale non è affatto a lieto fine. Il “Palazzo di vetro”,
infatti, è stato uno degli slogan vincenti della lista “Uniti per Calvi” alle
passate elezioni del 2004, punto forte del programma presentato agli elettori
per ottenerne la fiducia.
L’obiettivo era ambizioso: rendere partecipe la
cittadinanza della vita amministrativa del comune, da svolgere con procedure
rispettose della legge e verificabili dagli stessi interessati, direttamente o attraverso
la garanzia offerta dai consiglieri di minoranza; accesso agli uffici per
richiedere ed ottenere informazioni, con un’istituzione vicina ai cittadini, in
grado di ascoltarne le istanze e soddisfarle in modo
trasparente. Una bella storiella, rimasta però tale, come
dimostra la seguente incredibile vicenda.
I consiglieri del “Gruppo Misto”, guidati dal dr. Marrocco, hanno ripetutamente richiesto per iscritto, ai
funzionari responsabili, copie di atti ed il rilascio
di informazioni – prerogativa riconosciuta ai consiglieri dalla legge e dallo
statuto comunale – necessarie per l’espletamento del proprio mandato; così come
hanno rivolto precise interrogazioni consiliari, con richiesta di risposta scritta,
al sindaco e alla giunta per appurare se determinati fatti corrispondessero a
verità, se le informazioni a disposizione dei consiglieri fossero esatte e se
si intendesse assumere una iniziativa politica risolutiva su determinate
materie.
Le richieste della minoranza si riferiscono ad argomenti
vari e di interesse dei cittadini (Lavori pubblici,
incarichi, tributi, politica sociale, atti di gara,…): esse mirano a
controllare la corrispondenza degli stessi alla legge e agli indirizzi del consiglio,
e a verificare che non vi sia alcuno spreco di denaro pubblico, come troppo
spesso sta invece accadendo.
Tuttavia, benché abbondantemente decorsi i 30 giorni
previsti dalla legge per evadere le suddette richieste (alcune delle quali risalgono
anche ad otto mesi fa) – più volte sollecitate verbalmente e per iscritto –, i
funzionari competenti ed il sindaco si rifiutano di fornire gli atti richiesti,
nonostante la legge riconosca ai consiglieri comunali l’accesso a tutti gli
atti ed il diritto di ottenere dagli uffici tutte le
informazioni utili all'esercizio delle funzioni consiliari, senza essere tenuti
a motivare le loro richieste, perché altrimenti gli organi dell'amministrazione
sarebbero arbitri di stabilire l'ambito del controllo consiliare sul proprio
operato. D’altronde, se così non fosse, funzionari ed amministratori potrebbero
non rispondere alle richieste scomode, né rilasciare il relativo carteggio,
aprendo la strada ad un sistema dittatoriale in cui gli stessi possono compiere
tutte le illegittimità possibili, senza che gli organi di controllo interni a ciò
deputati (consiglieri e revisore) possano accertare le stesse e denunciarle.
L’illegittima condotta dei funzionari è stata
ripetutamente evidenziata dalla minoranza in varie sedute del consiglio
comunale, ed è stata anche riportata in alcune relazioni allegate ai verbali delle
suddette sedute. In molti casi le richieste sono state inviate per conoscenza
al Sindaco e al Presidente del consiglio che, tuttavia, non sono
mai intervenuti per impedire che i funzionari perpetrassero, impuniti, nel
rifiuto di atti d’ufficio. In tutta questa vicenda il sindaco è ancora una volta venuto meno ai suo doveri istituzionali, ed ha di
fatto eluso il controllo che il consiglio è tenuto ad esercitare sul suo
operato e su quello della giunta.
I consiglieri hanno quindi proposto ricorso amministrativo
sia al difensore civico provinciale che al difensore civico regionale (visto che l’amministrazione Zacchia, contrariamente a quanto
indicato nel programma elettorale, non ha mai istituito la figura del difensore
civico comunale, che avrebbe dovuto tutelare il cittadino dai ritardi e dalle
omissioni degli uffici comunali), i quali hanno ritenuto illegittimo il
comportamento tenuto dai funzionari, ed hanno invitato gli organi comunali
competenti al tempestivo adempimento, anche al fine di evitare inutili, dannosi
e dispendiosi contenziosi giudiziari. Nonostante tali decisioni ed ulteriori
due diffide della minoranza, i funzionari – ed in particolare l’ingegnere Bonacci – continuano a non rilasciare gli atti ai
consiglieri, in barba alla legge e alle decisioni degli organi di tutela del
cittadino.
