La diocesi di Teano-Calvi segnala come “cattolici” la totalità dei residenti

Fabrizio Patti

 

Ifgonline, 14 febbraio 2007

 

In Italia cattolici solo a parole

 

In apparenza l’Italia è un monolite cattolico, con la quasi totalità di persone appartenenti alla Chiesa. Ma nel nostro Paese, secondo altri dati, solo il 36% delle persone è praticante, un terzo dei matrimoni ha rito civile e la stessa percentuale degli studenti non frequenta l’ora di religione a scuola.

 

UN PAESE RELIGIOSO

L’Italia che si appresta ad accogliere i Dico, i patti che disciplineranno i diritti e i doveri dei conviventi, conta una percentuale di battezzati pari al 96,55% della popolazione (fonte: http://www.catholic-hierarchy.org/country/sc1.html). In totale sono 57,6 milioni e fanno del Bel Paese il quinto nel mondo per numero (dopo Brasile, Messico, Filippine e Usa) e il secondo per percentuale dopo la minuscola Saint Pierre and Miquelon, colonia francese di 6mila abitanti nel nord del Canada. Tra le grandi diocesi, è quella di Napoli la più compatta: 99,5% di battezzati, pari a 1 milione e 600 mila persone. Cinque diocesi segnalano come cattolici addirittura la totalità dei residenti: tra queste le più popolose sono quelle di Montecassino e di Teano-Calvi, composte ognuna da 80mila persone. E altre 57 hanno più del 99% di battezzati (vedi tabella).

 

UN PAESE LAICO

Dati che provocano la reazione di chi non crede alla loro veridicità, come gli atei dell’Uaar (Unione atei agnostici e razionalisti) che contestano le rivelazioni statistiche (vedi articolo) e forniscono altri dati.

Tra questi, quelli del rapporto Eurispes 2005, secondo cui gli italiani battezzati sono l’87% della popolazione. I praticanti, sempre per lo studio, sarebbero solo il 36%.

 

MATRIMONI  E UNIONI CIVILI

Cifre che trovano nuovi riscontri nei dati sui matrimoni e unioni di fatto forniti martedì 12 febbraio dall’Istat

. Un matrimonio su tre (32,4%) è stato celebrato nel 2004 davanti al sindaco, mentre solo dieci anni fa l’incidenza delle nozze civili non arrivava al 20%. Profonde le differenze territoriali, dato che le percentuali oscillano tra il 43% del Nord Italia, il 35% di quelli registrati al Centro e il 18% del Sud. Le cifre più elevate si sono avute a Bolzano (78,9%) e Siena (74%), mentre in 28 capoluoghi di provincia i matrimoni civili superano quelli religiosi. Una parte dell’aumento è da attribuire alla crescente diffusione dei secondi sposalizi, ma considerando solo le prime nozze, ben il 23% avviene con rito civile.

Le coppie di fatto sono invece circa 500mila, il doppio rispetto a un decennio fa, e i figli nati fuori dal matrimonio sono 80mila all’anno, il 15% del totale.

Secondo il rapporto 2007 Eurispes, il 67% degli italiani di dichiara favorele ai Pacs (ora Dico), una fetta che è di poco inferiore tra i cattolici praticanti, che nel 57% dei casi sono favorevole a un riconoscimento legislativo delle coppie di fatto (fonte: sondaggio Swg).

 

L’ORA DI RELIGIONE

Un altro termometro dell’appartenenza al mondo cattolico è quello della frequenza dell’ora di religione. I dati del ministero dell’Istruzione (riportati dall’Uaar), parlano di una media nazionale del 93%, che nelle superiori scende all’87%. Le regioni più laiche sono anche in questo caso quelle settentrionali, soprattutto la Toscana. Nel Lazio (fonte Wikipedia) gli studenti che nell’anno scolastico 2004/2005 non la frequentano sono il 26,8% alle superiori, il 9,28 alle medie, il 5,68% alle elementari e il 5,5% alle materne. Su base nazionale, nel 2005 il quotidiano La Repubblica aveva parlato di una percentuale di non frequentatori passato dal 2001 al 2005 dall’11% al 37%, ma era stato smentito dal ministero dell’Istruzione, secondo cui i dati erano “parziali” e non elaborati statisticamente.

 

L’OTTO PER MILLE E LA VICINANZA ALLA CHIESA

Per quanto raffreddati, gli italiani si dicono ancora “vicini alla Chiesa” nel 60,7% dei casi (Eurispes 2007). Così, nel 2005 l’87% delle firme per l’Otto per mille è ancora destinato alla Chiesa Cattolica. Il gettito espresso esplicitamente sarebbe pari al 310 milioni di euro, ma se si considera anche la parte non dichiaratamente assegnata e ridistribuita automaticamente, il totale sale a 981 milioni di euro, accresciuto del 367% rispetto al 1990.