In verità i funzionari responsabili sono soliti adottare
tale illecita condotta, nei confronti di qualsiasi organo di controllo e/o
forma di sindacato ispettivo sul loro operato e su
quello degli amministratori, come testimoniano le numerose note del collegio
dei revisori che, nel tempo, hanno lamentato il mancato rilascio di atti da
parte degli uffici per l’espletamento delle proprie funzioni, così come non
sono stati rilasciati atti richiesti dalla Corte dei Conti, dai gruppi di
opposizione o da cittadini per procedimenti che li riguardavano.
Vi è da dire che, dalle poche richieste evase, sono stati
ravvisati gli estremi per denunce di carattere amministrativo e penale (puntualmente
effettuate dalla minoranza) che hanno visto l’apertura
di numerose inchieste che, in questi giorni, stanno dando i primi “interessanti
riscontri” (GEA, giochi installati in villa, gli abusi nei confronti della
comandante, autovelox,…); la condotta ostruzionistica dei funzionari mira
dunque soltanto ad eludere qualsiasi ulteriore forma di controllo da parte dei
consiglieri di minoranza, per evitare analoghi ricorsi e denunce che sono, purtroppo
per i cittadini di Calvi Risorta, sempre fondate.
I consiglieri di minoranza, al fine di tutelare la
funzione pubblica di controllo loro attribuita dalla legge, saranno perciò
costretti a denunciare penalmente i funzionari ed il sindaco per il reato di “rifiuto
di atti d’ufficio” (art. 328 del codice penale); l’amministrazione,
per prendere tempo ed evitare che saltino fuori delle altre verità nascoste,
conferirà molto probabilmente dispendiosi incarichi legali, con i soldi dei
cittadini, per difendere le illegittimità dei funzionari, in una vertenza dall’esito
scontato in favore dei consiglieri di minoranza. Ciò determinerà solo spreco di
tempo e di risorse finanziarie gentilmente offerte dalla cittadinanza.
È curioso osservare come l’assessore alle finanze, Ermanno
Izzo, nella sua veste di consigliere di minoranza dal
2000 al 2004, abbia sempre richiesto ed ottenuto puntualmente dagli uffici
tutti gli atti e le informazioni necessarie per l’espletamento del suo mandato:
per quale motivo, adesso che milita nelle fila della maggioranza, non provvede a ristabilire la legalità violata dal sindaco e dai
funzionari, garantendo alla minoranza gli stessi diritti di cui lui ha
regolarmente usufruito da consigliere d’opposizione? Legittimo è quindi il
sospetto che l’assessore sia – al pari del sindaco e
dei funzionari – interessato ad occultare qualche “marachella” che lo vede
coinvolto!
Non che ai cittadini tocchi una sorte migliore, visto che
anche i più elementari diritti vengono negati se non
si ottiene preliminarmente il visto dai piani alti del palazzo; peggiore è la sorte
dei fornitori del comune, in attesa del pagamento di fatture da quasi tre anni:
la tempistica dei pagamenti dovrebbe avvenire in base della data di
acquisizione al protocollo delle fatture ma, di fatto, viene decisa (non
certamente in modo trasparente) dai piani alti del palazzo.
Perché mai “alcune fatture”, non appena presentate, vengono pagate puntualmente (come quelle della GEA) ed altre
sono invece giacenti da quasi tre anni, determinando spreco di denaro pubblico
per interessi moratori, atti di precetto e di pignoramento con spese raddoppiate?
È questa la trasparenza sbandierata in campagna elettorale? Quesito
che la minoranza ha posto agli amministratori senza ottenere, ovviamente,
alcuna risposta. Probabilmente i vetri cui faceva riferimento il sindaco
erano degli spessi vetri oscurati, a prova di sguardi
indiscreti, capaci di garantire la privacy (sua e della sua amministrazione)!
La fiaba è diventata così una tragedia greca, e l’epilogo
è la morte della democrazia.